Falcone e Borsellino? Assassinati per l’inchiesta sui grandi appalti nazionali

Alcuni giornalisti e alcuni magistrati coraggiosi (e fuori dal coro) lo hanno sempre sostenuto: Falcone e Borsellino sono stati uccisi per la mega inchiesta dei Ros sui grandi appalti pubblici che la Procura di Palermo archivia appena qualche giorno dopo la morte di Borsellino. Una inchiesta che fa tremare l’Italia, e non solo la Sicilia.
“Le loro indagini – si legge tra i documenti della Procura di Caltanissetta – nel 1991 avevano aperto scenari inquietanti e se fossero state svolte nella loro completezza e tempestività tra il 1991 e il 1992, inquadrandole in un preciso contesto temporale, ambientale e politico avrebbero avuto un impatto dirompente sul sistema economico e politico italiano ancor prima o contestualmente a Tangentopoli». Un mare di risorse pubbliche, grossi gruppi industriali, mega appalti nazionali, il riciclaggio (è del 1991 la frase di Falcone: “La mafia è entrata in Borsa”). Un intreccio perverso di interessi ad alta tensione che andavano al di là dai confini siciliani (altro che Corleone, verrebbe da dire).
Oggi a sostenere la tesi secondo cui i due magistrati siciliani sono stati uccisi per questioni di business nazionale, perché avevano toccato i fili ad altissima tensione, è anche un giudice. Si tratta di Francesco Imposimato, in prima linea negli anni settanta e ottanta, che nel suo libro “Corruzione ad alta velocità. Viaggio nel governo invisibile’ (ed. Koiné Nuove Edizioni; pp. 191; € 14,50), dice: “Quando nel 1992 stava prendendo avvio la Tav mi accorsi che quest’opera pubblica era accompagnata da bombe e attentati contro le imprese che si trovavano lungo la tratta. Essendo allora membro della Commissione antimafia, decisi di fare un’inchiesta perché mi resi conto che nell’opera confluiva anche la malavita organizzata al fine di lucrare somme ingenti attraverso la moltiplicazione dei costi. E’ venuto fuori che nella Tav partecipavano politici corrotti e imprese della mafia. Inoltre, la linea Tav è strettamente connessa con la morte di Falcone e Borsellino, i quali, parallelamente a me, avevano riscontrato le stesse ‘anomalie’ nel progetto Tav”. L’ennesima prova che i due magistrati avevano deciso di guardare ben al di là di Corleone e dello Stretto di Messina. Cosa, che a quanto sembra, non gli è stata perdonata.


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