A otto giorni dall’omicidio di Carmelo Ciffa, l’operaio 42enne originario di Porto Empedocle ucciso a colpi di pistola a Favara, nella cittadina agrigentina tutto tace. Le indagini sembrano ferme, e poco o nulla si sa di quanto accaduto il 26 ottobre, all’ora di pranzo, in corso Vittorio Veneto. Il delitto è avvenuto in una delle strade principali del centro, in un momento in cui c’erano decine di persone sia fuori che nel supermercato in cui l’uomo, già colpito, ha cercato rifugio invano. Tuttavia, al momento, nessuno dei testimoni avrebbe fornito informazioni utili agli inquirenti.
E così quel poco che si sa sulla morte di Ciffa è quanto emerso nelle ore successive al delitto. L’uomo, con precedenti per droga, si trovava dal mattino al lavoro nei pressi di una palma, quando sarebbe stato sorpreso dal sicario – ma non si esclude possa essere stata più di una persona a entrare in azione – che sarebbe arrivato da via Cina, una delle stradine da cui ci si immette sul corso. Tre i colpi esplosi, due dei quali hanno raggiunto la vittima; il terzo, invece, si è fermato contro un’automobile parcheggiata a pochi metri dall’agguato.
Le domande al momento senza risposta, invece, sono diverse. A partire da chi ha commissionato il lavoro a Ciffa. Non è escluso, infatti, che l’operaio possa essere stato attirato in una trappola: la palma a cui l’uomo stava lavorando, infatti, pare fosse da tempo morta a causa del punteruolo rosso e farebbe parte di una piccola aiuola di proprietà privata. «Siamo anche noi in attesa di saperne qualcosa – dichiara a MeridioNews la sindaca di Favara, Anna Alba -. Quello che posso dire con certezza è che la vittima non stava lavorando per il Comune. La palma? Credo non sia pubblica». La prima cittadina, poi, si sofferma sull’esigenza di aumentare le misure di sicurezza. «È assurdo che si possa uccidere qualcuno in pieno centro all’ora di punta – continua Alba -. Negli scorsi giorni ho incontrato le forze dell’ordine per fare il punto della situazione anche in vista della la Festa nazionale delle forze armate prevista per domani».
Tornando alle indagini, tra le ipotesi al vaglio dei carabinieri c’è poi quella che vede un collegamento con quanto accaduto a Liegi, in Belgio, il 14 settembre. Quella sera, in uno stabile del quartiere Outremeuse, è stato ucciso Mario Jakelich, 28enne di Porto Empedocle – lo stesso Comune in cui viveva Ciffa – da un commando che ha sparato una raffica di proiettili. Nell’agguato è rimasto ferito anche il 40enne Maurizio Di Stefano, originario proprio di Favara. Non si esclude che proprio Di Stefano fosse il vero obiettivo dei killer. In tal senso, l’uccisione di Ciffa sarebbe da interpretare come una risposta al delitto belga e non escluderebbe nuove reazioni. Tale pista, tuttavia, rimane una tra le tante possibilità. «Non escludiamo niente, ma non ci sono elementi per poter dire che quella del collegamento tra i due episodi criminali sia l’ipotesi più verosimile», trapela da ambienti investigativi.
Jakelich, che viveva a Parma insieme alla moglie, e Di Stefano si trovavano a Liegi per motivi poco chiari, al punto che i familiari non avrebbero saputo della partenza dei propri cari. «Non sapevamo niente, lo abbiamo scoperto solo due giorni dopo, a fatto compiuto – racconta a MeridioNews un cugino della vittima -. Ancora non riusciamo a capire che cosa ci facesse in Belgio, e nessuno ci dà una risposta». Dalla famiglia di Jakelich escludono che l’uomo fosse vicino ad ambienti malavitosi. «Mario per noi era un ragazzo perbene, stimato da tutti: calmo, cordiale e legato alla famiglia – continua il cugino -. Anche se ci vedevamo una volta l’anno era sempre un piacere rivederlo. Problemi di droga? Mai avuti».
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