C’è grande delusione tra gli operatori del settore della ristorazione, il discorso di ieri del presidente Conte ha lasciato l’amaro in bocca. Aspettare ancora, fino all’1 giugno, per riprendere le attività rischia di lasciare abbassate per sempre le saracinesche di molte, troppe imprese. Gli imprenditori del turismo ricettivo, bar, ristoranti, alberghi e balneari lanciano il […]
Fase 2, la delusione del settore ristorazione
C’è grande delusione tra gli operatori del settore della ristorazione, il discorso di ieri del presidente Conte ha lasciato l’amaro in bocca. Aspettare ancora, fino all’1 giugno, per riprendere le attività rischia di lasciare abbassate per sempre le saracinesche di molte, troppe imprese. Gli imprenditori del turismo ricettivo, bar, ristoranti, alberghi e balneari lanciano il loro grido dall’allarme: la misura è colma, subito le risorse o resteranno solo macerie.
“I nostri dipendenti stanno ancora aspettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare, oggi apprendiamo che potremo riaprire dal primo di giugno – afferma amareggiato il presidente regionale della FIPE Confcommercio Dario Pistorio -. Miliardi di danni dall’inizio della crisi, non solo per noi imprenditori ma per l’economia del nostro territorio. Non hanno capito che si sta condannando una buona parte del settore della ristorazione e dell’intrattenimento alla chiusura. Il mercato ha bisogno di chiarezza ad oggi non esiste neanche una data ipotizzata per una ripartenza senza vincoli. Gli stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese. Servono risorse, liquidità sul mercato, e servono subito a fondo perduto, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti – continua Pistorio -, sappiamo solo quanto dovremo stare ancora chiusi, nulla si sa quando le misure di sostegno verranno messe in atto. Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall’Inail che indica i Pubblici Esercizi come attività a basso rischio. La questione si aggrava per le imprese ogni giorno di più, nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza”.
E se poco è stato concesso al settore della ristorazione con l’ultimo DPCM non lascia comunque contenti gli imprenditori. “La possibilità di ricorrere all’asporto è stata una delle nostre prime richieste – spiega Giovanni Trimboli, presidente FIPE Ristoranti – ma concederla adesso è già troppo tardi, quando altre categorie ne fanno uso dall’inizio della crisi. L’asporto non è una opportunità per la ristorazione, diventerà una guerra tra poveri, non servirà ad altro che togliere fette di mercato per accontentarci di magri incassi che non ci aiuteranno neanche a sostenere le nostre imprese”.
Insoddisfatti anche gli operatori del settore balneare. Il permesso già ottenuto per i lavori di manutenzione e allestimento delle spiagge non basta a garantirne l’apertura: servono disposizioni in materia sanitaria. “Serve con urgenza l’indicazione dei requisiti necessari a realizzare un corretto montaggio nel rispetto delle direttive sanitarie – afferma Ignazio Ragusa, presidente regionale Sib-Fipe Confcommercio –. Inoltre, è essenziale sostenere la categoria con incentivi per le assunzioni e sgravi contributivi al fine di permettere il mantenimento occupazionale degli scorsi anni. In questa particolare situazione è poco realistico immaginare un utile, ma è altrettanto irrealistico pensare di fare a meno dell’operato della categoria che, palesemente, offre servizi di pubblica utilità garantendo prestazioni di sicurezza in mare e all’interno delle strutture, rispetto delle disposizioni sanitarie, pulizia e salvaguardia degli arenili”.
Su una cosa sono tutti d’accordo: questo governo non ha il polso dell’economia reale del paese. Se prima la stragrande maggioranza delle imprese faceva fatica adesso rischia di non riaprire più. Un altro mese di spese da affrontare come Enel, costi del pos e tasse sulle spalle non è sostenibile. Per fare ripartire l’Italia gli imprenditori chiedono di rivedere la tassazione, di creare un modello nuovo che funzioni con “un dare ed avere”, quello che non c’è stato adesso. Pretendere sempre senza dare mai nulla rischia di mandare in corto il rapporto tra Stato ed impresa. Di spezzare quel cordone ombelicale tra Stato e cittadini. Delusi e amareggiati, gli imprenditori chiedono e pretendono di fare dignitosamente il loro lavoro senza elemosinare.
Fonte: comunicato stampa Confcommercio Catania