Gocce di vita/ La poesia, questa sconosciuta

Quanti saranno, da noi, i lettori di poesia? Glielo dico io egregio signore. Venti. Lei, caro amico, è uno di questi. Mosche bianche, mi creda, fosse per la poesia non si farebbe una lira. Già non si vende più nulla, figuriamoci. Io tengo un angolo che è un piccolo santuario, ma è proprio un angolino: lì, lo vede? E lì, come in una discreta e silenziosa cantina, i libri di poesia invecchiano. Ogni tanto ci passo davanti, spolvero, controllo l’ordine, e dopo aver guardato fuori dalla vetrina mi ritiro dietro il banco. A volte faccio come Peter Kien, il sinologo di Auto da fè, di Canetti, ricorda? Chiudo gli occhi, mentre mi sposto dal mio piccolo ritiro, e li riapro solo davanti alla libreria che sta dietro alla cassa. Altre volte, invece, li spalanco bene e mi arrabbio, guardando la gente passare dritto davanti al mio negozio. Vorrei vedere solo libri. Toccare solo libri. Ma eccomi a discutere dei fatti, e i fatti fanno a pugni con i miei desideri. Non è soltanto la poesia, amico mio, è proprio il mondo che cambia. E anche se non mi sta bene, come le dicevo, questi sono i fatti. Stop. L’uomo moderno legge tutto su una tavoletta elettronica: giornali, posta, libri. Non esce di casa, non tocca niente, non annusa niente. Detesta la carta e considera inutile il prodotto delle mani. Al massimo, se si muove, compra nei “megastore” che da tempo hanno soppiantato negozi di dischi e librerie, compresa la mia. Luoghi perfetti, capisce, perfetti per l’estinzione del libero pensiero, dove il miraggio dell’affare ha la meglio su ogni altro tipo di aspirazione umana. Perfetti per gli altri, s’intende, perché per me sono soltanto dei bazar, però di dimensioni colossali. Postacci, mi creda, dove regna sovrano l’odore ascellare, lo slang tardo-moderno, la finta conoscenza e il mito mediatico. Dove l’uomo si spersonalizza seguendo la folla, il trend di mercato, la transumanza delle ragazzine in cerca dell’immancabile Mcdonald. I libri? Edizioni economiche, ultime novità, le “opere” di Bruno Vespa. Il silenzio? Lì non esiste. La quiete? Macchè. Della poesia non c’è traccia. Né di quello che un tempo l’uomo cercava in ogni cosa: la bellezza. Lì, lei, non incontrerà mai Sandro Penna: “scorto ho il mio amore in una losca platea, fumava un sigaretto e gli occhi lustri avea…”

Foto di prima pagina tratta da liguria2000news.com


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Quanti saranno, da noi, i lettori di poesia? glielo dico io egregio signore. Venti. Lei, caro amico, è uno di questi. Mosche bianche, mi creda, fosse per la poesia non si farebbe una lira. Già non si vende più nulla, figuriamoci. Io tengo un angolo che è un piccolo santuario, ma è proprio un angolino: lì, lo vede? e lì, come in una discreta e silenziosa cantina, i libri di poesia invecchiano. Ogni tanto ci passo davanti, spolvero, controllo l’ordine, e dopo aver guardato fuori dalla vetrina mi ritiro dietro il banco. A volte faccio come peter kien, il sinologo di auto da fè, di canetti, ricorda? chiudo gli occhi, mentre mi sposto dal mio piccolo ritiro, e li riapro solo davanti alla libreria che sta dietro alla cassa. Altre volte, invece, li spalanco bene e mi arrabbio, guardando la gente passare dritto davanti al mio negozio. Vorrei vedere solo libri. Toccare solo libri. Ma eccomi a discutere dei fatti, e i fatti fanno a pugni con i miei desideri. Non è soltanto la poesia, amico mio, è proprio il mondo che cambia. E anche se non mi sta bene, come le dicevo, questi sono i fatti. Stop. L’uomo moderno legge tutto su una tavoletta elettronica: giornali, posta, libri. Non esce di casa, non tocca niente, non annusa niente. Detesta la carta e considera inutile il prodotto delle mani. Al massimo, se si muove, compra nei “megastore” che da tempo hanno soppiantato negozi di dischi e librerie, compresa la mia. Luoghi perfetti, capisce, perfetti per l’estinzione del libero pensiero, dove il miraggio dell’affare ha la meglio su ogni altro tipo di aspirazione umana. Perfetti per gli altri, s’intende, perché per me sono soltanto dei bazar, però di dimensioni colossali. Postacci, mi creda, dove regna sovrano l’odore ascellare, lo slang tardo-moderno, la finta conoscenza e il mito mediatico. Dove l’uomo si spersonalizza seguendo la folla, il trend di mercato, la transumanza delle ragazzine in cerca dell’immancabile mcdonald. I libri? edizioni economiche, ultime novità, le “opere” di bruno vespa. Il silenzio? lì non esiste. La quiete? macchè. Della poesia non c’è traccia. Né di quello che un tempo l’uomo cercava in ogni cosa: la bellezza. Lì, lei, non incontrerà mai sandro penna: “scorto ho il mio amore in una losca platea, fumava un sigaretto e gli occhi lustri avea

Quanti saranno, da noi, i lettori di poesia? glielo dico io egregio signore. Venti. Lei, caro amico, è uno di questi. Mosche bianche, mi creda, fosse per la poesia non si farebbe una lira. Già non si vende più nulla, figuriamoci. Io tengo un angolo che è un piccolo santuario, ma è proprio un angolino: lì, lo vede? e lì, come in una discreta e silenziosa cantina, i libri di poesia invecchiano. Ogni tanto ci passo davanti, spolvero, controllo l’ordine, e dopo aver guardato fuori dalla vetrina mi ritiro dietro il banco. A volte faccio come peter kien, il sinologo di auto da fè, di canetti, ricorda? chiudo gli occhi, mentre mi sposto dal mio piccolo ritiro, e li riapro solo davanti alla libreria che sta dietro alla cassa. Altre volte, invece, li spalanco bene e mi arrabbio, guardando la gente passare dritto davanti al mio negozio. Vorrei vedere solo libri. Toccare solo libri. Ma eccomi a discutere dei fatti, e i fatti fanno a pugni con i miei desideri. Non è soltanto la poesia, amico mio, è proprio il mondo che cambia. E anche se non mi sta bene, come le dicevo, questi sono i fatti. Stop. L’uomo moderno legge tutto su una tavoletta elettronica: giornali, posta, libri. Non esce di casa, non tocca niente, non annusa niente. Detesta la carta e considera inutile il prodotto delle mani. Al massimo, se si muove, compra nei “megastore” che da tempo hanno soppiantato negozi di dischi e librerie, compresa la mia. Luoghi perfetti, capisce, perfetti per l’estinzione del libero pensiero, dove il miraggio dell’affare ha la meglio su ogni altro tipo di aspirazione umana. Perfetti per gli altri, s’intende, perché per me sono soltanto dei bazar, però di dimensioni colossali. Postacci, mi creda, dove regna sovrano l’odore ascellare, lo slang tardo-moderno, la finta conoscenza e il mito mediatico. Dove l’uomo si spersonalizza seguendo la folla, il trend di mercato, la transumanza delle ragazzine in cerca dell’immancabile mcdonald. I libri? edizioni economiche, ultime novità, le “opere” di bruno vespa. Il silenzio? lì non esiste. La quiete? macchè. Della poesia non c’è traccia. Né di quello che un tempo l’uomo cercava in ogni cosa: la bellezza. Lì, lei, non incontrerà mai sandro penna: “scorto ho il mio amore in una losca platea, fumava un sigaretto e gli occhi lustri avea

Quanti saranno, da noi, i lettori di poesia? glielo dico io egregio signore. Venti. Lei, caro amico, è uno di questi. Mosche bianche, mi creda, fosse per la poesia non si farebbe una lira. Già non si vende più nulla, figuriamoci. Io tengo un angolo che è un piccolo santuario, ma è proprio un angolino: lì, lo vede? e lì, come in una discreta e silenziosa cantina, i libri di poesia invecchiano. Ogni tanto ci passo davanti, spolvero, controllo l’ordine, e dopo aver guardato fuori dalla vetrina mi ritiro dietro il banco. A volte faccio come peter kien, il sinologo di auto da fè, di canetti, ricorda? chiudo gli occhi, mentre mi sposto dal mio piccolo ritiro, e li riapro solo davanti alla libreria che sta dietro alla cassa. Altre volte, invece, li spalanco bene e mi arrabbio, guardando la gente passare dritto davanti al mio negozio. Vorrei vedere solo libri. Toccare solo libri. Ma eccomi a discutere dei fatti, e i fatti fanno a pugni con i miei desideri. Non è soltanto la poesia, amico mio, è proprio il mondo che cambia. E anche se non mi sta bene, come le dicevo, questi sono i fatti. Stop. L’uomo moderno legge tutto su una tavoletta elettronica: giornali, posta, libri. Non esce di casa, non tocca niente, non annusa niente. Detesta la carta e considera inutile il prodotto delle mani. Al massimo, se si muove, compra nei “megastore” che da tempo hanno soppiantato negozi di dischi e librerie, compresa la mia. Luoghi perfetti, capisce, perfetti per l’estinzione del libero pensiero, dove il miraggio dell’affare ha la meglio su ogni altro tipo di aspirazione umana. Perfetti per gli altri, s’intende, perché per me sono soltanto dei bazar, però di dimensioni colossali. Postacci, mi creda, dove regna sovrano l’odore ascellare, lo slang tardo-moderno, la finta conoscenza e il mito mediatico. Dove l’uomo si spersonalizza seguendo la folla, il trend di mercato, la transumanza delle ragazzine in cerca dell’immancabile mcdonald. I libri? edizioni economiche, ultime novità, le “opere” di bruno vespa. Il silenzio? lì non esiste. La quiete? macchè. Della poesia non c’è traccia. Né di quello che un tempo l’uomo cercava in ogni cosa: la bellezza. Lì, lei, non incontrerà mai sandro penna: “scorto ho il mio amore in una losca platea, fumava un sigaretto e gli occhi lustri avea

Quanti saranno, da noi, i lettori di poesia? glielo dico io egregio signore. Venti. Lei, caro amico, è uno di questi. Mosche bianche, mi creda, fosse per la poesia non si farebbe una lira. Già non si vende più nulla, figuriamoci. Io tengo un angolo che è un piccolo santuario, ma è proprio un angolino: lì, lo vede? e lì, come in una discreta e silenziosa cantina, i libri di poesia invecchiano. Ogni tanto ci passo davanti, spolvero, controllo l’ordine, e dopo aver guardato fuori dalla vetrina mi ritiro dietro il banco. A volte faccio come peter kien, il sinologo di auto da fè, di canetti, ricorda? chiudo gli occhi, mentre mi sposto dal mio piccolo ritiro, e li riapro solo davanti alla libreria che sta dietro alla cassa. Altre volte, invece, li spalanco bene e mi arrabbio, guardando la gente passare dritto davanti al mio negozio. Vorrei vedere solo libri. Toccare solo libri. Ma eccomi a discutere dei fatti, e i fatti fanno a pugni con i miei desideri. Non è soltanto la poesia, amico mio, è proprio il mondo che cambia. E anche se non mi sta bene, come le dicevo, questi sono i fatti. Stop. L’uomo moderno legge tutto su una tavoletta elettronica: giornali, posta, libri. Non esce di casa, non tocca niente, non annusa niente. Detesta la carta e considera inutile il prodotto delle mani. Al massimo, se si muove, compra nei “megastore” che da tempo hanno soppiantato negozi di dischi e librerie, compresa la mia. Luoghi perfetti, capisce, perfetti per l’estinzione del libero pensiero, dove il miraggio dell’affare ha la meglio su ogni altro tipo di aspirazione umana. Perfetti per gli altri, s’intende, perché per me sono soltanto dei bazar, però di dimensioni colossali. Postacci, mi creda, dove regna sovrano l’odore ascellare, lo slang tardo-moderno, la finta conoscenza e il mito mediatico. Dove l’uomo si spersonalizza seguendo la folla, il trend di mercato, la transumanza delle ragazzine in cerca dell’immancabile mcdonald. I libri? edizioni economiche, ultime novità, le “opere” di bruno vespa. Il silenzio? lì non esiste. La quiete? macchè. Della poesia non c’è traccia. Né di quello che un tempo l’uomo cercava in ogni cosa: la bellezza. Lì, lei, non incontrerà mai sandro penna: “scorto ho il mio amore in una losca platea, fumava un sigaretto e gli occhi lustri avea

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