A rischio centinaia di lavoratori che già da tempo accettano misure quali i contratti di solidarietà e la mobilità volontaria. Se ne è parlato questa mattina all'hotel Baia Verde di Catania. Presenti, oltre ai rappresentanti sindacali e aziendali dell'Isola, anche il presidente di Confcommercio Pietro Agen e il sindaco di Catania Enzo Bianco
Grande distribuzione, l’allarme della Filcams Cgil «A rischio lavoratori di Mercatone Uno, Metro e Coop»
Un’agenda zeppa di vertenze, soprattutto nella provincia di Catania, quella con il più alto tasso di concentrazione di centri commerciali. E a rischiare il posto sono centinaia di lavoratori di grandi aziende quali Mercatone Uno, Metro, Coop, alle quali si aggiunge Auchan con una vertenza di portata nazionale. Se ne è parlato questa mattina in un incontro all’hotel Baia Verde di Catania, organizzato dalla Filcams Cgil Sicilia che ha puntato sul confronto tra voci molto diverse, e a volte in contrapposizione, tra loro, a proposito di un settore che rimanda ad una crisi difficile da sconfiggere. Nel corso dell’incontro, intitolato Terziario e grande distribuzione in Sicilia, quali prospettive?, sono stati forniti dal segretario regionale della Federazone dei lavoratori di commercio turismo e servizi, Salvatore Leonardi, i numeri che danno le dimensioni della crisi del settore.
Si comincia da Mercatone Uno, con 79 punti vendita in tutta Italia e circa 3mila e 500 dipendenti, ha presentato istanza di concordato preventivo. La grande preoccupazione riguarda i tre punti vendita siciliani, due a Palermo e uno a Misterbianco, che «sicuramente subiranno contraccolpi notevoli»,ha segnalato il segretario regionale Filcams. Situazione non meno drammatica per Metro Italia: in Sicilia l’azienda, presente solo a Catania, dopo il primo anno di una procedura di solidarietà onerosa per i lavoratori, ha dichiarato lo stato di crisi. Molti dipendenti catanesi, pur di mantenere l’occupazione, sono stati costretti a emigrare in Sardegna o in Veneto.
Continua la sofferenza anche negli ipermercati Coop, che qualche mese fa avevano paventato una mobilità per circa 130 lavoratori in tutta la Sicilia. La trattativa è stata chiusa con 62 persone in mobilità volontaria e incentivata e, un mese fa si è purtroppo resa necessaria la solidarietà del 20 per cento per la tutta provincia di Catania. Esuberi anche all’Ipercoop di Milazzo dove però la Filcams Cgil ha portato a casa un grande risultato, con una solidarietà minima del 10 per cento al bisogno.
Ma la triste novità siciliana del 2015 nel settore, è la probabile chiusura delle Coop nella zona storica di Ragusa mentre è già chiusa la struttura di Modica. Con un incredibile paradosso: le Coop sarebbero interessate scommettere su Catania e Palermo con alcune prossime aperture. Leonardi racconta anche che con il gruppo Auchan non è andata a buon fine in questi giorni la trattativa nazionale che avrebbe dovuto scongiurare una delle più importanti procedure di mobilità italiane dell’ultimo ventennio, con oltre mille e 400 dipendenti a rischio posti di lavoro in tutto il Paese, di cui la maggior parte riguarda il Mezzogiorno. La mobilità a danno dei lavoratori sarà avviata a breve.
All’incontro hanno partecipato, oltre al segretario generale della Filcams Leonardi, il vicepresidente vicario di Confindustria Catania, Antonello Biriaco, il vicepresidente nazionale della Confcommercio, Pietro Agen, il direttore regionale di Confesercenti Michele Sorbera, il presidente Coop Sicilia Gianluca Faraone, il vicepresidente Lega Coop Sicilia Giorgio Ragusa, Alessandro Resta delle relazioni sindacali Auchan, Fabrizio Russo, segretario Filcams Cgil nazionale. Ha presieduto i lavori Giacomo Rota, mentre le conclusioni sono state affidate al segretario confederale nazionale Cgil, Franco Martini. Presente anche il sindaco di Catania, Enzo Bianco, che ha partecipato al dibattito con un intervento diretto manifestando grande disponibilità all’insegna della concertazione; ha anche partecipato l’assessore comunale Angela Mazzola e il vicesindaco di Acicastello Ezia Carbone .
«Chiediamo alle amministrazioni comunali di fare più attenzione alle richieste di nuove aperture di centri commerciali a Catania – ha detto Leonardi davanti ai rappresentanti istituzionali e delle azioende – valutando bene, territorio per territorio, se vi sono ancora spazi idonei senza alcuna speculazione edilizia e senza favoritismi. Ci auguriamo che le amministrazioni comunali, prima di concedere autorizzazioni per nuove aperture nel settore della grande distribuzione, si confrontino con noi e con le associazioni imprenditoriali».
Per Pietro Agen, però, la prospettiva nel breve periodo «è quella dell’ulteriore peggioramento. Se invece verranno adottate le prospettive giuste, allora potremmo pensare ad una ripresa. Uso il condizionale perché c’è molto da fare da tutte le parti, a cominciare dalla grande distribuzione organizzata che negli ultimi 15 anni ha sbagliato tutto con investimenti che non erano di sviluppo ma di speculazione».
Rimane poi da considerare l’altra vittima, il piccolo commerciante che negli scorsi decenni aveva assicurato lavoro e presenza nel territorio: «Il commercio di prossimità nelle no sue vie cittadine è in ginocchio, migliaia di imprese commerciali hanno chiuso in Sicilia. Chiediamo un intervento forte del governo regionale – sottolinea il segretario generale Giacomo Rota– che deve bloccare l’apertura di nuovi centri commerciali. Ma sono anche le regole a dover essere ripensate, complessivamente». Conclude il segretario nazionale Martini: «Il terziario distributivo è in crisi perché sono crollati i consumi. Questo è un segmento dell’economia che per navigare ha bisogno che il reddito delle persone abbia una quota elevata destinata al consumo, invece, al contrario, la crisi dei redditi ha come effetto il crollo del consumo. Siamo qui per ribadire che il settore è significativo e per precisare che non un commercio indistinto. Vogliamo proporre una riflessione in parte critica sulle grandi superficie distributive che hanno spesso saccheggiato il territorio lasciando poi cattedrali nel deserto in assenza di politiche commerciali».