Una Regione assente e un’assistenza alle donne vittime di violenza sempre più spesso affidata alla buona volontà di associazioni e volontari, che riescono a sopravvivere inseguendo bandi e finanziamenti. È quanto è emerso oggi in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne durante la conferenza Dalla città al distretto socio sanitario: un aiuto concreto alle donne che soffrono violenza, organizzata dalla rete, formata da associazioni e istituzioni, che sostiene le vittime seguendo le normative regionali e nazionali che disciplinano la materia. Proprio in seno a queste normative nasce la difficoltà di portare a termine tutti quegli atti mirati alla tutela delle donne e i bambini, dalla loro presa in carico da parte delle strutture alle traballanti convenzioni con i Comuni. Perché a far fronte, di fatto, alle emergenze quotidiane di donne in difficoltà sono le associazioni, i centri antiviolenza e le case di accoglienza ad indirizzo segreto.
«Il sistema previsto dalla legge è un sistema ideale – spiega Maria Rosa Lotti, del centro Le Onde -, nella realtà di ogni giorno ci sono grosse difficoltà causate dalla destinazione delle risorse», dedicate in gran parte alla comunicazione e meno alle reali procedure di accoglienza, dall’operatore telefonico alla retta delle case rifugio. Ad occuparsi delle case di accoglienza, del sostegno psicologico, del reinserimento al lavoro e della protezione delle vittime sono infatti i volontari dei centri e gli operatori dei servizi sociali, «che non possono e non devono essere l’unico riferimento che le istituzioni hanno se si parla di vittime di violenza».
L’assenza della Regione siciliana si fa sentire in un ambito delicato come questo e Agnese Ciulla, assessore comunale alla Cittadinanza sociale e Pari opportunità, definisce la rete antiviolenza come «la più forte delle reti in città», ma condanna la riduzione dei fondi annui, dall’80 al 20%, che la Regione ha destinato alla lotta e al contrasto della violenza di genere all’indomani dei recenti tagli in bilancio. «A fronte di un budget che era di 19 milioni di euro all’anno, oggi il Comune decide di stanziare dieci milioni – afferma l’assessore -. Tutto l’apparato delle comunità mamma-bambino è sulle spalle dell’amministrazione comunale, ma per l’accoglienza di questi ultimi chiederemo il rimborso». Anche se si dice più serena in relazione all’aggiudicazione delle misure della legge 328, che assicurano alle strutture di rimanere efficienti per i prossimi due anni, l’assessore non crede che quello in vigore sia un buon sistema. «Non sono servizi che si possono interrompere ogni due anni – spiega -, la protezione e l’accoglienza delle donne vittime di violenza vanno garantite. Inoltre, ragionando in termini di costi, non abbiamo nessuna indicazione. La Regione ha approvato gli standard qualitativi e strutturali per le comunità senza accennare al quadro economico. Volendo mettere in piedi una struttura di accoglienza non si sa quanto costa, mancano le indicazioni tariffarie, paletti necessari per la serenità di chi lavora e di chi ha necessità. Ma la Regione conta solo sul volontariato».
A parlare è anche Maria Grazia Patronaggio, presidente del centro Le Onde. «Da oggi e per due anni i fondi sono garantiti – dice -, poi si ricomincerà da capo. Per i prossimi 24 mesi tutte le strutture saranno sostenute finanziariamente e potranno accogliere donne vittime di reati di violenza, con figli o senza. Durante le fasi transitorie tra un finanziamento e l’altro le donne sono comunque protette, attraverso il volontariato e la raccolta fondi l’accoglienza viene garantita, così come il supporto psicologico».
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