La situazione politico-finanziaria del Comune ionico appare sempre più come un verminaio. Il sindaco ha denunciato il furto della sua agenda e dell'iPad e il lancio di una cartuccia con proiettili nel suo ufficio. Ma a tenere banco è il debito da undici milioni. «Dovevo accorgermi io che negli ultimi dieci anni si pagavano servizi inutili?», dice
Giarre, la verità del sindaco Roberto Bonaccorsi Dissesto, intimidazioni, strani furti e lotte intestine
Intimidazioni, furti, sospetti, documenti sulla situazione debitoria del Comune protocollati ma inesistenti. E lo spettro, sempre più concreto, del dissesto. La situazione politica e finanziaria di Giarre che emerge dagli ultimi eventi e dal comizio di ieri sera del sindaco Roberto Bonaccorsi appare sempre più un verminaio difficile da districare. Il primo cittadino è tornato in piazza, per la prima volta da quando è stato eletto due anni fa, per spiegare ai cittadini, numerosi ad ascoltarlo, la sua verità. Condita anche dall’annuncio di non volersi ricandidare a fine mandato e da un aneddoto inquietante: «Poco dopo il mio insediamento il 20 novembre – racconta -, mentre ero nel mio ufficio privato, qualcuno ha lanciato una cartuccia carica di proiettili nel mio giardino. Ovviamente ho denunciato tutto ai carabinieri. Probabilmente per molti sono un personaggio scomodo».
Ma a tenere banco, nell’ora abbondante di discorso di Bonaccorsi, è stato il debito milionario, circa undici milioni di euro, accumulato dal Comune a partire dal 2004, ma emerso solo nelle ultime settimane. A maggio il dirigente del servizio finanziario, Letterio Lipari, ha pubblicamente annunciato l’ammontare del buco. La cifra in questione sarebbe emersa in seguito a ulteriori controlli, effettuati dopo una prima verifica che aveva fatto emergere un debito di circa quattro milioni. Un recente episodio riguarda ancora Lipari, dirigente che da anni gestisce i conti del Comune e che, già in campagna elettorale, fu al centro di pesanti critiche trasversali per il suo operato. Dopo la prima relazione in cui ipotizzava il dissesto qualora non si fossero prese decisioni adeguate, il dirigente ha scritto una seconda nota, in risposta all’atto di indirizzo della giunta.
Questa nota è stata protocollata l’8 giugno, senza però allegare nessun documento. La relazione è invece arrivata via pec ai consiglieri e al sindaco solo tre giorni dopo, l’11 giugno, proprio durante il consiglio comunale. Il sindaco Bonaccorsi si sarebbe accorto dell’episodio solo fortuitamente e ha denunciato il tutto alla guardia di finanza di Riposto. Il sospetto è che volutamente gli organi politici siano stati messi a conoscenza in ritardo del nuovo documento, in cui Lipari ribadisce, ancor più convintamente, la necessità di aprire la procedura di dissesto. Al di là degli aspetti tecnici, sullo sfondo si consuma una doppia battaglia: da un lato di natura politica tra il sindaco e Articolo 4, che a Giarre in pochi mesi è diventato il gruppo più numeroso grazie alla migrazione di diversi consiglieri e che si è schierato all’opposizione. Dall’altra quella personale tra lo stesso dirigente Lipari e Bonaccorsi che, da quando si è insediato, ha preso in mano in prima persona la gestione economica, essendo anche assessore al Bilancio.
Durante il lungo comizio, il primo cittadino ha raccontato pure di aver subito il furto della sua agenda e dell’iPad in Comune, mentre due non identificati consiglieri comunali avrebbero falsificato alcune schede e ancora siederebbero in consiglio esercitando il proprio ruolo istituzionale. Nonostante tutto il sindaco chiarisce di non volersi dimettere, anche se anticipa che la sua avventura politica si concluderà a fine mandato. E, a questo proposito, invita i cittadini «a non fidarsi di coloro che trasformano il proprio mandato in una professione, protraendolo per 20-30 anni. A due anni dal mio insediamento – sottolinea Bonaccorsi – abbiamo approvato alcune iniziative che probabilmente a diversi hanno fatto storcere il naso, come la rimodulazione della burocrazia e la ridistribuzione delle competenze tra i dipendenti, mentre il consiglio comunale ha approvato il divieto alla realizzazione di nuove aree residenziali».
Tornando al debito, il sindaco si interroga: «Continuo a non capire com’è possibile che all’improvviso tutto sia venuto fuori. In passato, tre o quattro anni fa, sono stati acquistati software per somme abbondantemente sopra i 300mila euro, eppure nella pratica non sono mai stati usati e nessuno sapeva nemmeno della loro presenza. Ho già provveduto alla denuncia di questo e altri episodi simili alla magistratura, alla guardia di finanza e all’Anticorruzione». Tra le spese non chiare ci sono quelle della telefonia. «Sono stati assegnati circa otto milioni di euro con affidamenti diretti e senza gara d’appalto alla Telecom per fare attività senza che nessuno di voi sapesse nulla e senza gara, e quindi in assenza di evidenza pubblica – dice ai cittadini -. Due potenziali portatori d’interesse hanno deciso di denunciarci presentando ricorso e chiedendoci i danni. Perché dovevo accorgermi io di queste cose? Abbiamo fatto una verifica dei servizi fatturatici ma che non venivano poi mai erogati e quindi siamo riusciti a farci fare una nota credito da 530mila euro. Dovevo accorgermi io che negli ultimi dieci anni la città pagava servizi che non servivano?».
Lo stesso sindaco chiede «un’ispezione ministeriale, personalmente non ho nulla da nascondere. Aspetto a braccia aperte i commissari, che vengano a controllare uno per uno tutti questi documenti». E parla apertamente di dissesto. «L’attività che potrebbe portarci al dissesto deve essere il frutto di un’analisi oggettiva dei fatti e non di attività politica. Non tifo né per l’una né per l’altra ipotesi, se i numeri ci dicono che non siamo capaci di sostenere le spese vorrà dire che chiederemo il dissesto, altrimenti no».