I favori di Barrile all’imprenditore ritenuto vicino alle cosche «L’assessore non ha capito che se chiamo deve rispondere»

«Mi rendo conto che sono un personaggio un po’ importante a Messina». L’autostima di Emilia Barrile passava anche dal riconoscimento sociale. La giudice Tiziana Leanza, che ha siglato l’ordinanza con cui ha disposto l’arresto dell’ex presidente del Consiglio comunale di Messina, lo sottolinea più volte: i reati di cui è accusata non sarebbero stati commessi soltanto per ottenere tornaconti personali, ma anche per sfruttare il proprio ruolo politico così da oliare una macchina fatta di relazioni personali importanti, sia nel mondo imprenditoriale che in quello burocratico, di cui avrebbe sempre potuto beneficiare. 

Tra gli episodi che maggiormente rimarcano la disponibilità della politica fedelissima di Francantonio Genovese – perlomeno fino a quando non si è sentita tradita dall’ex parlamentare per essere stata esclusa dalle candidature per le Regionali e le Politiche – c’è quello che riguarda Enzo Pergolizzi, costruttore ritenuto vicino alla mafia barcellonese, nel cui passato c’è un’assoluzione per concorso esterno in associazione mafiosa e una prescrizione per l’accusa di avere favorito, a fine anni Ottanta, la latitanza dei boss catanesi Turi Cappello e Nino Pace, mettendo loro a disposizione un immobile dove nascondersi. 

L’imprenditore, stando a quanto ricostruito dai magistrati della Dda di Messina, tra il 2015 e il 2016 aveva messo gli occhi su un terreno situato a Messina tra le vie Felice Bisazza e San Sebastiano. Appezzamento su cui avrebbe voluto costruire. L’area, di proprietà di privati, era adiacente a due spazi appartenenti al Comune, terreni che Pergolizzi avrebbe voluto acquisire. Per farlo c’era bisogno di spendere 77mila euro, ma soprattutto di ottenerne la «sdemanializzazione». L’iter, avviato oltre cinque anni prima, sembra però essersi arenato o forse addirittura mai partito. È qui che sarebbe entrata in gioco Barrile. 

La presidente del Consiglio – contattata da Francesco Clemente, ex dirigente comunale a Milazzo e da aprile a giugno assessore a Pace del Mela, anche lui arrestato nell’operazione Terzo livello – avrebbe dimostrato sin da subito la propria volontà di agevolare gli interessi dell’imprenditore. Per farlo avrebbe alternato incontri con i dirigenti, solleciti e promesse di interventi in prima persona. Come quando, dopo avere appurato che l’assenza di un capitolo specifico per le sdemanializzazioni nel piano economico di gestione dell’ente avrebbe rimandato lo sblocco della pratica, pensa di proporre un emendamento specifico in Consiglio comunale al fine di autorizzarne il via libera in attesa del nuovo bilancio. La strada tuttavia risulta più tortuosa di quello che si potrebbe immaginare, e non mancano i momenti di tensione. «Non mi ha risposto, testa di cazzo dell’assessore. Non ha imparato che quando io lo chiamo mi deve rispondere», sbotta al telefono Barrile, in seguito all’ennesimo pressing da parte di Clemente. In un’altra circostanza l’esponente forzista, che a giugno ha provato a diventare sindaca di Messina proponendo una candidatura in solitaria, dichiara che se le cose non si fossero sistemate avrebbe preparato un’interrogazione sull’inadeguatezza del responsabile dell’ufficio Ragioneria.

Il valzer tra gli uffici va avanti per mesi, in alcuni frangenti i protagonisti di questa storia si dichiarano consapevoli di dovere mettere sul piatto anche del denaro per convincere i dirigenti. Alla fine, comunque, il via libera alla sdemanializzazione arriva. E l’impegno di Barrile, secondo i pm, si sposta sulle autorizzazioni necessarie alla costruzione degli immobili voluti da Pergolizzi, che, dal canto suo, fa presente di volere trovare il modo per realizzare un piano in più rispetto a quanto previsto dal progetto. L’assiduità con cui tutte le parti in causa si interessano alla causa non basta però a portare a compimento il disegno, che fallisce per divergenze di carattere economico con la famiglia proprietaria dell’immobile. Tale epilogo, secondo i magistrati, avrebbe fatto sfumare per Barrile la possibilità di ottenere dei vantaggi diretti. «Lui (Pergolizzi, ndr) è uno di quelli che se ti deve organizzare una cena non guarda nulla», confida al fedelissimo Marco Ardizzone, anche lui indagato. Quest’ultimo però, così come in altre occasioni, la corregge facendole presente che si potrebbe puntare più in alto. «Sì, però se una ditta tua può lavorare pure (nei futuri cantieri, ndr), mi sembra il minimo, no?»


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