Formazione professionale con i ‘buchi’

Nella vita Francesco Menallo fa l’avvocato. Ma da tanti anni si occupa anche di formazione professionale. In questo settore ne ha viste di cotte e di crude. Alla fine, una delle persone adatte per provare a farci spiegare che cosa è cambiato, in questo mondo, da quando sulla ‘plancia di comando’ è salito Mario Centorrino, economista e docente universitario.

– Avvocato Menallo, lei si occupa da anni di formazione professionale in Sicilia. Secondo lei con il governo Lombardo e con l’assessore Centorrino cosa è cambiato rispetto al passato?

“Abbiamo sperimentato l’antimateria, i buchi neri, tutto ciò che hanno sfiorato è stato devastato… credo che l’attuale gestione della formazione professionale siciliana rappresenti il più potente diserbante naturale che quella fucina di pesticidi che sono stati i governi regionali degli ultimi 30 anni abbia mai espresso”.

– Insomma da queste prima battute non si sembra che il suo sia un giudizio lusinghiero…

“Il settore della formazione andava riformato, riqualificato, razionalizzato e sviluppato. E stato distrutto perché se ne potessero impossessare pochi noti e perché alcune imprese – individuali ed in forma societaria – drenassero i finanziamenti comunitari senza neanche rendere il conto”.

– Ci sono degenerazioni nel settore, soprattutto nel cosiddetto accreditamento degli enti?

“Certo, quando da 49 enti accreditati, con i requisiti di legge per essere ammessi a finanziamento (non avere fine di lucro, esistere dal 1975, avere strutture, attrezzature e personale adeguato, nonché esperienza almeno triennale nel settore) si passa a mille e seicento soggetti – dico mille e seicento! – cosa si liberalizza? I contributi pubblici? La concorrenza si fa mettendosi in fila ad Alcamo o a Messina? Torino dà punteggio?”.

– Il suo sembra un riferimento all’onorevole Nino Papania di Alcamo, Pd, all’onorevole Francantonio Genovese, sempre Pd, e a Ludovico Albert, dirigente generale del dipartimento regionale della Formazione professionale.

“E infatti è un preciso riferimento a questi tre personaggi. E’ un riferimento a una certa politica e a una certa amministrazione regionale”.

– D’accordo, ma il messaggio qual è?

“Il messaggio è il seguente: la discrezionalità, nell’amministrazione della cosa pubblica, non può scadere nell’arbitrio. Se ciò avviene, si viola la legge”.

– Cosa è avvenuto di preciso?

“Cosa è avvenuto e cosa continua ad avvenire, semmai. E’ avvenuto e avviene che norme vigenti vengono cambiate con semplici provvedimenti amministrativi. Ora, un provvedimento amministrativo non può sostituirsi a una legge. E c’è di più”.

– Ovvero?

“Il dirigente Ludovico Albert va dicendo in giro che la legge regionale numero 24 è incostituzionale. Una legge che esiste dal 1976 in costituzionale: vi sembra serio? E, in ogni caso, è il dottore Albert che deve stabilire se una legge è incostituzionale?. Sa cosa penso quando penso a tutte queste cose?”.

– Cosa pensa?

“Che questi signori fanno quello che vogliono”.

– Sappiamo che lei ha presentato due esposti alla magistratura. Ci può spiegare il perché?

“Non ho presentato due esposti: ne ho presentati molti di più. Non vi posso spiegare il perché, ne parleremo quando e se approderanno a dibattimento. Aggiungo che, se così non sarà, vorrà dire che questo è diventato un Paese da lasciare subito, perché le violazioni sono così marchiane che non possono restare impunite. Ci sono migliaia di famiglie alla mercè degli usurai, un sistema formativo allo sbando, non migliorato, non emendato, ma solo bloccato in attesa che muoia per spartirsene le vesti”.

– Secondo lei il quadro delle irregolarità nella formazione in Sicilia è ampio?

“E’ molto esteso. Ed sotto gli occhi di tutti. Un sistema brutale che, all’ombra di un’apparenza di legalità, calpesta i diritti dei soggetti attuatori, degli operatori, degli allievi, di tutti! Le vecchie ruberie da ‘cartiera’ sembrano giochi da ragazzi un po’ discoli al confronto del magma che si agita adesso e su cui spero che le Procure intervengano presto, perché gli operatori del settore sono esausti: per impadronirsi del settore non si è esitato ad asfissiarlo. Succede, quando ci si affida ad insigni economisti prestati alla politica…”.

– Come lei sa, nei prossimi anni la formazione verrà finanziata solo con i fondi europei. Ci potrebbero essere problemi a Bruxelles?

“Le risorse europee sono aggiuntive, non sostitutive. L’iniziativa di spostare tutti i costi sul Fondo sociale europeo (che si argomenta sulla base di un equivoco che si rifà ad una sentenza della Corte Costituzionale che, come è noto, non costituisce precedente se non sulla natura della costituzionalità o meno delle leggi) espone gli operatori del settore, già sufficientemente aggrediti da una burocrazia insediata col compito di strangolare gli enti onde favorirne il passaggio a soggetti che dovevano organizzarsi la campagna elettorale clientelare prossima ventura, ad un ulteriore periodo di lacrime e sangue. I sindacati tacciono perché o parti nell’accordo spartitorio con la corrente ‘Innovazioni’ del Pd, o costretti a subire per le loro ‘precedenti esperienze’ nel settore”.

– I fondi per la formazione sono ancora controllati dalla politica?

“I fondi per la formazione sono sotto il controllo esclusivo della peggiore politica, così arrogante che non ricorre neanche a strategie spartitorie per ottenere il silenzio connivente. Si limita ad utilizzare – e ne ha dato ampia eco la stampa locale, che ha sistematicamente riportato le veline di dirigenti e politici del ramo – gli strumenti del potere: organi amministrativi di controllo, burocrazia degenerata e via continuando. Così per tutto il 2011 siamo stati inondati dalla campagna moralizzatrice: 300 enti sotto indagine, assunzioni irregolari per 3000 persone, finanziamenti oltre il decretato e altro ancora. Però, alla fine, solo l’ente da me amministrato – che non si è piegato ai ricatti, complici alcuni noti utilizzati come strumento per giustificare non sanzioni ma ispezioni in forza delle quali si sospendevano sine die i finanziamenti, lasciandoci a maturare debito contributivo (oltre che i sacrosanti stipendi dovuti al personale, per tacere degli ordinari costi di gestione) – si è trovato ‘fuori dal sistema’… il Cefop, lo Ial aggrediti e conquistati giudiziariamente o più tranquillamente, l’Anfe… vedremo!”.

– In Sicilia, in media, i fondi per la formazione vanno per il 20 per cento ai discenti e per l’80 per cento agli enti. Non c’è verso di cambiare percentuale, magari inserendo i discenti direttamente nelle aziende? In pratica, si tratterebbe di incentivare le aziende a formare il personale che verrebbe retribuito con i fondi europei, non coinvolgendo gli enti. Come vede tale ipotesi?

“Male perché solo le grandi aziende possono permettersi strutture formative stabili… penso alla Reiss Romoli di Telecom. Non è certo il caso della miriade di estetiste, commis di cucina eccetera che sono richieste dal mondo delle micro imprese siciliane. Comunque, le percentuali che lei cita non sono esatte: lo 80 per cento è destinato a coprire il costo globale del personale ed il 20 per cento copre il gettone di presenza e le spese di trasporto degli allievi, nonché la gestione ( affitti, utenze, fornitori e altro ancora). Come si vede il grosso dei finanziamenti copre i costi del lavoro, ma in Italia, oggi, è la voce di spesa più rilevante in qualsiasi settore”.

– A suo avviso, in Sicilia si può fare formazione seriamente?

“Certo! Non abbiamo niente da imparare da altri, anzi altri hanno imparto da noi. Il Piemonte ha avuto la prima legge sulla formazione negli anni ‘80. La legge-quadro nazionale del settore, la numero 845 è del 1978, due anni dopo l’emanazione della nostra legge (legge regionale 24 del 1976) che, ci tengo a sottolinearlo, non è stata dichiarata incostituzionale, né è contraria ai ‘comandamenti’ dell’Unione Europea, ammesso che l’Unione emani ‘comandamenti”.

– I ritardi amministrativi. Da cosa dipendono?

“Da una gestione volontariamente approssimativa del settore (per i motivi che ho già detto) e da un’oggettiva mancanza di conoscenza della normativa da parte di tecnici di settore : vero è che il governo Monti non sembra mettere al primo posto, tra i requisiti dei lavoratori, la laurea, ma è possibile che per svolgere attività esclusivamente burocratiche debbano scegliersi soltanto geologi, assistenti sociali e filosofi? E’ come schierare nella nazionale di calcio pesisti, judoka e campioni di sciabola: il risultato è sotto gli occhi di tutti. Non è in discussione il valore intellettivo delle persone, ma solo la loro specifica competenza, il loro ‘allenamento’ a risolvere problemi giuridici soppesando i pro ed i contro”.

 


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