Un modello di accoglienza basato sui legami con la comunità locale che funziona e che, quindi, va festeggiato. A Canicattini Bagni, in provincia di Siracusa, da nove anni i progetti di seconda accoglienza hanno fatto crescere i cittadini. Non solo in numeri. «C’è bisogno sempre di rafforzare le alleanze che si creano nelle piccole comunità […]
Il modello di accoglienza di migranti che rafforza la comunità del Siracusano e fa festa coi Modena City Ramblers
Un modello di accoglienza basato sui legami con la comunità locale che funziona e che, quindi, va festeggiato. A Canicattini Bagni, in provincia di Siracusa, da nove anni i progetti di seconda accoglienza hanno fatto crescere i cittadini. Non solo in numeri. «C’è bisogno sempre di rafforzare le alleanze che si creano nelle piccole comunità come la nostra», commenta a MeridioNews Sebino Scaglione, il presidente della cooperativa Passwork, che ha organizzato una settimana di eventi per la Festa del rifugiato. Non un’iniziativa di sensibilizzazione, come negli anni ne sono già state fatte tante, ma proprio un’occasione per fare festa: con musica, canti, poesie e arti varie. Ed è stata l’occasione per cui nella piazza principale della cittadina porta degli Iblei, ieri sera sul palco hanno suonato i Modena City Ramblers. Per oggi e domani due serate di Festival jazz in cui i ragazzi ospiti dei centri di accoglienza saranno tra gli artisti: il musicista Rino Cirinnà ha trasformato in note jazz i testi da rapper dei giovani che saliranno sul palco a suonare e cantare. Una tradizione quella del jazz a Canicattini che va avanti di contaminazione in contaminazione.
«Fare festa unisce tutti e riesce a portare i temi legati ai rifugiati all’attenzione di un pubblico più vasto – sottolinea Scaglione che da sempre lavora da artigiano del sociale – L’animazione di comunità non può che alimentare il clima favorevole dell’integrazione locale che ha già dato i suoi frutti qui». E anche altrove, visto che quello del Siracusano è diventato un modello di accoglienza anche nel resto d’Italia. Al momento, nel paese che non arriva a 7000 abitanti, ci sono 53 ospiti nelle due strutture, di cui 37 minorenni e 18 donne con disturbi psicologici. «In questi nove anni di progetti di accoglienza, dal nostro territorio sono passate molte persone che hanno intrecciato le loro storie e tradizioni alle nostre». Alcuni, almeno una ventina, non sono solo passati ma hanno scelto di restare a vivere la loro vita a Canicattini Bagni. Ragazzi, donne e interi nuclei familiari si sono stabiliti e oggi lavorano con regolari contratti di lavoro: c’è un giovane è diventato un meccanico-elettrauto punto di riferimento, un panettiere e un pasticcere che hanno imparato a impastare e preparare anche le pietanze più tradizionali, diversi lavorano nel campo dell’edilizia. «E c’è un giovane – sottolinea Scaglione – che è arrivato qui da minorenne anni fa. Adesso è un uomo e, qui a Canicattini, ha deciso di vivere stabilmente al punto che ha comprato una casa».
Ed è così che la comunità locale cresce e si arricchisce. «Alcuni bambini sono nati qui e oggi frequentano le scuole, da adolescenti partecipano alla vita sociale del paese con i loro coetanei». Feste di compleanno, sport vari, teatro, musica. E poi ci sono le prime relazioni. «Le stanze delle strutture delle comunità il pomeriggio vengono invase», dice sorridendo il presidente di Passwork. La scusa è quella dei compiti per l’indomani, dietro ci sono partite ai videogames, passioni per la musica, e anche le prime relazioni tra fidanzatini. Del resto, l’integrazione passa da queste piccole cose. Ed è il caso di festeggiare. Ogni anno, viene organizzata anche la Festa dei vicini. Un’occasione in cui il quartiere si anima di musiche popolari siciliane e africane e cibi tipici di una cultura e dell’altra che si condividono e si fondono. Non più solo per i vicini. Quest’anno la festa si è allungata, si è allargata ed è diventata per tutti. «Si creano così legami importanti e reciproci: le ragazze – racconta Scaglione – hanno imparato a lavorare all’uncinetto da un’anziana signora che le ha accolte come nipoti. E da nipoti loro l’hanno pianta quando è morta».
Da questa passione per il cucito è nato l’ultimo progetto di casa Passwork, quello di una sartoria sociale. La prima parte del corso di formazione si è conclusa appena qualche giorno fa. Centoquaranta ore di formazione teorica, a cui hanno preso parte cinque ragazze migranti e quattro locali, a cui da settembre seguiranno sei mesi di tirocinio pratico in alcune aziende del settore del Siracusano. «Tutte si sono appassionate – racconta Scaglione – e già in questi giorni si sono messe a cucire abiti e accessori che abbiamo deciso di esporre e mettere in vendita proprio per le sere della Festa del rifugiato». L’idea finale del progetto, sarebbe quella di aprire un laboratorio a Cassaro, il comune più piccolo del Siracusano che conta appena 800 abitanti. «Intanto – conclude – è stata una bella esperienza avere messo insieme storie, lingue e culture diverse. Un percorso non solo professionalizzante ma anche relazionale ed emotivo in cui tutor, mediatrice e docenti hanno saputo coniugare passione e competenza».