I 68 anni dello Statuto: una iattura lo stop al Commissario dello Stato? “Solo per chi cerca alibi”

Nel giorno in cui si celebrao i 68 anni dello Statuto siciliano,  quel patto che lo Stato italiano firmò con i Padri Nobili dell’Autonomia -abbondantemente  tradito da ascari siciliani e colonizzatori romani- la politica di casa nostra, ha altri pensieri.

Nessun evento particolarmente significativo per commerare l’evento, né una seduta straordinaria dell’Ars (alle prese con i dolori della manovra finanziaria bis che proprio oggi è tornata in Commissione Bilancio), né un dibattito dedicato alle figure che hanno lottato per dare alla Sicilia una speranza dentro all’Italia.

Il Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, che sul tema resta molto ambiguo, si è limitato a consegnare una medaglia. Cosa c’entri questo con il tema dell’Autonomia, non si è capito.

A cercare di tirare un po’ le somme dello stato di salute della nostra Autonomia, hanno pensato, con una conferenza stampa all’Ars, il coordinatore regionale del Mpa, Rino Piscitello e l’avvocato Gaetano Armao, in rappresentanza di tre associazioni: Sicilia Open Gov, Sicilia Nazione, Per la Sicilia.

E di carne sul fuoco, certo, non ne manca. Dalla farsa dell’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto, alla ordinanza della Corte Costituzionale che, di fatto, congela i poteri del Commissario dello Stato.

Per quanto riguarda l’articolo 37, parliamo della norma secondo cui  le imprese di altre Regioni italiane che lavorano in Sicilia,  devono pagare le imposte qui. Invece, in barba allo Statuto autonomistico siciliano, queste aziende, tra le quali molte che inquinano la nostra Isola, pagano le imposte a Roma, perché  tengono la sede sociale fuori dai confini dell’Isola. Una truffa ai danni della nostra Regione.

Ieri, Crocetta ha annunciato che, finalmente, l’articolo verrà applicato. Dimenticando di precisare che a fronte dei 400 milioni di euro l’anno (e sono stime al ribasso) lo Stato verserà alla Sicilia solo 49 milioni di euro. “Una cifra ridicola – dice Armao – l’articolo 37, secondo stime fatte dagli uffici tecnici,  non vale meno di 400 milioni di euro. I 49 milioni sono circa il 10 per cento, e lo si spaccia per attuazione dello Statuto. In verità si tratta solo di  una partita di giro per lo Stato che taglia spese per investimenti per destinarle alla spesa corrente”. Una farsa, insomma.

Sull’ordinanza della Consulta, nessun dubbio: “La Sicilia era l’unica regione a dovere subire un controllo preventivo da parte del Commissario dello Stato. La pronuncia della Corte Costituzionale in merito è certamente  un riconoscimento delle prerogative autonomistiche. Non a caso- sottolinea Armao- i giudici fanno chiaro riferimento al patto tra Sicilia e Stato che prevedeva la contestuale esistenza dell’Alta corte per la Sicilia”.

Però, in questi giorni, c’è chi, come, ad esempio,  Antonello Cracolici del PD, ha interpretato il pronunciamento dei giudici  come una diminutio dell’Autonomia, addirittura l’inizio della sua fine:

“O non hanno letto l’ordinanza, oppure non sono contenti di rinunciare all’alibi- dice Piscitello. Che aggiunge: “Molti deputati non si assumevano la responsabilità di bocciare norme assurde perché tanto sapevano che sarebbe intervenuto il Commissario. In alcuni casi, già prima sapevano cosa sarebbe stato impugnato o meno.  Per questo vedono come una iattura  il congelamento del Commissario dello Stato, perché adesso dovranno assumersi le responsabilità vere”.

La conferenza stampa è stata vivace. I colleghi presenti hanno rivolto molte domande ad Armao e Piscitello. Segno che, nonostante una pubblicistica ufficiale intrisa di pregiudizi, l’argomento comincia ad essere molto sentito.

E non poteva mancare una ‘botta’ al tentato golpe centralista del Governo Renzi: “Con la proposta di riforma del titolo V della Costituzione si tenta di annullare la specialità delle regioni come la Sicilia. Solo la protesta della Presidente del Friuli, Debora Serracchiani, ha evitato il peggio finora. Mentre abbiamo assistito allibiti al silenzio di Crocetta. Se qualcuno dei nostri delegati a Roma è favorevole a questa nuova riforma, che si assuma la responsabilità con nome cognome”.

Ma, al di là del passato e del presente, cosa ci aspetta per il futuro?

“Quando si parla di Autonomia e di Statuto si parla anche di fiscalità di vantaggio. Secondo voi perché Malta attira più invstitori della Sicilia? La nostra regione ne avrebbe diritto, lo prevede lo Statuto. Ma nessuno si batte per questo riconoscimento. Non è vero che l’Ue non la concede. Finora l’unica cosa vera è che nessunno la chiede. Dovrebbe farlo il Governo nazionale incalzato dai nostri deputati e dal Governo siciliano. Invece nulla di tutto ciò. Renzi ieri ci ha detto che lo sviluppo della nostra terra è nelle nostre mani. Cominci a riconoscere i diritti della Sicilia prima di dare lezioni.

Noi da oggi lanciamo una provocazione: o lo Stato si decide a riconoscere alla Sicilia i suoi diritti, oppure come in Scozia, faremo un referendum separatista. E lanciamo un appello anche “a tutte le forze parlamentari affinché alla fedeltà al partito facciano prevalere la fedeltà alla Sicilia”.

A proposito della visita a Palermo del Presidente del Consiglio, non sono mancate battute: “Assurdo che il Presidente della Regione siciliana sia stato convocato in prefettura per un incontro con il presidente del Consiglio Renzi. Anche questo significa sminuire la nostra Autonomia.  Renzi doveva essere ricevuto nella sede della Presidenza della Regione siciliana. Per non parlare del fatto  che, per colpa di questa visita, è saltata all’Ars una seduta importantissima”.

Insomma, sono lontani i tempi in cui un Presidente della Regione siciliana, mandava a dire a chi lo aveva convocato nella Capitale che “la distanza che c’è tra Palermo e Roma è la stessa che c’è tra Roma e Palermo”. Era Giuseppe Alessi. Che mandava a dire al segretario nazionale della Dc  che il Presidente della Regione siciliana non prende ordini dalla Capitale. E che se voleva un incontro, sarebbe stato lui a dovere salire su un aereo.

 

La scomparsa del Commissario dello Stato è una vittoria per la Sicilia. Ecco perché
La Consulta mette in dubbio il Commissario dello Stato imposto da Roma alla Sicilia/ L’Ordinanza

 


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