Le avevano sequestrato la merce, circa 250mila articoli senza le dovute certificazioni, un anno fa. Dopo i necessari tempi tecnici, è arrivato l’ordine di confisca e distruzione. Così l’altro ieri gli uomini delle fiamme gialle sono andati alla zona industriale, con l’obiettivo di recuperare gli oggetti sequestrati dal capannone all’interno del quale erano custoditi. Ma hanno trovato solo scatoloni vuoti e sigilli rotti. Alla minaccia dell’arresto, però, Y. Z., 41enne cinese, avrebbe tirato fuori dalla tasca una mazzetta da duemila euro e l’ha offerta ai finanzieri. «Pregandoli», precisano i militari, di desistere dal proseguire le operazioni.
Era aprile 2014 quando, dopo il sequestro della gdf, era partito l’iter amministrativo per la definitiva confisca e la distruzione della merce. In prevalenza giocattoli ed elettrodomestici a basso voltaggio. Centinaia di migliaia di articoli che erano stati sigillati all’interno degli scatoloni e dei quali era vietata la vendita. Ma, secondo gli inquirenti, la proprietaria – che è anche titolare di un negozio di oggettistica cinese in via Giordano Bruno, nella zona di piazza Carlo Alberto – avrebbe svuotato le scatole dal loro contenuto. Che forse è già stato messo in vendita.
Ma la sottrazione di merce sequestrata e la rottura dei sigilli sono reati per i quali si rischia l’arresto. Quando i due uomini delle forze dell’ordine hanno provato a procedere, la donna avrebbe risposto con le banconote. Un modo per convincerli a non continuare, secondo gli investigatori, che l’hanno arrestata con l’accusa di istigazione alla corruzione. Adesso i duemila euro sono stati sequestrati, e lei si trova nel carcere di piazza Lanza. Ma a finire in mezzo all’operazione c’è anche un altro cittadino cinese, gestore del magazzino dove era tenuta la merce sequestrata in attesa della confisca. Lui avrebbe avuto il compito di vigilare affinché tutto restasse com’era. Ma non l’avrebbe assolto. È stato denunciato per favoreggiamento.
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