L'associazione denuncia le spedizioni di polverino d'altoforno. «Sbarcano a Catania e proseguono verso la discarica Cisma». Già ad aprile 2015 il caso era stato sollevato e il ministro Galletti aveva parlato di soluzione «transitoria». «Non si possono permettere altre violenze nei confronti della popolazione e del territorio»
Gli scarti industriali dell’Ilva di Taranto a Melilli Legambiente: «Novecento tonnellate a settimana»
Una trentina di autotreni alla settimana, carichi di polverino, quel rifiuti nocivo che gli elettrofiltri trattengono dai fumi dell’altoforno. Partono dall’Ilva di Taranto e arrivano alla discarica Cisma, a metà strada tra Augusta e Melilli. I viaggi dei veleni sarebbero ripartiti dalla Puglia alla Sicilia. A documentare il tutto è ancora una volta Legambiente, che ha monitorato costantemente la situazione mettendo in fila fatti precisi: «I camion – denuncia l’associazione ambientalista – vengono imbarcati al porto di Taranto sulla nave Eurocargo Livorno e sbarcati a Catania per poi proseguire su strada per la Cisma. In totale ogni spedizione ammonta a circa 900 tonnellate. Qualora, come emerse nel 2015, complessivamente il quantitativo da smaltire fosse rimasto di 100mila tonnellate, i viaggi andranno avanti per molti mesi. Erano e rimangono inspiegabili le ragioni per cui chi amministra l’Ilva su mandato del governo ha deciso di scaricare i suoi rifiuti lontano dalla Puglia e in una zona già gravemente malata».
Un grido di dolore per un territorio già pesantemente violentato, riconosciuto ad alto rischio ambientale e Sito d’interesse nazionale per le bonifiche. Il polverino d’altoforno è una miscela costituita per la maggior parte da particelle fini di coke, ossidi di ferro, acqua. Secondo gli ambientalisti è uno scarto di lavorazione pericoloso. Non secondo il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. Il problema del trasferimento di migliaia di tonnellate di polverino dell’Ilva in Sicilia era già stato sollevato ad aprile. In quell’occasione, il ministro, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, specificò che «i rifiuti in questione sono stati classificati e caratterizzati dal produttore come rifiuti non pericolosi, prodotti dal trattamento dei fumi. Ad oggi – continuava – non risulta al mio dicastero alcuna segnalazione in merito da parte delle competenti autorità di controllo locali, provincia e Arpa. Inoltre la discarica in cui i rifiuti sono stati conferiti è esterna al perimetro del Sin (Sito interesse nazionale) sulla base della cartografia disponibile. Secondo le informazioni fornite dall’Ilva, il materiale per l’esattezza 9.142 tonnellate è stato inviato in Sicilia in via transitoria. È infatti previsto che i rifiuti saranno smaltiti presso il sito Ilva una volta attuato il piano di gestione dei rifiuti aziendali e l’avvio dei nuovi impianti autorizzati in discarica, così com’è stato previsto peraltro nel decreto Ilva del gennaio scorso».
A distanza di un anno e mezzo, denuncia Legambiente, non solo le novemila tonnellate spedite ad aprile sono ancora nella discarica di Cisma, ma da circa un mese ne arrivano altre 900 a settimana. «Ci permettiamo di far notare al ministro Galletti – scrive l’associazione ambientalista – che non basta dire che la discarica Cisma è esterna al perimetro del Sin per ridurre l’impatto di un’operazione che rimane insopportabile per il territorio. Il polverino è ancora qui, sicuramente qui rimarrà e l’operazione ha subito un lungo stop forse solo per il clamore suscitato dalla vicenda con i suoi relativi effetti collaterali».
Secondo Legambiente proprio il clamore mediatico nato un anno e mezzo fa, ha spinto adesso chi gestisce l’Ilva a cambiare in parte le operazioni di trasporto dello scarto industriale. Le navi arrivano a Catania, per poi prendere la strada per Augusta. «Non sappiamo – scrive Legambiente – se la scelta di operare in questo modo, certamente più complicato e costoso della semplice spedizione via nave direttamente al porto di Augusta, dipenda dal tentativo di sviare l’attenzione per evitare le proteste che la vicenda sollevò l’anno scorso, oppure anche dall’eco dell’inchiesta della magistratura di Potenza che ha messo in luce le connessioni tra le aziende legate al business, l’allora commissario dell’autorità portuale e i cosiddetti furbetti del quartierino i cui interessi ruotavano attorno al porto di Augusta».
Negli ultimi mesi la discarica di Cisma ha ricevuto rifiuti solidi urbani dai Comuni vicini, su indicazione del governo regionale. Che, per risolvere il problema delle discariche, sempre più piene, ha obbligato i gestori degli impianti a spedire i rifiuti fuori dalla Sicilia. «Sarebbe paradossale – sottolinea Legambiente – se il presidente Crocetta, mentre si affanna a cercare all’estero e fuori regione chi è disponibile a prendersi circa 180mila tonnellate di rifiuti solidi urbani trattati prodotti dai siciliani, non sapesse che sul suolo dell’isola vengono scaricati rifiuti ben più indigeribili e in quantità così rilevante. Nel contempo già due spedizioni di rifitui solidi urbani trattati ed imballati sono partite per nave da Augusta per Varna in Bulgaria, destinate alla cementeria di Plovdiv. La prima di cinquemila tonnellate ad agosto con la nave Blue Star I e la seconda di tremila tonnellate a fine ottobre con la St. Constantine».
Da qui l’appello al presidente del consiglio Renzi, al governo Crocetta, al ministro dell’ambiente Galletti, al ministro dello sviluppo economico Calenda al cui dicastero compete la nomina dei commissari Ilva, ai deputati regionali e nazionali, alle amministrazioni locali «di attivarsi subito in difesa della salute dei cittadini dell’area Augusta, Priolo e Melilli e di non permettere che altre violenze vengano commesse nei confronti della popolazione e del territorio».