I tempi non saranno rapidi come inizialmente qualcuno dava quasi per scontato. Potrebbe passare anche una decina di giorni prima che la squadra di governo del neosindaco di Catania Salvo Pogliese si componga di tutti i suoi effettivi. E il ragionamento che pare concretizzarsi di ora in ora vede gli equilibri tra forze politiche prendere forma non soltanto sulla base del responso delle urne e del rapporto fra aspirazioni e poltrone regolato da logiche strettamente cittadine. La partita di Catania pesa tanto, anche e soprattutto, su scenari regionali e sovracomunali. Con un postulato: chi oggi rinuncia ai tre punti, domani potrebbe giocarsi match ancor più ghiotti. C’è Palermo che chiama alle compensazioni delle spinte centrifughe della maggioranza di Nello Musumeci, ma anche l’ammaliante sirena delle Provinciali che sarebbe sempre più vicina. In autunno, e con la scheda elettorale restituita ai cittadini, Corte costituzionale permettendo. Ecco perché oggi potrebbero esserci partiti pronti al passo indietro su assessorati e sottogoverno catanese, in previsione di posti al sole a più lunga conservazione come la presidenza dell’ex Provincia ritrovata.
Quattro assessori, intanto, sono pronti per mettersi a lavoro, e potrebbero farlo anche formalmente prima degli altri: il vicesindaco in pectore Roberto Bonaccorsi, il fedelissimo Sergio Parisi, il leghista Fabio Cantarella – per lui le deleghe a Urbanistica e Sicurezza – e Ludovico Balsamo per Fratelli d’Italia. Il leader etneo di quest’ultimo partito, Manlio Messina, ieri ha voluto calmare le acque: la scelta di Balsamo non è in discussione, con buona pace di voci che vorrebbero, invece, il coordinatore regionale FdI in prima linea: «Ritengo che un partito che vuole crescere debba dare spazio alle sue forze migliori. Ecco perché questa mia convinta scelta di non avere ruoli in amministrazione». Chi invece ne vorrebbe affolla le fila delle altre parti del centrodestra. In Forza Italia l’imperativo pare essere quello di evitare la resa dei conti fra componenti rimaste in gran parte insoddisfatte. Anche per questo prende quota la nomination assessoriale di Graziana Scalia, prima dei non eletti azzurra, vicina a Dario Daidone, uno dei grandi delusi dalle ultime Regionali. Due piccioni con una fava per Pogliese: si riempirebbe una casella della Giunta che dovrà comunque assegnarsi a una donna, ricompattando il primo pilastro della maggioranza. L’idea costerebbe la ritirata al coordinatore Fi locale Pippo Arcidiacono e, soprattutto, all’alfaniano Massimo Pesce. L’ex assessore di Stancanelli, a quel punto, avrebbe il ristoro reclamato – forte com’è di ben due consiglieri neoeletti sotto la sua ala – soltanto più avanti.
Alla finestra, poi, restano anche le vittime dello sbarramento: l’Udc e Catania in azione. Senza rappresentanti a Palazzo degli elefanti, ma ancora ottimisti sulle ipotesi di una poltrona in giunta. In pole ci sono sempre Alessandro Porto e Carmelo Coppolino, con sorprese dietro l’angolo possibili specie per il gioco delle quote rosa da soddisfare. La retromarcia, invece, sembra averla già ingranata Diventerà bellissima. Non ci sono i numeri, e tutti ne hanno preso coscienza, per l’operazione accarezzata nei giorni scorsi: la presidenza del Consiglio al rientrante in aula Manfredi Zammataro. Il movimento del governatore Musumeci, ad oggi, sembra avere l’intenzione di volare basso, anche per non compromettere nomine in zona società partecipate molto più alla portata. Per il successore di Francesca Raciti, così, gli occhi restano puntati su Andrea Barresi. Sebbene sarebbero sempre forti, nella coalizione, gli umori che tendono a ricercare una figura dal profilo più istituzionale.
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