I 5 angeli di Borsellino, eroi come lui

Erano le 16.58 del 19 luglio 1992, quando una Fiat 126 riempita con oltre 100 chili di tritolo esplose in via D’Amelio a Palermo, uccidendo il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano , Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Cinque ragazzi che stavano facendo il loro lavoro. Molti di loro avrebbero avuto la possibilità di cambiare incarico, ma non ne hanno voluto sentire di lasciare più solo di quanto già non fosse, quel giudice scomodo per lo Stato e per la mafia, al quale volevano un gran bene.  Sapevano del pericolo cui andavano incontro. E lo hanno ignorato. Come fanno gli eroi. Oggi sono stati ricordati dai colleghi:
“Paolo, Agostino, Eddie, Walter, Claudio, Vincenzo ed Emanuela sono per tutti noi un grande esempio di alto senso dello Stato che hanno voluto onorare fino all’estremo sacrificio. Rappresentano un punto di riferimento importante per chi ha vissuto in prima persona i tragici eventi e per tutte quelle generazioni, nate dopo il 1992, che, quotidianamente, lottano per realizzare un nuovo modello sociale e culturale capace di estirpare definitivamente il cancro mafioso e costruire una Sicilia nuova e libera”. Sono queste le parole pronunciate dal Segretario Generale Provinciale del CO.I.S.P. (Coordinamento per l’Indipendenza delle Forze di Polizia) di Palermo, Carmelo Fiumefreddo. Tra occhi pieni di lacrime, ricordi indelebili e molta amarezza per una strage avvolta ancora da troppi misteri. 19 luglio 2012

Paolo Borsellino, la strage di Stato vent’anni dopo


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Erano le 16. 58 del 19 luglio 1992, quando una fiat 126 riempita con oltre 100 chili di tritolo esplose in via d’amelio a palermo, uccidendo il magistrato paolo borsellino e cinque agenti della sua scorta: agostino catalano , emanuela loi (prima donna a far parte di una scorta e a cadere in servizio), vincenzo li muli, walter eddie cosina e claudio traina. Cinque ragazzi che stavano facendo il loro lavoro. Molti di loro avrebbero avuto la possibilità di cambiare incarico, ma non ne hanno voluto sentire di lasciare più solo di quanto già non fosse, quel giudice scomodo per lo stato e per la mafia, al quale volevano un gran bene. Sapevano del pericolo cui andavano incontro. E lo hanno ignorato. Come fanno gli eroi. Oggi sono stati ricordati dai colleghi:

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