Due anni e qualche settimana, giorno più, giorno meno. Il governo Schifani ha girato la boa di metà mandato e, com’è giusto che sia, è tempo di bilanci. MeridioNews, allora, ha cercato di fare un check di quelle che sono state le promesse elettorali dell’allora candidato, oggi presidente, Renato Schifani, per constatare alla luce dei fatti quanto di questo programma è stato evaso e quanto è rimasto solo una promessa. Impresa ardua, visto che Schifani – e come lui anche gli altri candidati – non si è scomodato illo tempore a caricare una versione online del programma che fosse consultabile. Per citare Pagella Politica, portale sempre autorevole quanto a fact checking, «è vero che, a differenza delle elezioni politiche, la pubblicazione dei programmi elettorali per le regionali in Sicilia non è obbligatoria, ma una maggiore trasparenza aiuterebbe di più gli elettori in un voto informato e consapevole».
Di contro, sempre Pagella Politica offre uno spunto interessante quando parla del programma di Schifani: «Gli unici documenti scritti ufficiali, che riportano punti programmatici, sono immagini pubblicate sui social». Quindi partiremo dall’analizzare quelle.
1. Imprese balneari: siamo contro la direttiva Bolkestein. Questo campeggiava in bella grafica sulla prima immagine postata dal candidato Schifani, che a commento scriveva: «Noi siamo contro la direttiva Bolkestein, ci siamo battuti e continueremo a farlo. Tuteleremo i posti di lavoro e gli investimenti dei titolari di concessioni balneari». Parole che fanno pensare a una chiara presa di posizione in favore del rinnovo delle concessioni, ma il post continua: «Vi sono delle situazioni anomale, come ad esempio quella della mia città, Palermo, in cui una società – che tra l’altro, preciso, non conosco – è titolare da decenni di una concessione quasi in monopolio. Se difendiamo anche – ma non succederà – queste posizioni estremiste, perdiamo potere contrattuale nel difendere la normalità, i posti di lavoro di migliaia di operatori che guadagnano quotidianamente con il loro sforzo il loro reddito lavorativo». In questo caso, col riferimento alla Italo-Belga di Mondello, il vento sembra soffiare dalla parte opposta, quindi sul fronte della revoca delle concessioni. «Quindi, la mia posizione è chiara, ma dico anche di evitare – e lo stiamo facendo – posizioni e battaglie che sposano determinate situazioni non difficilmente sostenibili». Insomma, così chiara non sembrerebbe, tant’è che alla fine, in questi due anni, il governo Schifani sulle concessioni balneari ha scelto di non scegliere. Rinvii su rinvii e così si andrà avanti finché non se ne potrà fare a meno. La discussione è anche arrivata un paio di volte in Aula all’Assemblea regionale, ma senza mai produrre anche un solo barlume di risultato.
2. Emergenza migranti: è necessario un impegno collettivo perché è un problema di tutti. Quando Schifani parlava di impegno collettivo, si capisce anche dal testo a commento, non si riferiva certo ai cittadini, ma a governo nazionale ed Europa, tavoli su cui ha promesso impegno per risolvere la questione migranti, che – scriveva lo stesso Schifani – «il governo Berlusconi era riuscito ad arginare». Non sappiamo con certezza cosa si sia fatto sui tavoli nazionali e internazionali, ma i numeri – che raccontano di un incremento enorme degli sbarchi, proprio negli ultimi due anni – parlano piuttosto chiaro.
3. Emergenza rifiuti: subito i termovalorizzatori con norme speciali. Questo è il fronte programmatico su cui il presidente della Regione si è portato più avanti. Nel post parla di chiedere al governo nazionale «l’approvazione della norma Gualtieri, voluta per Roma». Cosa che effettivamente l’ex presidente del Senato ha fatto, solo aggiustando un po’ il tiro rispetto alle premesse, visto che nel piano originario c’era quello di mettere nelle condizioni i «due sindaci delle città metropolitane (Palermo e Catania ndr) di avere poteri più veloci, poteri commissariali per sveltire le procedure». Qui spunta la verve accentratrice di Schifani, che quei poteri li ha avocati per sé, nonostante la presenza di due sindaci metropolitani politicamente – solo politicamente, a quanto pare – amici. Di fatto dei termovalorizzatori non c’è nemmeno l’ombra, ma bisogna ammettere che il discorso è più che aperto e che il governo regionale sta lavorando in questa direzione.
4. Il ponte sullo Stretto rimane per noi una priorità. E si è visto, con il miliardo e ottocento milioni di euro di risorse del Fondo di sviluppo e coesione (Fsc) regalati a Roma per compartecipare alle spese di realizzazione di una struttura che ancora manca di un progetto esecutivo e che, nonostante i proclami, è ben lungi dal vedere la luce. Ma anche di questo si continua a parlare.
5. Sì alle province per una maggiore efficienza, ma a costo zero. La vera grande battaglia di Schifani: abolire l’abolizione delle province. «Proverò a ricostruire le ex Province senza impatto sulla finanza pubblica – metteva nero su bianco Schifani nel 2022 – Sono per un ritorno oculato di questi Enti, che funzionavano in passato. Bisognerà trovare un meccanismo per evitare la scure della Corte costituzionale». Una fatica, quella appunto di evitare la scure della Corte costituzionale, che il governo Schifani non ha comunque dovuto compiere. Questo perché il tentativo di rimettere in piedi le province si è dissolto in un nulla di fatto ogni volta che il disegno di legge ha varcato la soglia dell’Aula dell’Assemblea regionale siciliana. Dove pure per ben due volte è stato persino bocciato, complice il voto segreto, grazie ai voti anonimi di un nutrito e variegato gruppo di iscritti tra le fila della maggioranza di Renato Schifani, che grazie a questi esiti negativi ha visto naufragare uno dei punti cardine del suo programma. Ci riproveranno? Certo. Ci riusciranno? Difficile, molto difficile a dirsi.
6. Caro bollette: aiutiamo insieme imprese e famiglie. «Per il caro bollette servono ulteriori fondi a sostegno di imprese e famiglie, già fortemente provate da pandemia e dalle conseguenze della guerra in Ucraina», scriveva Schifani. E in effetti, va detto, in questo caso il pensiero c’è stato. Certo, un po’ più verso le imprese che nei confronti delle famiglie, ma qualcosa si è mosso. Già nel dicembre del 2022 il governo regionale ha varato un tandem di manovre: una che stanziava circa 365 milioni di euro per le imprese che operano in Sicilia e una moratoria dei mutui Irfis FinSicilia, mentre nel 2023 a venire incontro all’esecutivo di centrodestra ci ha pensato l’Unione europea, grazie al bonus energia di cui hanno beneficiato oltre 3400 imprese siciliane.
Insomma, un elenco scarno di punti programmatici, che pure si è riusciti a mancare, talvolta per volontà, talvolta perché aver a che fare con una maggioranza litigiosa è una bella grana per chiunque. Impressionano tuttavia i radicali cambi di rotta rispetto a concessioni balneari, rifiuti e soprattutto reintroduzione delle province.
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