Gasolio, sigilli al più grande deposito della Sicilia Cento indagati, truffa da 25 milioni in due anni

Una truffa gigantesca – pari a 25 milioni di euro in appena due anni – che ruotava attorno al commercio di gasolio di contrabbando. Secondo gli investigatori del nucleo di polizia tributaria di Trapani in collaborazione con i funzionari dell’agenzia delle dogane, sarebbe partito tutto dal più importante deposito di carburanti della Sicilia: quello della Pinta Zottolo di Mazara del Vallo, i cui silos, capaci di contenere circa quattro milioni di litri di oli minerali, sono finiti sotto sequestro

Oltre cento gli indagati, tra cui Ignazio Giacalone, ex sindaco di Mazara e presidente del cda della società; cinque le persone agli arresti domiciliari, su disposizione del gip di Marsala: il responsabile della Pinta Zottolo, Nunzio Santi Villari; quello della ditta Messana Saverio srl, Vincenzo Messana; i catanesi Eugenio Barbarino e Alessandro Tirenti, e il palermitano Giuseppe Lo Presti. Questi ultimi tre sono rappresentanti di aziende che avrebbero spacciato al dettaglio il gasolio denaturato. 

Per capire il meccanismo alla base della presunta truffa, è bene ricordare la differenza, a livello fiscale, tra il gasolio per autotrazione (quello usato normalmente da tutti i cittadini per far muovere le auto) e quello denaturato, destinato a usi agricoli o per la pesca (da carburante per mezzi meccanici come i trattori, al riscaldamento delle serre). «Nei normali distributori un litro di gasolio costa 1,30 euro – spiega il maggiore Michele Ciarla, che ha guidato le indagini -, su questa somma 62 centesimi sono di accisa e 23 centesimi di Iva (aliquota al 22 per cento). In totale 85 centesimi di tasse. Su un litro di gasolio denaturato, invece, lo Stato riconosce forti sconti: si pagano 13,5 centesimi di accisa e 4 di Iva. Una differenza di 67 centesimi a litro». In sostanza la Pinta Zottolo è accusata di vendere sulla carta il carburante denaturato, e godere quindi degli sconti fiscali, ma in realtà di commercializzare il gasolio tradizionale, che sarebbe stato poi rivenduto al dettaglio. Un giro di affari che in due anni avrebbe portato al contrabbando di 40 milioni di litri di gasolio, per un imposta evasa pari a circa 25 milioni di euro tra Iva e accise. «Così facendo – sottolineano le Fiamme Gialle – la società ha aumentato esponenzialmente il proprio volume d’affari, acquisendo un ruolo di supremazia sul mercato dei carburanti».

Per far diventare il gasolio denaturato è obbligatorio aggiungere al carburante il colorante, che trasforma il liquido da giallo in blu, e una sostanza tracciante, per consentire a chi esegue i controlli di verificarne la natura. «La Pinta Zottolo – spiega Ciarla – nel rapporto che ogni giorno era obbligata a presentare per legge all’Agenzia della dogane, dichiarava di aver denaturato una quantità di gasolio, risultata falsa dai nostri controlli. Grazie alle telecamere piazzate all’interno del deposito, abbiamo rivelato che quei numeri erano solo sulla carta, e che invece i camion caricavano sempre il gasolio standard per autotrazione».

A questo punto sarebbero entrati in gioco molti intermediari. Il carburante denaturato infatti può essere venduto direttamente agli utilizzatori finali (agricoltori e pescatori), ma in larga parte viene acquistato da depositi più piccoli che poi lo smerciano al dettaglio. Secondo gli inquirenti sarebbero due i principali destinatari del carburante della Pinta Zottolo: da una parte la Messana Saverio Srl di Alcamo che, consapevole della truffa in atto, ne avrebbe acquistato importanti quantitativi; dall’altra un consorzio agrario interprovinciale di Messina e Catania. Quest’ultimo, però, sarebbe stato all’oscuro del meccanismo fraudolento. Anzi, la gran parte del gasolio che, sulle carte della Pinta Zottolo, risultava venduto al consorzio, in realtà non sarebbe mai arrivato a destinazione. Per questo l’ente è stato definito dagli investigatori «il cimitero dei documenti di trasporto e delle fatture». Tra i cento indagati ci sono anche molti autisti delle autocisterne e i titolari di depositi con ruoli secondari. A Ignazio Giacalone viene contestata una responsabilità oggettiva, in quanto presidente del consiglio di amministrazione della Pinta Zottolo, ma non avrebbe responsabilità dirette nella truffa. 

In totale le Fiamme gialle hanno sequestrato beni per oltre 40 milioni di euro, tra cui le due principali società coinvolte: la Pinta Zottolo e la Messana Saverio. Secondo la Guardia di finanza l’apposizione dei sigilli ai silos del deposito di Mazara del Vallo non comporterà disagi nell’approvvigionamento di gasolio, ma solo un aumento dei prezzi del carburante per chi era solito acquistarlo di contrabbando. 


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