Favara, le piste d’indagine dell’omicidio di Salvatore Lupo Si fa strada l’ipotesi di un movente economico-familiare

È stata una notte di perquisizioni, interrogatori e accertamenti quella appena trascorsa a Favara. La cittadina di poco più di 32mila abitanti nell’Agrigentino dove ieri pomeriggio, intorno alle 18, l’ex presidente del Consiglio comunale Salvatore Lupo – detto Totò – è stato ucciso con tre colpi di pistola alla testa, sparati a distanza ravvicinata da un killer solitario che ha agito a volto scoperto mentre il 45enne usciva dal bagno dell’American snack bar in via IV novembre, in una zona centrale del paese. Un’azione mirata e programmata dietro cui, però, non ci sarebbe la mano della criminalità organizzata. Al momento, la pista privilegiata per gli investigatori resta quella dei contrasti economici in ambito familiare.

L’assassino non è ancora stato individuato e nessun fermo è stato effettuato dai carabinieri che, coordinati dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dalle sostitute Paola Vetro e Barbara Cifalinò, hanno effettuato i rilievi sulla scena del crimine, sequestrato la salma e l’auto della vittima, sentito diverse persone – alcune delle quali accompagnate dagli avvocati – e perquisito le case della vittima e di alcuni sospettati. E, intanto, sono tutti negativi i risultati degli stub (tamponi adesivi per raccogliere tracce di polvere da sparo) che sono stati effettuati dai Ris. Le indagini procedono, ma sono rese difficili dall’assenza di testimonianze determinanti

Il barista che ha assistito alla scena, sentito prima all’interno del locale e poi anche in caserma, non è stato in grado di fornire nessun elemento utile alle indagini o all’identificazione del killer, che sembrerebbe essere un professionista. Adesso, al vaglio ci sono le immagini delle telecamere private di videosorveglianza della zona. Al momento, però, nessuno degli impianti sembra fornire indicazioni perché nei pressi del bar c’è solo una telecamera che, però, non inquadrerebbe l’ingresso dell’attività commerciale. A rendere ancora più complicate le indagini sarebbe anche il clima di omertà: «Non ho visto niente, io non ne so niente», sono le frasi che gli inquirenti si sono sentiti ripetere da tutti.

La pista più accreditata, al momento, sarebbe quella del movente economico-familiare. Imprenditore nel settore delle residenze per anziani e responsabile di strutture per disabili, l’ex presidente del Consiglio di Favara, nel 2016, era stato coinvolto nell’operazione Catene spezzate con l’accusa di maltrattamenti fisici e psicologici ai danni di disabili psichici all’interno di una comunità alloggio. Per questa vicenda, lo scorso maggio, il gup del tribunale di Agrigento Francesco Provenzano ne aveva disposto il rinvio a giudizio. Nel 2017 a interessare Lupo era stata l’operazione Stipendi spezzati. Il prosieguo di quella dell’anno precedente da cui è emerso che, tramite la onlus Suami (di cui Lupo era amministratore unico), i lavoratori dipendenti sarebbero stati costretti a restituire metà dello stipendio. In questo caso l’accusa è stata di estorsione. Stando a quanto emerso finora la vittima, però, dopo la recente separazione con la moglie, avrebbe anche avuto dei problemi con alcuni soci che, in qualche caso, sarebbero anche stati familiari

«Nonostante io non sia più sindaca – ha commentato la prima cittadina dimissionaria di Favara Anna Alba – mi sento moralmente obbligata a condannare un gesto di violenza inaudita. Un omicidio che colpisce tutta la nostra comunità. La morte di Salvatore Lupo, anzi l’omicidio di un uomo, un padre, un nostro concittadino è inaccettabile. Confidiamo nel lavoro degli inquirenti». Dal 14 luglio la prima cittadina del Movimento cinque stelle ha deposto la fascia tricolore definendosi «il capro espiatorio dell’odio della comunità favarese».


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