Formazione, Arrigo (Isme-Rc): “Dal Governo Crocetta ci aspettiamo una svolta”

Prosegue il dibattito sulla riforma della formazione professionale attraverso gli apporti degli operatori del settore. Diamo voce quotidianamente a tutti coloro che intendono contribuire al confronto sulle proposte più idonee a delineare un processo di riorganizzazione che si avvicini al contesto odierno.

Abbiamo affrontato i temi di una possibile riforma con il diretto dell’Istituto Mediterraneo Ricerca e Comunicazione (Isme-Rc) di Termini Imerese, Salvatore Arrigo.

– Direttore Arrigo qual è il suo giudizio sullo spazio che LinkSicilia ha dedicato al confronto sulla riforma del settore formativo?

“La vostra iniziativa di promuovere un dibattito sui temi caldi della Formazione professionale è quanto mai opportuna. La questione della Filiera dei controlli cui sono sottoposti gli Enti di formazione, i problemi OIF, le prese di posizione in corso sul problema delle integrazioni certamente, argomenti ampiamente approfonditi dalla vostra testata, suscitano molto interesse”.

– Lei sembra essere critico sui primi passi compiuti dal governo regionale nel percorso riformatore, perché?

“Incuriosisce la modalità di inizio della trattativa che, avviatasi in una forma cosi pletorica con l’istituzione del Tavolo tecnico istituzionale con decine di soggetti, sembra accordarsi con l’esigenza tutta politica di precostituire un alibi di democraticità assembleare che difficilmente, però, produrrà effetti positivi per l’andamento della trattativa”.

– Cosa non la convince dei propositi avanzati dal governo lo scorso 15 marzo?

“Non sembra che l’amministrazione abbia fatto, almeno fin’ora , uno sforzo per presentare una base programmatica di riforma della formazione professionale supportata da fonti di finanziamento certe”.

– Chiarisca il punto.

“Ad oggi il Governo regionale non ha fornito alcuna indicazione circa le risorse finanziarie da destinare al settore. Questo è argomento prioritario sul quale Crocetta dovrà fare chiarezza, anche perché, se si pensasse diversamente, si porterebbe la Sicilia fuori dal mondo. Bisogna avere il coraggio di dire chiaro e tondo che non ci sarà sviluppo della Sicilia senza il potenziamento e la riqualificazione del settore della formazione. Anche se questo può significare che le risorse necessarie a raggiungere questo obiettivo debbano essere maggiori di quelle fin’ora utilizzate”.

– Cosa la preoccupa in prospettiva?

“L’azzeramento del Capitolo regionale del bilancio che si riferisce alla formazione e la drastica riduzione del bilancio dell’Unione Europea (Ue) per la programmazione del prossimo settennio (solo 900 miliardi disponibili per tutta la Europa equivalenti al costo di mezzo caffè al giorno per ogni cittadino europeo) tratteggiano uno scenario allarmante. Infatti, la formazione siciliana rischia di restare senza risorse regionali e senza fondi UE. Fortunatamente, almeno fin’ora, il bilancio dell’Unione Europea è stato bocciato dal Parlamento Europeo e la speranza di mettere seriamente in discussione le politiche comunitarie di austerità senza sviluppo, crisi politica consentendolo non sono del tutto peregrine”.

Qual è, secondo Lei, l’ammontare delle risorse che l’Amministrazione intende mobilitare per il settore?

“Va da sé che senza la quantificazione delle risorse necessarie non si potrà procedere a nessuna operazione di suddivisione e allocazione delle risorse per obiettivi . Occorre individuare con chiarezza quante risorse per le retribuzioni, quante per la riqualificazione, quante per gli investimenti, quante per la gestione, quante per gli obiettivi della formazione e per quali obiettivi”.

– Quali criteri, indicatori e standard si dovranno adottare per consentire l’applicazione di un appropriato sistema di valutazione ?

“E’ necessario stabilire i criteri della valutazione che dovranno essere applicati alla nuova formazione. Questo, però, dovrebbe valere sia per gli enti di formazione quanto per le procedure amministrative e gestionali dell’Assessorato regionale al ramo. La valutazione potrebbe basarsi su Efficienza (tempi, modi, costi degli interventi), Efficacia (numero utenti coinvolti / numero di utenti che realizzano gli obiettivi dell’intervento) ed appropriatezza (modalità di sviluppo di metodologie applicate). Inoltre, il ciclo di gestione della performance previsto dalla legge Brunetta dovrebbe essere applicato a ciascuno dei servizi in cui e’ organizzato l’assessorato regionale Istruzione e formazione professionale”.

Secondo lei quali dovrebbero essere gli indirizzi di base sui quali incardinare la nuova formazione?

“Alcune dichiarazioni rese dall’assessore regionale, Nelli Scilabra, farebbero pensare al fatto che l’amministrazione intende capovolgere l’attuale sistema puntando su tirocini ed apprendistato. Le misure di politica attiva del lavoro, su cui è impegnata l’Unione Europea per sviluppare l’occupazione prevedono anche la formazione e l’accesso al credito facilitato per le nuove iniziative di produzione giovanile. Ma in Sicilia sembra che si parli solo di tirocini e apprendistato. Preciso che i tirocini formativi e l’apprendistato non rappresentano propriamente una novità e l’obiettivo di puntare su di essi, nel passato, non ha conseguito risultati incoraggianti. Anzi le aziende che hanno ospitato iniziative di questo tipo in Sicilia sono un numero del tutto esiguo e l’esperienza dell’apprendistato e dei tirocini non solo non ha prodotto risultati ma si è quasi sempre scontrata con atteggiamenti di comodo delle aziende coinvolte”.

Cosa non digerisce dell’atteggiamento delle associazioni datoriali?

“L’obiettivo di utilizzare l’esperienza aziendale per formare personale qualificato non mi risulta essere stato raggiunto a causa della indisponibilità pressoché assoluta delle stesse aziende ad essere coinvolte in processi che potrebbero creare aspettative occupazionali, che in questo momento non potrebbero che venire disattese. Bisogna inoltre considerare che una formazione di tipo esclusivamente pratico, e senza basi teoriche, non consente lo sviluppo di contenuti formativi adeguati ed indirizzati, come invece sarebbe necessario, verso la cultura di impresa e l’autoimpiego in settori strategici della economia siciliana”.

– Su cosa dovrà puntare la nuova formazione, rafforzare le azioni verso il prodotto oppure o anche sulle risorse umane ?

“Su questo punto non sono affatto sciolti i nodi di una articolazione sistemica degli interventi che dovrebbero divenire il cardine di un modo effettivamente nuovo di concepire la formazione. Sarebbe il caso, a nostro avviso, di individuare con chiarezza le linee dello sviluppo programmatico della formazione delineando i compiti dell’orientamento, della formazione di base, dell’alta formazione e della formazione in ambiti speciali”.

Ci parli della sua idea di Orientamento.

“I Paesi europei, che in atto sviluppano una forte iniziativa di orientamento delle risorse umane, hanno da tempo adottato una impostazione di profilo. La loro esperienza ‘life long learning’ ci dice quanto siano sia importante accompagnare nella formazione i lavoratori, compresi i giovani in cerca di prima occupazione, durante tutto l’arco della loro vita lavorativa. Su questo punto in Sicilia si registra una preoccupante arretratezza, se non un primato da guinness dell’arretratezza, poiché, come mostrano molti studi e ricerche, l’attitudine alla preparazione e al completamento della formazione individuale troppo spesso si scontra con un atteggiamento di rinuncia allo studio e all’aggiornamento, soprattutto dopo che si sono conseguiti qualificazione o titolo legale degli studi. D’altra parte, un sistema di orientamento legato alla formazione di base per ciò che riguarda l’auto impiego avrebbe bisogno di essere supportato da misure di sistema che dovrebbero consentire l’accesso al credito per le iniziative che i più giovani intendono avviare e lo start up attraverso quei centri di incubazione di impresa pressoché inesistenti nel panorama delle politiche attive del lavoro della Regione siciliana . Esse dovrebbero sostituire le insufficienti e paralizzanti misure di accesso al credito previste da Invitalia”.

E sulla formazione di base?

“I temi della formazione di base devono orientarsi a realizzare le misure di supporto formativo verso il target particolare costituito dalla parte più svantaggiata della popolazione scolastica che annualmente incrementa il fenomeno della dispersione scolastica. Questi temi riguardano anche quella parte di popolazione giovanile che sceglie, subito dopo la scuola dell’obbligo, di indirizzarsi verso una qualifica professionale che possa consentire un inserimento, il più rapido possibile, nel mondo del lavoro. Non tenere conto di queste particolari esigenze comporta l’impossibilità del recupero sociale del fenomeno della dispersione e la negazione, per molte miglia di ragazzi, di una seconda possibilità di realizzare il loro diritto allo studio. D’altra parte, frustrare le legittime aspettative di formazione di chi non può o non vuole proseguire percorsi scolastici di lungo periodo comporterebbe costi sociali difficilmente sopportabili per la collettività”.

Lei ha una sua idea critica dell’Alta formazione in Sicilia. Cosa non la convince?

“Le iniziative di alta formazione realizzate fino a questo momento in Sicilia si sono concretizzate attraverso due bandi che hanno regolamentato la predisposizione di due diversi cataloghi di iniziative formative. Il primo catalogo ha consentito a pochi enti, super qualificati, di portare avanti in Sicilia una interessante esperienza di offerta formativa attraverso l’offerta di Master non universitari e corsi di alta formazione non universitari. Soprattutto i master di formazione super universitari rispondevano alla esigenza di offrire una possibilità di alta specializzazione ai giovani laureati usciti dalle Università siciliane e costretti, di fronte alle necessità di ottenere una specializzazione post laurea per ambire a un posto di lavoro, a partecipare a corsi di specializzazione delle scuole universitarie senza alcuna possibilità di esservi ammessi. In queste scuole infatti i posti a concorso in tutta la Sicilia ammontano a poche centinaia ed essi sono del tutto insufficienti a coprire le esigenza formative post laurea. D’altra parte, a causa dei suoi costi troppo alti, l’alternativa al ricorso a Master universitari, è costituita, ad oggi, dal ricorso a scuole ed enti privati il cui accesso é preclusa alla stragrande maggioranza dei giovani laureati siciliani per ragioni economiche. I master di formazione non universitaria rappresentavano, a fronte di questa situazione di esclusione di diritto allo studio, una fattiva possibilità di superare questi ostacoli. Ma il nostro amico Centorrino, senza alcuna giustificazione e senza tenere conto delle legittime esigenze dei giovani laureati, non appena insediatosi, li ha immediatamente soppressi. Una interessante esperienza di offerta formativa pubblica di master è scomparsa così nel nulla, praticamente dall’oggi al domani senza alcuna giustificazione se non quella di concentrare la gestione dei master nelle mani del baronato universitario cui Il signor Mario Centorrino è, evidentemente, particolarmente molto sensibile. Su questi ed altri aspetti di particolare attenzione del già assessore regionale per l’Istruzione e Formazione professionale verso il mondo universitario si dovrebbe riflettere. Il presidente Crocetta dovrebbe essere consapevole degli errori del passato, se veramente si vuole cambiare rotta”.

Parliamo, adesso, del secondo bando.

“Il secondo bando relativo all’alta formazione è stato pubblicato nel 2011. Secondo gli indirizzi stabiliti dall’allora assessore al ramo, Mario Centorrino, agli enti privati, selezionati secondo rigide procedure di super qualificazione di ammissione al catalogo, è stata negata la possibilità di proporre e gestire master non universitari. Di fatto, questo secondo bando ha concentrato i Master nelle mani delle Università ed ha lasciato agli enti formativi inseriti a catalogo solo la possibilità residuale di proporre corsi di specializzazione di alta formazione di 300 ore. Offerta formativa debole e poco accattivante al punto che gli alunni hanno scelto raramente proprio perché i master universitari, contemporaneamente avviati dalle Università, hanno finito con il cannibalizzarli . Va da sé che i Master offerti dalle università sono stati gestiti con le consuete logiche baronali. Così facendo, una opportunità di formazione equa, gratuita e qualificata per i giovani laureati è del tutto svanita. Lasciare che l’alta formazione si sviluppi ancora in questo modo rappresenta una illogica stortura, un’ingiustizia e un non senso . Se si vuole davvero introdurre una situazione dinamica nella formazione post universitaria bisognerebbe davvero mettere in concorrenza enti altamente qualificati con le Università e tentare questa strada per ottenere una più alta qualificazione dell’offerta”.


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