Forconi: UE-Marocco, la solita truffa

Ancora una volta, da Bruxelles, arrivano i “soliti regali” per l’agricoltura siciliana e, in generale, per tutta l’agricoltura del Sud d’Italia. Di scena, i recentissimi accordi economici e commerciali tra l’Unione Europea e il Marocco. In pratica, viene sancito e regolarizzato quello che avviene già da circa un decennio: l’invasione di prodotti agricoli, questa volta marocchini, nelle nostre tavole. Ortaggi e frutta, ma anche pesce.
Come abbiamo cercato di raccontare qualche giorno fa, l’Europa non è nuova a questo genere di ‘regali’. Chi ha un po’ di memoria ricorderà che, nella prima metà degli anni ‘80, la Comunità economica europea – allora, ‘valorizzando l’acronimo, la chiamavamo tutti Cee – per scongiurare l’invasione di prodotti non europei di scarsa qualità e a basso prezzo, si era dotata di quello che, in fondo, altro non era che uno strumento protezionistico: il “principio di preferenza comunitario”. La Cee, insomma, utilizzava, con tanto di regolamenti e direttive, la “preferenza” dei prodotti europei su quelli di altri Paesi del mondo.
Ma c’erano, anche allora, delle deroghe. E sapete per quali prodotti? Indovinate un po’: per gli agrumi! Sì, veniva consentito al alcuni Paesi esterni alla Cee di importare in Europa – e quindi anche in Italia – arance, limoni e mandarini (questi ultimi non erano nemmeno mandarini, ma altri agrumi che gli somigliavano pallidamente, erano immangiabili ma costavano poco…). Anche allora – vi diciamo anche gli anni: 1983-1984-1985 e via continuando – si colpivano le agricolture del Sud Europa, siciliana in testa. In cambio, le industrie tedesche, anche agro-alimentari esportavano i propri prodotti in quei Paesi.
Anche allora, come oggi, l’Europa unita era governata da ‘furbi’. In compenso, la stessa Cee, per mettere una ‘pezza’ ai danni che provocava, aveva inventato i centri Aima: i produttori di agrumi siciliani, invece di unirsi per puntare sulla qualità e, magari, sulla produzione di succhi, portavano le arance invendute nei centri Aima. Gli agrumi venivano distrutti (‘scafazzati’, in lingua siciliana, da qui la dizione “lo scafazzo”) e ai produttori veniva riconosciuta un’indennità. Il primo, serio colpo all’agrumicoltura siciliana (con il contorno delle truffe ai centri Aima) viene assestato in quegli anni.
Sempre in quegli anni, dobbiamo ricordare la ‘genialità’ di un ministro degli Esteri della nostra amata Repubblica italiana, che siglò un accordo – sempre con Paesi del Nord Africa – in base la quale questi Paesi importavano in Italia prodotti agricoli e, in cambio, acquistavano automobili. In Italia, da questi Paesi, ovviamente, arrivavano ortaggi e frutta che, guarda caso, erano prodotti in Sicilia e, in generale, nel Sud d’Italia. Insomma: erano accordi che favorivano l’industria del Nord Italia e mettevano in ginocchio l’agricoltura del Mezzogiorno. Chi è che, tra i nostri lettori, ricorda il nome di questo ministro degli Esteri? Tutti siete invitati a a partecipare!
Fatta questa premessa – forse non breve ma doverosa – abbiamo posto alcune domande su questo accordo tra Unione Europea e Marocco a uno dei leader dei ‘Forconi’ siciliani, Franco Grupi. L’occasione, anche, per parlare del Movimento, un po’ ‘silenzioso’ in queste ultime settimane.

– Allora Grupi, che diciamo di questo accordo UE-Marocco?

“Che siamo alle solite. E’ un accordo che penalizza l’agricoltura mediterranea e, in particolare, quella del Sud Italia e siciliana”.

– Non è una storia nuova, a dir la verità…

“Lo sappiamo, non è una novità. Perché già da anni la Sicilia – ma non soltanto la Sicilia – è invasa anche da prodotti agricoli del Nord Africa. Non a caso la nostra agricoltura è in ginocchio. Però questo accordo crea le basi per distruggere completamente la nostra agricoltura e, in generale, quella meridionale”.

– Ci spiega il perché?

“E semplice. Grazie a questo accordo le multinazionali si precipiteranno in Marocco dove avranno la possibilità di utilizzare i terreni agricoli e la manodopera a prezzi irrisori. Nel giro di qualche anno le produzioni agricole di quest’area si moltiplicheranno. Assisteremo a una vera a propria invasione di ortaggi e frutta. Quello che avviene oggi – che è già grave – è nulla rispetto a quello che succederà tra qualche anno. Avremo frutta e ortaggi a prezzi bassissimi. Questa sarà la fine dell’agricoltura meridionale. Con gravi rischi per la salute degli ignari consumatori italiani”.

– Perché?

“Vede, noi abbiamo impiegato decenni ad utilizzare con razionalità i pesticidi, i diserbanti e anche i concimi. In Nord Africa – ed è la storia di quest’ultimo decennio – utilizzano pesticidi che noi non utilizziamo più da venti o trent’anni perché dannosi per la nostra salute. Produrre bene un ortaggio o un frutto costa, se si vuole tutelare la salute dei consumatori. E noi in Sicilia siamo attentissimi. I prodotti che arrivano dal Nord Africa andrebbero controllati. Per verificare la presenza di pesticidi. Si scoprirebbero come molto interessanti…”.

– Parliamo un po’ del Movimento dei ‘Forconi’. Vi siete un po’ ‘addormentti’ nelle ultime settimane?

“Assolutamente no. Proprio oggi (ieri per chi legge) siamo in consiglio comumale a San Giovanni La Punta. Nei giorni scorsi nel Catanese – che è la zona della Sicilia della quale mi occupo – abbiamo tenuto incontri ad Acireale, A Belpasso, e Nicolosi e in altri paesi dell’Etna. In questa fase stiamo lavorando fianco a fianco con i Comuni. Raccogliamo centinaia di adesioni ogni giorno”.

– Però la vostra presenza si avverte meno.

“Non è così. In questa fase ci stiamo organizzando. Le nostre rivendicazioni sono in piedi. I recenti accordi tra Unione Europea e Marocco, di cui abbiamo già parlato, il silenzio del governo nazionale rispetto alle nostre richieste e il vuoto del governo regionale ci rafforzano. La gente è con noi. Tutti i Comuni dove fino ad oggi ci siamo recati a illustrare le nostre ragioni – e sono tantissimi – hanno votato risoluzioni in nostro favore. La nostra è una scelta politica. In questa fase non ci interessano le dimostrazioni di forza in piazza. Ma quando decideremo di scendere in piazza a Palermo – o anche a Roma – non saremo tre o quattro mila: saremo cinquantamila”.

– Quando?

“Credo che a marzo, i primi giorni di marzo, qualcosa succederà”.

 

 


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