Formazione, gli Enti cattolici chiudono? A rischio 2 mila posti di lavoro

Nuovi licenziamenti in arrivo nel settore della formazione professionale siciliana. A rischio, gli Enti formativi cattolici: a perdere il posto di lavoro sarebbero circa 2 mila addetti. A denunciarlo è la Confederazione nazionale Formazione Aggiornamento Professionale (Confap) della Sicilia. L’associazione, alla quale aderiscono il Cnos-Fap, l’Engim Sicilia, l’Oda, il Ciofs e l’Endofap Sicilia, è pronta a chiudere le attività formative se dovesse perdurare lo stato di crisi finanziario, non più differibile. (sopra, a sinistra, foto tratta dadifficaredalleimitazioni.eu)

Il segnale che arriva dal mondo della formazione professionale d’ispirazione cattolica è devastante per tutto il settore della Sicilia: se sbaraccano, come sembra, gli Enti di formazione cattolica, tradizionalmente i più solidi, ciò significa che la formazione professionale siciliana è ormai alla frutta (e che,con molta probabilità, è alla frutta la stessa Regione siciliana).

Molteplici i motivi esposti in un documento, dello scorso 21 febbraio, condiviso con le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil. Sottolineata, a chiare lettere, l’inadempienza della Regione siciliana. Sono almeno 14 le mensilità attese dai lavoratori. Ma non c’è solo questo. È fitto l’elenco dei ritardi amministrativi addebitati all’amministrazione regionale. Il saldo di cinque annualità che vanno dal 2007/2008 al 2011/2012, il saldo dell’Avviso 19/2011 legato alle seconde, terze e quarte annualità. E poi la copertura delle attività dell’Avviso 19/2011 per le prime annualità, il primo acconto dei primi anni 2012/2013 le cui attività sono state avviate nel dicembre 2012.

Ma anche, le modalità di gestione e copertura degli ex sportelli multifunzionali, la mancata revisione dei rendiconti e la conseguenziale impossibilità di svincolo delle relative polizze fideiussorie, dovuta al mancato rilascio delle dichiarazioni liberatorie delle polizze da parte dell’amministrazione regionale. Fatto, quest’ultimo, che produce un danno erariale e il superamento della soglia di rischio da parte dell’Ente.

L’associazione denuncia, inoltre, la mancanza di regole certe che dovrebbero, per esempio, consentire l’effettuazione degli esami finali già calendarizzati e decretati, con conseguente impossibilità per gli utenti di programmare il proprio futuro. Poi, la mancanza di una regolarità dei flussi di pagamento da parte dell’amministrazione regionale che evidenzia una incongruenza di sistema. Problemi che spingono gli Enti formativi cattolici, operanti nella veste di associazioni no profit, a dovere, loro malgrado, chiudere le attività con grave danno per gli utenti, per le loro famiglie e per i lavoratori.

Nel documento, Confap inchioda la Regione siciliana alle proprie responsabilità. Il Presidente di Confap, Padre Antonio Teodoro Lucente, in un passaggio del documento rileva: “Come si può pretendere che si debba adempiere con regolarità agli obblighi contributivi verso gli Enti previdenziali, i propri collaboratori e fornitori, senza una regolare erogazione delle risorse corrispondenti? I continui e ripetuti ritardi dell’amministrazione regionale nel pagamento delle spettanze hanno costretto gli Enti a indebitarsi per evitare gli effetti devastanti e irreversibili della cosiddetta “irregolarità contributiva”.

Non basta. Oltre al danno, la beffa. Gli organi di vigilanza ispezionano gli Enti per sincerarsi che siano rispettosi ed ottemperanti nei riguardi degli enti previdenziali, sanzionando o diffidando eventuali irregolarità. Ma, di contro, nessuna vigilanza interviene per far rispettare all’amministrazione regionale gli adempimenti assunti in termini di obblighi di progettazione e di erogazione puntuale delle risorse corrispondenti”.

La vera criticità è che gli Enti di Confap rischiano di dovere interrompere la continuità della loro opera perché manca ogni certezza circa i crediti per le annualità pregresse, circa l’effettività dell’avvio delle progettazioni degli avvisi, circa lo scenario futuro.

Quali gli effetti di una interruzione dell’attività? Oltre la già ricordata dispersione dell’utenza, delle professionalità e delle competenze, anche un impoverimento collettivo che si estenderebbe a migliaia di lavoratori e alle loro famiglie, oltre che agli utenti. Messo a rischio, quindi, il diritto dei giovani in obbligo scolastico e delle loro famiglie alla libera scelta.

L’ordinamento vigente in Italia prevede, fino a 18 anni, diversi possibili percorsi. Da un lato, l’offerta breve e flessibile costituita dai percorsi formativi triennali e quadriennali di istruzione e formazione professionale gestiti dai Centri di formazione professionale o, in via sussidiaria, da Istituti professionali di Stato. Dall’altro, l’offerta lunga, cioè i percorsi quinquennali gestiti dalle istituzioni scolastiche statali o paritarie.

Vi è anche la possibilità di formarsi nell’apprendistato per conseguire, al pari di chi sceglie un percorso triennale/quadriennale, una qualifica o un diploma quinquennale dopo il quindicesimo anno di età. E ancora esiste la possibilità, per i giovani in difficoltà, di essere destinatari di azioni formative e di accompagnamento al lavoro per favorirne l’inserimento. Diverse opportunità previste dall’ordinamento statale che, in Sicilia, sono poste a repentaglio dall’assenza di regole certe da parte dall’amministrazione regionale.

In questo generale clima di incertezza e senza risposte adeguate da parte del Governo regionale nei tempi prestabiliti, gli Enti aderenti all’associazione Confap hanno comunicato al che procederanno alla chiusura degli Enti in Sicilia, con effetti destabilizzanti per l’occupazione. Per non parlare del disagio sociale in capo agli utenti e alle loro famiglie.

L’ennesima grana che cade sul Governo regionale, impegnato, in questi giorni, a tutelare il futuro dei dipendenti della formazione professionale licenziati dai vari Enti (in molti casi, per responsabilità dei passati Governi regionali). L’esecutivo di Rosario Crocetta dovrà, adesso, provare a evitare la chiusura degli Enti cattolici che significherebbe il fallimento dell’attività istituzionale volta a erogare l’istruzione e la formazione professionale ai cittadini siciliani.

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