Tra le accuse rivolte ad alcuni degli arrestati nell'operazione Plastic Free a Vittoria c'è il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti. Una piaga che chi vive a Vittoria conosce bene. Gli imprenditori Donzelli non si sarebbero fatti scrupoli a interrare
Gli affari della Stidda con la plastica contaminata Mazzette di soldi viaggiavano su camion e aerei
Gli arresti dell’operazione Plastic Free mettono nero su bianco quello che, in maniera non
ufficiale, tutti nell’Ipparino sapevano. La pratica delle fumarole e
della plastica interrata è una piaga che si trascina da anni, ma la novità
che emerge dalle intercettazioni è la macchina criminale che vi stava
dietro. Nomi che a Vittoria conoscono tutti – Carbonaro, D’Agosta e Donzelli – e che richiamano alla memoria le pagine più tristi e buie della storia di Vittoria. Tra le accuse rivolte dai magistrati della Dda di Catania c’è anche il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti, interramento, sversamento di fanghi e commercio
illecito con ditte di tutta Italia, da Cremona a Napoli.
In mezzo, imprese come la Sidi dei Donezilli, e dietro cui dal 2015 ci sarebbe stato anche il boss Claudio Carbonaro di ritorno in città dopo l’esperienza da pentito di mafia, che cedevano e gestivano abusivamente ingenti
quantitativi di rifiuti.
In particolare, stando a quanto accertato dalla polizia, l’azienda di contrada
Mazzara riceveva la plastica dismessa dalle serre e cedeva in nero il prodotto granulato
derivato, il tutto omettendo di registrarne la
movimentazionenei registri di carico e scarico con l’intento di evadere l’Iva.
Non solo. L’impresa avrebbe smaltito fanghi, rifiuti e liquami ricoprendoli con asfalto o cemento
all’interno dell’azienda stessa oppure disperdendoli nelle discariche abusive di contrada Macconi e
contrada Fortura, tra Acate e Vittoria. Impossibile quantificare il danno ambientale ai
danni della collettività; ingenti, invece, erano di certo le somme che risparmiavano
smaltendo così i rifiuti, che, secondo la normativa, sarebbero destinati a centri
autorizzati.
Raffaele e
Giovanni Donzelli, figlio e padre titolari della Sidi, insieme ad Andrea Marcellino, Francesco Farruggia
e Giovanni Longo, e con la collaborazione di Luciano Pazzoni della B&P Recycling, con
sede a San Daniele Po, avrebbero fatto in modo che il conferimento della plastica dismessa dalle serra avvenisse
senza comparire nei modelli unici
di dichiarazione ambientale (Mud) e pagandola in contanti per impedirne la la
tracciabilità. La conferma arriva da alcune intercettazioni. Il 24 novembre
2014, Pazzoni – per il quale la gip Maria Ivana Cardillo non ha accolto la richiesta di misura cautelare – e Giovanni Donzelli commentano la fortuna avuta durante un controllo della guardia di finanza su un autotreno carico di plastica inviato dalla Sidi e sul quale,
solo per una casualità, non erano state riscontrate gravi irregolarità. «Non è successo niente, ma è andata di culo», dice Pazzoni. Che poi, preoccupato, insiste sulla
necessità di allegare ai successivi carichi il formulario per l’identificazione dei rifiuti.
Da altre conversazioni si evince, invece, la scarsa qualità dei rifiuti venduti dalla Sidi alla
B&P, a causa della presenza di agenti inquinanti e tossici, fatto questo che determinava le
lamentele dei dipendenti di entrambe le imprese. Il 24 dicembre 2014, ad esempio, in una
intercettazione si sente Pazzoni consigliare a Giovanni Donzelli di occultare la cattiva
qualità del prodotto miscelandolo con rifiuti plastici di migliore qualità dato che il carico da poco ricevuto sarebbe stato «una schifezza».
«Quella roba lì non la vuole nessuno», avverte Pazzoni, precisando che il patron della B&P Recycling srl gli aveva ordinato di «far sparire quella roba davanti agli occhi suoi». Proseguendo nella
conversazione, Donzelli si chiede a chi avrebbe potuto vendere il prodotto, ma Pazzoni
replica che, pur a fronte di un prezzo irrisorio nessuno lo avrebbe acquistato, trattandosi di
materiale da sottoporre a ulteriore lavaggio. L’imprenditore lombardo aggiunge inoltre che i suoi operai si erano rifiutati di
miscelarlo con altre forniture di plastica.
Chiusa la parentesi B&P, i Donzelli avrebbero allacciato contatti con la Campania: la plastica inizia a viaggiare verso
la Napoletana Plastica di Mario Ferri e le società a essa
collegate. Cambia la regione e cambiano i clienti, ma non le modalità di circolazione dei
rifiuti plastici forniti dalla Sidi e dalla Macplast. I pagamenti sempre in nero veninvano effettuati con soldi, anche decine di migliaia
di euro, che potevano arrivare a Vittoria in busta chiusa su aerei o tramite i camionisti di
ritorno dopo avere scaricato la merce. In un’occasione, Andrea Marcellino
chiedeva se non fosse rischioso trasportare tanto denaro contante in aereo, ma Raffaele
Donzelli lo rassicurava evidenziando che si trattava solo di diecimila euro, cifra che poteva
distribuire tra le tasche della giacca. «A cento euro, a dieci euro… io me li divido
addosso… sperando che u Signurnzzu me la mandi buona».
Ancora più chiaro risulta il contenuto di alcune conversazioni registrate fra maggio e
giugno 2015. Gli indagati si organizzano per fare sparire rifiuti definiti «fitinzia». In particolare, il 20 maggio alla Sidi la tensione è alta: è in programma un’ispezione propedeutica al rilascio di un’autorizzazione. I Donzelli decidono di nascondere i rifiuti sotto finti terrapieni e colate di cemento.
Ad aiutarli, tra gli altri, ci sono Giovanni Longo, autotrasportatore fornito di mezzi
meccanici per il movimento terra e camion per il trasferimento dei rifiuti ingombranti, e
Francesco Farruggia. «Dobbiamo pulire e buttiamo tutto
nel terreno, dall’altra parte», dice Donzelli. Per poi chiarire le idee a Farruggia, che gli chiede in quale punto preciso: «Là, spingiamo un metro, quello che c’è da fare, ci buttiamo terra di sopra, quello che
c’è da fare facciamo, dobbiamo pulire qua, per dare l’autorizzazione dobbiamo pulire».
E così è. La mattina del 27 maggio nel piazzale della Sidi si scava con potenti ruspe. Di
pomeriggio arrivano anche i Trubia, la longa manus in territorio nisseno del gruppo di Carbonaro aiuta a
caricare rifiuti metallici a bordo di un mezzo pesante. Due giorni dopo, Donzelli invita un operaio a «mettere una patina dì cemento in modo che non si vede tutta
la parte nera».
Lo smaltimento ilIecito dei rifiuti derivanti dall’attività delle imprese dei Donzelli non
avveniva, tuttavia, esclusivamente attraverso l’interramento.
La famiglia, infatti, aveva individuato un terreno del fidato Giovanni Longo da destinare,
formalmente, ad attività di bonifica e rimodellamento finalizzato all’impianto di colture
agricole, ma in realtà da utilizzare per lo sversamento dei fanghi prodotti
dal lavaggio della plastica. Fanghi tossici, inquinati da
fitofarmaci, pesticidi ed altri prodotti nocivi.
In una occasione, un mezzo pesante è stato sequestrato
dalla procura perché il materiale fangoso che trasportava era
un rifiuto da conferire in discarica. Di tale sequestro Longo informa subito Raffaele
Donzelli, il quale, pur mostrandosi interessato all’esito delle analisi efffettuate dall’Arpa
e al dissequestro del mezzo, preso dalla impellente necessità di occultare altri rifiuti chiede all’uomo di continuare l’attività. Lo smaltimento, quindi,
procede come se nulla fosse e il 30 aprile 2016 la polizia di Vittoria fa scattare la denuncia
nei confronti del titolare della Sidi. In seguito ai controlli si scoprirà che erano stati sversati tremila metri cubi di materiale. A proposito di questi sversamenti il questore di Ragusa Salvatore La Rosa, in conferenza stampa, ha sottolineato che non ci sono pericoli per la salute pubblica.