I fondi del piano sviluppo e coesione sono così, si possono annunciare interventi in lungo e in largo, ma se quegli interventi non vengono programmati correttamente ed eseguiti, alla fine, i fondi si perdono. Perché sì, esistono delle scadenze e anche piuttosto ferree. E se n’è accorto a caro prezzo il governo regionale siciliano, che si è visto revocare 338 milioni di euro di fondi del programma 2022-23, destinati a 79 progetti tra quelli avanzati dalla Regione (45) e quelli delle città metropolitane (34), ritenuti «privi di obbligazioni giuridicamente vincolanti», in pratica privi di un impegno consolidato. Progetti che, in alcuni casi, sarebbero stati essenziali per la Regione e che sono destinati a non vedere la luce, a meno di un nuovo finanziamento, ma con altri soldi, considerato che i 338 milioni di euro puntati su di loro sono ormai rimasti a Roma e lì resteranno per volontà del Cipess, il comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile.
Tra questi anche diversi interventi per contrastare la siccità, come il consolidamento della diga Desueri, a Gela, per cui la Regione aveva previsto lo stanziamento di 20 milioni, la messa in sicurezza della diga Rosamarina, a Caccamo, due milioni, la sistemazione di vasche e canali delle dighe Olivo, Sciaguana e Villarosa nell’Ennese, 450mila euro. A questi si aggiungono diversi progetti contro il dissesto idrogeologico, per la riqualificazione urbana e per la realizzazione di nuovi impianti per il trattamento dei rifiuti. Un novero che potrebbe essere destinato ad aumentare a gennaio 2025, dopo che verranno effettuate altre verifiche sugli impegni di spesa siciliani.
E se c’è chi come Antonio Nicita, vicepresidente del gruppo del Partito democratico in Senato, ha presentato un’interrogazione al parlamento nazionale, chiedendo l’audizione dei vertici del governo isolano per dare spiegazioni, Nino Minardo, presidente della commissione Difesa della Camera dei deputati, ex coordinatore siciliano della Lega, ora in forza all’Udc, se la prende non con il governo, guidato da quella che di fatto è la coalizione a cui appartiene, ma con gli uffici, invocando uno sfuggente «metodo Musk».
«In Sicilia servirebbe un metodo Musk e la creazione di un Dipartimento per l’efficienza governativa sulla falsariga di quanto ha in mente la nuova amministrazione americana – dice Minardo – Al netto delle battute la notizia del definanziamento da parte del Cipess di 79 progetti delle Regione e delle tre Città metropolitane impone una riflessione sull’efficienza della macchina amministrativa siciliana. In qualsiasi azienda privata se qualcuno avesse perso 338 milioni come minimo sarebbe stato messo alla porta». Tutti a casa, dunque, tranne il governo regionale, secondo il deputato. Nella speranza, si immagina, di uno sblocco delle assunzioni, in caso contrario si potrebbe sempre chiedere al fondatore di Tesla il prestito di qualche impiegato robot con tanto di intelligenza artificiale. MeridioNews ha tentato di chiedere maggiori informazioni al deputato, purtroppo senza esito.
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