Tra i nomi di punta del blitz Cursor c'è quello di un presunto trafficante molto noto alle forze dell'ordine. In un bar nel quartiere Pigno in passato vennero immortalati diversi summit interprovinciali. E non mancavano i finti momenti conviviali
Gli affari con la cocaina di Giuseppe Costa Cardone Broker all’ombra della famiglia Santapaola-Ercolano
I carabinieri lo hanno definito «il principale trafficante» nell’inchiesta Cursor. Ma dietro il nome di Giuseppe Costa Cardone c’è molto di più. Dai vecchi problemi con la giustizia – inchiesta Risiko del 2004 – all’ombra di essere «intraneo alla famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano». In un bar, gestito da una cugina lungo la stradale Gelso Bianco, nel 2016 sono stati immortalati dalle forze dell’ordine i suoi incontri con alcuni esponenti di spicco della mafia ennese. Pochi metri più avanti, sempre nello stesso anno, si era tenuta pure una riunione interprovinciale di mafia alla vecchia maniera, con i padrini arrivati da ogni angolo della Sicilia per guardarsi negli occhi. Costa Cardone anche in quella occasione era presente. Tanti tasselli sparsi da mettere insieme attraverso diverse inchieste, come l’indagine Kaulonia, in cui l’uomo non era finito tra gli indagati nonostante i tanti rimandi al suo nome.
L’ultima accusa nei confronti di Costa Cardone, che da giovedì si trova in carcere, è quella di essersi occupato dei rifornimenti di cocaina per inondare di polvere bianca Caltagirone. La procura, diretta da Giuseppe Verzera, gli addebita il reato di traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, ma non quello di associazione mafiosa.
Il suo sarebbe stato un modus operandi collaudato, basato sulla riscossione anticipata delle somme di denaro destinate all’acquisto di droga. Poi, dopo uno o due giorni, la cocaina finiva nelle mani degli acquirenti. Costa Cardone avrebbe cercato in tutti i modi di sfuggire alla rete di microspie piazzate dai militari, lo scrive a più riprese il giudice per le indagini preliminari nelle 238 pagine di ordinanza. Il suo telefono infatti spesso rimaneva muto senza però precludersi le comunicazioni. L’8 maggio 2018 i carabinieri annotano un messaggio inviato dal numero di Salvatore Celano a uno degli acquirenti calatini. Tre giorni dopo, sempre dallo stesso numero, una chiamata annunciava l’imminenza di uno spostamento del presunto broker in direzione Caltagirone. In entrambi i casi la regia sarebbe stata sempre quella di Costa Cardone.
Gli affari del 48enne passavano anche attraverso finti momenti conviviali. Tra i messaggi finiti agli atti dell’inchiesta c’è l’invito, sempre al presunto acquirente calatino, di «vedersi per mangiare una pizza stasera» o quello «per andare a ballare domani». Ma l’unico vero sottofondo sarebbe stato quello della cocaina: «Con questo messaggio – ricostruiscono i carabinieri – il catanese comunicava agli acquirenti la sua intenzione di ottenere il pagamento dello stupefacente, per poi consegnarlo il giorno seguente».
Nella lunga sequenza di viaggi, incontri e cessioni di droga ci sono anche i nomi due persone che avrebbero fatto parte della sua rete illecita. Uno è proprio Celano, pasticcere nel bar della cugina, e l’altro è Giovanni Carmelo Cosenza, figlio del titolare dell’attività commerciale (i due parenti indicati non sono coinvolti, ndr). Celano, come appurato da MeridioNews, compare nella lista delle persone indagate, mentre per Cosenza il gip ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il 13 giugno 2018 i carabinieri lo fotografano come autista di Costa Cardone durante uno spostamento a Caltagirone. L’incontro è quello con i soliti acquirenti della città della ceramica interessati, secondo la ricostruzione dei carabinieri, all’ennesima partita di cocaina.