Gli episodi criminali contro la struttura fondata dal beato Padre Pino Puglisi continuano senza sosta. Il presidente si sente abbandonato da Comune e Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali: «Non stiamo pensando di mollare, è già deciso. Entro la settimana prossima sarà tutto smantellato»
Furti al Centro Padre Nostro, chiusa pagoda Al Bab Artale: «Solo passerelle dalle istituzioni, siamo soli»
«Non possiamo continuare a lottare contro i mulini a vento. Che uno abbia come nemici giurati quelli che stanno dall’altra parte ci va anche bene: loro rubano e noi ricompriamo, loro rompono e noi ripariamo. Ma non possiamo continuare a fare guerra alle istituzioni, è un controsenso in termini, qualcosa di inconcepibile». Si sfoga Maurizio Artale, presidente del Centro Padre Nostro fondato dal beato Padre Pino Puglisi. La notte del 27 luglio, infatti, i «soliti noti», come li definisce lui, si sono introdotti in una delle sedi decentrate della struttura, la Pagoda Al Bab, scassinandone una finestra e una porta, sottraendo importanti attrezzi dalla struttura. «Non stiamo pensando di chiudere, lo stiamo proprio facendo, è deciso. Entro la settimana prossima sarà tutto smantellato» dice categorico il presidente.
A complicare ulteriormente la situazione è anche l’atteggiamento definito «ambiguo» da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo che tarda a rilasciare dei nulla osta al Centro, fondamentali per sfruttare e riqualificare con attività e progetti alcune aree. «Questo si chiama semplice esercizio del potere: tu sei un cittadino, un subalterno e non servi a niente. Sembra quasi che le istituzioni applichino la teoria predicata dal conte Tacchia nel celebre film di Sergio Corbucci» ironizza amaro Artale, che prosegue: «Purtroppo mantenere la sede ci costa. Non potevamo fare più di quanto abbiamo fatto in questi cinque anni: abbiamo speso soldi, tempo ed energie, subendo furti continui, senza alcuna tutela da parte delle istituzioni, che però sono sempre presenti per le inaugurazioni, dal sindaco Leoluca Orlando al vice Emilio Arcuri e all’assessora Agnese Ciulla. A fare le passerelle sono bravi tutti, però poi siamo soli». «Noi ci stiamo piegando perché purtroppo ogni tanto è necessario – spiega ancora il presidente – Purtroppo ci sono cose che non si possono portare avanti, bisogna rendersene conto». Artale racconta, poi, di avere formalmente denunciato Soprindentenza e Comune: il primo ente sarebbe colpevole di non aver dato le risposte necessarie, il secondo di non averle pretese come imposto dalla legge. «In una terra come la Sicilia e in una città come Palermo queste cose non dovrebbero proprio accadere, non dovrebbero nemmeno pensarsi». MeridioNews ha cercato di mettersi in contatto con le istituzioni interessate, ma non è stato possibile ricevere risposte sia dall’assessora alle Attività produttive Giovanna Marano, impegnata in un tavolo tecnico fuori città che dalla soprintendente Maria Elena Volpes.
Il Centro del beato Puglisi, intanto, ha avviato un dialogo concreto con il vescovo Corrado Lorefice, sensibile ai problemi manifestati dal presidente e dai volontari. «Abbiamo pensato a lui come tramite per un possibile confronto con il Comune, ma questa idea deve partire da lui – dice Artale – Bisogna prendere coscienza di quello che è Palermo. Questi politici purtroppo vivono in un altro emisfero, il sindaco fa protocolli d’intesa con la Turchia, con la Nuova Zelanda, con Berlino, ma perché non rivolge lo sguardo alla sua città e prova a rendersi conto dei problemi reali? Perché non aiuta le persone e gli enti che possono dare il loro contributo?». «Orlando ha scelto le sue battaglie, scartandone però moltissime altre. E le ha scelte in base a quella fetta di cittadini che potevano garantirgli un riscontro in termini di voto, logiche nelle quali noi non rientriamo». Secondo il presidente Artale quello che serve è un canale di comunicazione privilegiato con le istituzioni: «Dovrebbero fare la loro parte. Ma l’unica cosa che dimostrano di saper fare è gestire il proprio potere e la propria poltrona».