Gela, «l’accordo con l’Eni viola le norme sulla concorrenza»

«Un accordo ricco di contraddizioni dove viene tracciata una sostenibilità farlocca della bio-raffineria». E’ il giudizio contenuto in una analisi del movimento No Triv sull’intesa firmata dal residente dell regione siciliana con l’Eni e con l’Assomineraria. Nel documento si evidenzia chiaramente come questo accordo sia anche in contrasto con le norme Us sulla libera concorrenza che non ammettono favoritismi nei confronti di questa o di quell’impresa. Sul primo punto i No Triv vanno dritto al cuore del problema: «Secondo l’intesa, il mantenimento dei livelli occupazionali nello stabilimento di Gela, la difesa del know-how delle maestranze e la rivitalizzazione dell’indotto son tutte cose che passano attraverso la creazione di un nuovo polo della chimica verde che in Sicilia dovrebbe il suo punto di forza nella produzione sostenibile di biocarburanti derivati dalla lavorazione dell’olio di palma». E, prosegue il documento, «sarà sufficiente qui ricordare come l’olio di palma venga procacciato mediante la pratica selvaggia del land grabbing, inglesismo che indica l’accaparramento selvaggio, da parte di pochi, di terreni agricoli nei Paesi in via di sviluppo. Con il protocollo si intende dunque arginare situazioni di crisi e depauperamento industriale creando nuova povertà e mettendo in pericolo il diritto al cibo delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo africani». 

Eni chiede alla Regione Sicilia di dare piena e immediata attuazione agli impegni. Impegni assunti da chi?Esclusivamente dal presidente Crocetta, senza aver preliminarmente coinvolto, per richiederne mandato, l’Assemblea Regionale Siciliana

Da non sottovalutare inoltre che l’incremento delle attività di perforazione e quindi di coltivazione, «qualora sciaguratamente dovessero andare in porto, comporterebbe un enorme aumento esponenziale delle connesse attività di raffinazione, di trattamento reflui delle cosiddette acque di strato, nonché dei pozzi di stoccaggio. Attività che se rappresentano da un lato costi notevoli per la compagnia proponente, d’altro canto rappresentano occasione di enormi profitti sul versante delle attività di trattamento chimico biologico ed essiccazione, da aggiungere ai fanghi dei rifiuti speciali provenienti da fuori regione».

Tutti si chiedono dove verranno trasportati i rifiuti speciali derivanti dal ciclo estrattivo (e non solo). «La mappa degli impianti di trattamento non esclude Gela. Il derivato essiccat,- scrivono i No Triv-  alimenta spaventose discariche speciali. Altro che green energy per la Sicilia». Ma non sono gli unici aspetti critici dell’intesa. «Ragionando in punta di diritto, non si è lontani dal vero se si afferma – osservano i No Triv – che talune previsioni dell’accordo costituiscono una palese violazione della normativa che tutela la libera concorrenza all’interno dei Paesi della Ue». Infatti, si chiede alla Regione di procedere alla semplificazione dei procedimenti amministrativi (dunque di impegnarsi a modificare la legge regionale 14 del 2000), ma si rivendica anche il diritto di esercitare quelle attività in regime di sostanziale monopolio (o oligopolio), posto che nel protocollo si legge chiaramente che le attività petrolifere saranno esercitate direttamente da Eni (o da società riconducibili ad Eni) ovvero da società aventi la sede legale nel territorio siciliano.

«Appare evidente che si è di fronte ad un accordo restrittivo della concorrenza, come tale vietato dall’Unione europea. D’altra parte, la direttiva 94/22/CE, che disciplina la materia, prescrive agli Stati membri di garantire che non vi siano discriminazioni tra le società petrolifere per quanto riguarda l’accesso alle attività; e dispone che la superficie di ciascuna area data in concessione debba essere determinata in modo da non eccedere quanto giustificato dall’esercizio ottimale delle attività medesime sotto il profilo tecnico ed economico». Analogamente la Regione Siciliana (e neppure quella lucana o, prossimamente, anche sarda) non può sottoscrivere intese, protocolli o accordi che impongano discriminazioni tra soggetti economici in virtù del loro tasso di italianità o sicilianità. 

Assomineraria ed Eni, dunque, «non possono richiedere che lo Stato e le amministrazioni territoriali sciolgano lacci e lacciuoli e, contemporaneamente, che lo stesso Stato e la Regione Siciliana creino corsie ad hoc ad uso e consumo di alcuni e a detrimento di altri». Eni chiede, quindi, alla Regione Sicilia di «dare piena e immediata attuazione agli impegni assunti». Ma impegni assunti da chi? «Esclusivamente dal presidente Crocetta- si legge sul documento dei No Triv – senza aver preliminarmente coinvolto, per richiederne mandato, l’Assemblea regionale siciliana (organo della Regione che dispone di personalità giuridica, regolamenti autonomi, un proprio bilancio ed un proprio personale, distinti da quelli della Giunta regionale). «Alla luce di quanto detto sopra, come si può pretendere che l’Ars, preliminarmente esautorata nella formulazione del protocollo, oggi possa assumere l’impegno ad “intraprendere ogni utile iniziativa di collaborazione e semplificazione amministrativa?», chiedono i membri dei comitati.  


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