I due membri della giunta regionale ammettono di aver incontrato Paolo Arata, imprenditore accusato di essere prestanome di Vito Nicastri, ma contestualizzano l'episodio in una normale attività politico-amministrativa. «Ha chiesto una raccomandazione che non ha avuto seguito»
I contatti di Arata alla Regione, parlano gli assessori Pierobon: «Nessun favore». Cordaro: «Visto una volta»
«Il signor Arata, che si è presentato come responsabile nazionale dell’ambiente del centrodestra e come rappresentante di alcune aziende, è venuto a lamentare che una sua società aveva delle autorizzazioni bloccate da quasi due anni, dicendo che era vittima di un’ingiustizia e che era pronto a rinunciare a ingenti investimenti in Sicilia attaccando la Regione anche sulla stampa per la burocrazia lumaca». Così l’assessore regionale all’Energia Alberto Pierobon interviene per dire la sua sull’indagine della Procura di Palermo che vede indagato Paolo Arata, consulente della Lega per le politiche ambientali e accusato di essere un prestanome di Vito Nicastri, re dell’eolico e fedelissimo di Matteo Messina Denaro. Nelle carte dell’inchiesta si fanno anche i nomi degli assessori Pierobon e Toto Cordaro, non indagati, perché Arata, volendo velocizzare le pratiche per la realizzazione di due impianti di biometano da parte della società Solgesta srl, avrebbe parlato direttamente con loro.
Sia Pierobon che Cordaro ammettono l’interlocuzione e la contestualizzano in una normale attività politico-amministrative, senza alcun canale preferenziale. «Per incontrarmi in assessorato – spiega Pierobon – bisogna prendere appuntamento e registrarsi. Non serve una raccomandazione, ci sono lavoratori che mi hanno incontrato dopo avermi contattato su Facebook. Ovviamente bisogna avere argomenti concreti su cui discutere. Ho ascoltato le argomentazioni di Arata, ha continuato a contattarmi ma non ho fatto nulla di particolare se non garantire il buon andamento dell’amministrazione: ho chiamato l’assessore Cordaro per dirgli di verificare quanto mi era stato riferito, per capire se il problema era reale e se era tutto in regola. Non ho mai avuto alcun favore da questo signore, non ho mai garantito alcuna utilità, non sono mai stato a pranzo, mai frequentato, neanche per un caffè. Tra l’altro non avrei neanche il potere di farlo, le procedure sono in capo ad uffici di un altro assessorato».
L’assessore Cordaro spiega all’agenzia Adn Kronos che l’imprenditore chiedeva di non assoggettare alla Valutazione di impatto ambientale i progetti per gli impianti di biometano a Francofonte e Calatafimi. «Ho visto Paolo Arata una sola volta – precisa l’assessore al Territorio – Me lo presentò l’assessore Pierobon. Gli uffici mi dicono che Arata presentò due istanze di progetti, sul biometano. In entrambi i casi riteneva di avere il diritto di esclusione dalla Via, la valutazione di impatto ambientale, ma i tecnici non hanno accolto l’istanza inviando il progetto alla Commissione per la valutazione». E sulla presunta mediazione di Calogero Mannino per l’incontro, Cordaro aggiunge: «Mannino non lo lo vedo e non le sento da tempo – dice Cordaro – Ma qui stiamo parlando di una persona che ha chiesto una raccomandazione, se si può chiamare in questo modo, che poi non ha avuto seguito».
Secondo Pierobon, «quello che è accaduto è anche un campanello di allarme per i rischi che corrono questi settori. Io ho agito a un primo livello di verifica politica e amministrativa, chiedendo all’assessorato al Territorio di controllare. Poi oltre un certo livello ci deve pensare la magistratura che ha strumenti che noi non abbiamo e per fortuna lavora bene. Noi non possiamo che investire sulla trasparenza e sull’applicazione di procedure di legalità come abbiamo sempre fatto, nell’interesse di tutti».
Intanto il Movimento 5 stelle regionale – che aveva presentato tempo fa un esposto proprio sui due impianti di biometano della Solgesta srl – ricorda di avere denunciato più volte «il far west nell’affidamento degli impianti ai privati nei settori dell’Ambiente e dell’Energia e oggi la Regione Siciliana si trova nuovamente al centro di una complessa inchiesta giudiziaria che parte dall’eolico. Non si può più stare a guardare – continuano dal gruppo pentastellato all’Ars – si passino al setaccio tutte le richieste di impianti e, soprattutto, le autorizzazioni in itinere e quelle già concesse dagli uffici regionali. Ci aspettiamo – dicono i deputati – che almeno questa volta Musumeci faccia sentire la sua voce e avvii rigorose e puntigliose indagini interne, quantomeno per prevenire nuovi episodi corruttivi su impianti di energie alternative e rifiuti».