Hevia a Vittoria

Lunedì 29 dicembre 2008, a Vittoria, presso la cattedrale di san Giovanni Battista si è esibito il famosissimo gaitero asturiano José Angel Hevia, conosciuto nel panorama internazionale musicale come uno degli artefici della rinascita della cornamusa galiziana, nonché inventore della “gaita MIDI”, la cornamusa elettronica.

 

L’evento è stato pubblicizzato poco e niente sia a Ragusa che nella stessa Vittoria: non un manifesto, non una locandina, un biglietto anonimo, niente. Dobbiamo ringraziare ancora una volta Internet (e il periodico on-line Genia Box) se siamo riusciti a venirne a conoscenza.

 

Sindaco, assessori e altre autorità hanno assistito al concerto, che è stato organizzato dal comune di Vittoria, completamente gratis. La cattedrale è già mezza piena un’ora prima dell’ora stabilita (obiettivo: cercare di arraffare i primi posti). Ma per quanto grande e spazioso, quello è decisamente il luogo meno adatto per un evento del genere, che avrebbe dovuto svolgersi in un teatro, o comunque in una sala con un palco. Hevia è un artista che richiama un pubblico vario e numeroso, giovani e meno giovani; infatti di lì a poco sorgono problemi logistici di sistemazione; uno degli organizzatori parla al microfono: “Non dobbiamo dimenticare che siamo in Chiesa. Siamo in un luogo sacro…”

Tra una spinta e l’altra, il pubblico si assesta.

 

Si inizia pressappoco in orario. Dopo i dovuti ringraziamenti entra finalmente Hevia che apre il concerto con un tradizionale asturiano suonato con la gaita e accompagnato dalla sorella percussionista Maria José. Più tardi si aggiunge anche il pianista. Nonostante qualcuno del pubblico passi loro davanti scambiandosi saluti, i tre continuano imperterriti. Quando il brano termina, l’atmosfera diventa più concentrata (il suono di una cornamusa riesce sempre ad ipnotizzare!) ed Hevia comincia a presentare il suo repertorio, in una lingua che lui stesso chiama “itagnolo”. Ci parla della musica popolare religiosa delle Asturie, in cui la gaita è protagonista assoluta, e del suo progetto di rivisitazione di questo genere che lo ha accompagnato fin dall’infanzia. Veniamo così trasportati verso terre sconosciute e lontane, nel nord della Spagna; ci sembra di poter vedere i panorami, di poterli toccare con mano. La musica ci conduce a fare un viaggio carico di emozioni: dalle prime alboradas agli intermisos de Mesa suonati tipicamente nel periodo natalizio; dalle melodie tradizionali, che raccontano storie d’amore (“Si la nieve”)e della gente del popolo (“La carriola”, “Carretera de Alvilés”), ai brani d’autore più recenti tratti dall’ultimo album (“Lluz de Domingo”). La cattedrale si riempie di note e ritmi che si avvicinano anche alla New Age e allo stile personale e innovativo di Hevia. L’artista passa dalla gaita al flauto traverso facendo fuoriuscire dagli strumenti tutta la sua passione per la musica, e riesce a trasmetterla al pubblico anche con la sua moderna cornamusa elettronica.   

Forse all’inizio c’è una lieve freddezza, come se gli ascoltatori non si volessero sbilanciare troppo, come se volessero contenersi. Ma, d’altronde, siamo in un luogo sacro…

 

Durante il concerto abbiamo modo di renderci conto non solo della bravura tecnica, ma anche della grande umanità del gaitero. Ad un certo punto, infatti, Hevia presenta un fuori programma: Saro, suo grande amico di Taormina (“Saretto”), che, oltre ad essere il produttore della “migliore granita siciliana”, è un suonatore di zampogna. Lo invita a prendere lo strumento e suonare insieme a lui.

“Cosa suoniamo, Saretto?” domanda Hevia.

La risposta, in un marcato accento siciliano, è: “Suoniamo la pastorale siciliana”.

E tu vedi José Angel Hevia, artista innovativo, virtuoso della cornamusa, ufficialmente riconosciuto a livello internazionale, suonare la pastorale siciliana insieme a Saro lo Zampognaro.  E’ una scena che non si dimentica facilmente. Anche se il suono della gaita MIDI non si sposa molto con quello della zampogna, non possiamo fare a meno di apprezzare il tentativo di fusione tra Sicilia e Asturie.

Tentativo che Hevia ripropone più tardi con una muñeira, un tipo di musica ritmata e cadenzata, da cui fa nascere piano piano una tarantella.

E’ proprio nella muñeira dal titolo “Barganaz” che finalmente tra il pubblico c’è un timido accenno a liberarsi dalle costrizioni del “luogo sacro” con battiti di mani a tempo incitati da Hevia. Nessuno si azzarda a ballare, anche se molti vorrebbero, perché è umanamente impossibile rimanere composti e fermi durante un concerto, e specialmente durante un concerto di Hevia.

Il coinvolgimento totale, il punto in cui la gente è completamente catturata, arriva, com’è ovvio, alle prime note del brano più famoso e più ascoltato: “Busindre Reel”, tratto dall’album Tierra de Nadie, che non ha bisogno neanche di presentazione iniziale. Le antiche atmosfere celtiche si mescolano con la strumentazione moderna, la melodia travolgente scuote la cattedrale e ci fa vivere un momento di emozione intensa. Assistiamo con grande ammirazione all’esecuzione degli ultimi brani (sperimentalismi con la gaita e tangos per cornamusa), ormai conquistati da questo musicista incredibile: indissolubilmente legato alla tradizione etnica ma nello stesso tempo innovativo e aperto, una stella della musica il cui successo non ha intaccato il suo senso di umiltà.

 

Durante la standing ovation finale, qualche spettatore abbandona la cattedrale, si crea una grande confusione. Chi resta ad applaudire e a reclamare bis, chi si avvicina, chi cerca di ricongiungersi a parenti e amici dispersi tra la folla. Così, Hevia è costretto a presentare i bis richiesti nel mezzo del vociare non proprio sommesso del meraviglioso pubblico di Vittoria. Ma nessuno ha il coraggio di ricordare che ci troviamo in un luogo sacro.


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