Per la società etnea obbligo di giocare la partita, valevole come finale di ritorno della Coppa Italia di serie C, a porte chiuse e ammenda da 10mila euro. Sotto la lente d’ingrandimento quanto avvenuto durante la partita d’andata allo stadio Euganeo di Padova. «Appare evidente la gravità del comportamento dei sostenitori del Catania», si legge nel provvedimento. Nel documento vengono evidenziati diversi passaggi. Gli ultras etnei hanno lanciato, durante l’ingresso in campo delle squadre, tre petardi. Al tredicesimo minuto è stato registrato il lancio di un quarto petardo e un fumogeno. Stesso scenario al ventisettesimo minuto con l’ennesimo petardo finito nel rettangolo di gioco.
C’è poi quanto avvenuto a fine primo tempo. Quando circa 150 ultras, incappucciati e armati di cinture e bastoni, sono riusciti ad entrare in campo. Come mostra un video della polizia un tifoso ha scavalcato le barriere del settore ospiti, impossessandosi delle chiavi di un cancello dopo averle sottratte a uno steward in pettorina gialla. A questo punto i facinorosi si sono diretti verso la tribuna est da dove è stato portato via uno striscione del Padova. In mezzo il lancio di fumogeni, bombe e pietre verso i tifosi di casa. Un azione premeditata arginata dall’intervento della polizia in assetto antisommossa. Ad avere la peggio è stato un dirigente delle forze dell’ordine che, per un malore cardiaco, è stato ricoverato in Terapia intensiva.
Il sindaco di Catania Enrico Trantino ha commentato la decisione del giudice sportivo attraverso un post pubblicato su Facebook: «Ora che hanno stabilito che la finale di ritorno di Coppa Italia si disputerà a porte chiuse – scrive – vorrei tanto chiedere agli ultras che si sono esibiti a Padova in un’altra pagina mortificante per Catania, se ne è valsa la pena. Se avere agito per screditare la reputazione della nostra città e penalizzare le migliaia di tifosi che vorrebbero sostenere la squadra, li abbia resi orgogliosi».
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