È l'iniziativa messa in campo dal sindacato per sensibilizzare su diritti e tutele lavoratori agricoli e immigrati impegnati nella vendemmia nei terreni al confine tra Palermo e Trapani. Russo: «I migranti si avvicinano con diffidenza hanno paura di perdere il lavoro. Per loro, reclutati nelle piazze, la paga è di cinque euro all'ora lordi»
Flai Cgil in camper contro il capolarato In viaggio tra gli schiavi del Terzo Millennio
Cinque euro all’ora. Lordi. Perché una parte va al caporale. Sono i nuovi schiavi del Terzo Millennio, uomini e donne senza diritti, fantasmi sfruttati nei campi per la raccolta dei pomodori, dell’uva o delle olive. Numeri di un business che al Sud, nel foggiano, nel casertano, in Calabria e Sicilia fa i suoi affari. Per combatterlo il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha lanciato una proposta: telecamere in volo sui campi. Dei droni “sentinella”, cioè, che si affiancheranno all’attività di controllo esercitata dagli ispettori sul territorio. L’obiettivo è mettere a punto un piano, da presentare al Governo, per sferrare un duro colpo allo sfruttamento dei lavoratori agricoli. Ed evitare che possano ripetersi tragedie come quelle accadute in estate nei vigneti della Puglia.
Anche le organizzazioni dei lavoratori si mobilitano. A scendere in campo è la Flai Cgil, che da venerdì scorso ha avviato un progetto di sindacato di strada. Un camper per battere a tappeto i terreni al confine tra Palermo e Trapani dal partinicese a Camporeale, da San Giuseppe Jato e Corleone a San Cipirrello, da Alcamo a Balestrate. Nell’area più vitata della Sicilia il sindacato informa lavoratori agricoli e immigrati impegnati nella vendemmia su diritti e tutele. Una campagna di sensibilizzazione che ha già toccato le prime due tappe: Alcamo e Partinico. «Gli immigrati si avvicinano, anche se con diffidenza – racconta a MeridioNews il segretario della Flai Cgil di Palermo, Tonino Russo -. Molti forse sono irregolari e temono di perdere il lavoro, che anche se sottopagato per loro è una fonte di sostentamento. Quelli che finora abbiamo incontrato sono tutti uomini».
In Sicilia sono arrivati dopo aver percorso l’Italia. «Qualcuno ci ha raccontato di aver lavorato a Modena. “Li ci pagavano meglio, eravamo messi in regola” hanno spiegato. Poi sono venuti qui per la stagione della vendemmia e per la raccolta delle olive. Ad Alcamo arrivano frotte di immigrati – dice ancora Russo -. Li trovi in piazza alle 5 e mezzo di mattina, vengono presi dai caporali e dai proprietari dei vigneti e portati a lavorare nei campi, quasi sempre in nero. Quelli in regola, pochi, sono pagati sempre al di sotto dei livelli contrattuali».
Lavoro nero e sotto salario. Spesso mascherato. Perché per sfuggire ai controlli e dare una parvenza di regolarità alcune aziende usano i voucher: 10 euro lorde all’ora, di cui 7 destinate al lavoratore e il resto di contributi Inps. «Ma con il voucher – spiega Russo – in realtà non viene pagata mai un’ora. Inoltre non dà diritto a nessuna prestazione previdenziale, né disoccupazione agricola, né assegni familiari, né malattia e maternità». Per informarli sui loro diritti la Flai Cgil distribuisce volantini, stampati in italiano, inglese, francese e arabo. Una campagna di sensibilizzazione in piena regola. In mezzo alle vigne e in campagna. «Diamo loro informazioni – spiegano dal sindacato – sulla paga, sull’orario di lavoro, sui diritti a cui non si può avere accesso, lavorando in nero». Le denunce raccolte poi saranno inviate alle autorità competenti. «È un’opera di sensibilizzazione che si sta rivelando importante. Anche per questo – dice ancora il segretario della Flai Cgil di Palermo – rinnoviamo a ispettorato del lavoro, Inps, carabinieri, finanza la richiesta di continuare a fare le ispezioni».
Italiani e immigrati, accomunati da lavoro nero e paghe al di sotto della sopravvivenza. La situazione peggiore riguarda proprio gli immigrati: otto-nove ore di lavoro al giorno, a fronte di una paga che dovrebbe essere di circa 57 euro, ma quando va bene ne prendono 35-40. Quasi 5 euro all’ora, di cui una parte va al caporale che li “recluta” nella piazza del paese. «A volte con questi soldi – aggiunge Russo – si pagano anche da mangiare». Va meglio ai lavoratori locali. «Vengono ingaggiati per conoscenza dall’azienda, ma anche per loro vale la regola del sotto salario, che resta una pratica diffusissima. In sostanza le aziende fanno cartello e li arruolano con una sorta di salario di piazza ben lontano dalla paga contrattuale» racconta ancora il leader sindacale, che al Governo targato Crocetta chiede una legge sul mercato del lavoro agricolo in Sicilia.
«Le aziende potrebbero attingere a liste di prenotazione, compilate presso gli ex uffici di collocamento, dove i lavoratori vengono chiamati a iscriversi» spiega Russo. L’obiettivo è lasciare in mano pubblica la gestione del mercato delle assunzioni. «Solo così si può contrastare il caporalato» dice ancora Russo. Ma l’Esecutivo targato Crocetta su questo fronte «resta immobile. Non ha fatto nulla neppure davanti al grande clamore mediatico suscitato a livello nazionale dai gravi episodi accaduti questa estate in Puglia – denuncia il segretario della Flai Cgil Palermo -. Per le imprese che si macchiano di questo reato dovrebbe arrivare una legge sulla confisca dei beni». Poi servirebbe un coordinamento degli organi di controllo, che «si muovono in ordine sparso» e dei protocolli etici. «Li abbiamo già realizzati a Corleone con alcune associazioni produttori di pomodori» conclude Russo. Una certificazione etica che assicuri al consumatore finale che la merce acquistata non è stata prodotta sfruttando il lavoro di altri uomini. Gli schiavi del Terzo Millennio.