A causare le esplosioni all'interno della struttura di proprietà della famiglia Costa potrebbe essere stata una scintilla. Sul posto si trovava il personale di una ditta esterna per montare dei cancelli. Tra le vittime anche la moglie del titolare
Fabbrica fuochi d’artificio, morti salgono a cinque Procuratore: «Operai stavano lavorando con flex»
Una tragedia che potrebbe essere stata scaturita dai lavori per la messa in sicurezza dei locali disposti dalla prefettura in seguito a controlli di routine. All’indomani dell’esplosione all’interno della fabbrica di fuochi d’artificio della famiglia Costa, a Barcellona Pozzo di Gotto, è questa l’ipotesi più concreta portata avanti dalla procura. Le indagini, è chiaro, dovranno ancora fare molta strada, ma per adesso si segue questa pista. Ieri sera, intanto, sono stati trovati i resti della quinta vittima.
Quattro dei morti sono operai che stavano lavorando nei capannoni di contrada Femminamorta: si tratta di Mohamed Taeher Mannai, 39 anni, Giuseppe Testaverde, 34 anni, Vito Mazzeo, 23 anni e Fortunato Porcino, 36 anni. A loro si aggiunge Venera Mazzeo, la moglie del titolare. La deflagrazione ha anche causato il ferimento di Bartolomeo Costa, 37enne figlio del proprietario. L’uomo è in gravissime condizioni. Migliora, invece, Antonino Bagnato. L’uomo è figlio del titolare della ditta che stava effettuando i lavori.
«Stiamo cercando di fare il punto della situazione che presenta diversi aspetti da chiarire – ha detto il procuratore capo di Barcellona Emanuele Crescenti -. Nella notte si è lavorato soprattutto per mettere in sicurezza l’area». La ditta chiamata da Costa avrebbe avuto il compito di montare dei cancelli. Gli inquirenti pensando che a far scoppiare tutto possa essere stata una scintilla causata dai lavori di saldatura. Al Tgr Sicilia, il procuratore ha detto che l’area era stata «adibita a fabbrica di fuochi, e dico adibita perché non era nata per esserlo e i lavori si stavano facendo proprio per mettere le strutture in sicurezza».
Questa mattina Crescenti ha aggiunto altri dettagli: a fare da miccia sarebbe stato del colorante che per cause ancora da chiarire avrebbe preso fuoco. La seconda esplosione, poi, sarebbe stata provocata dall’onda d’urto della prima. Ed è così che sarebbe crollato il casotto dove si trovava Venera Mazzeo. In totale sono state distrutte tre delle sedici strutture presenti nella fabbrica. Il compito degli investigatori, adesso, sarà quello di ricostruire esattamente come è andata. Sul campo anche il Nucleo investigativo antincendi dei vigili del fuoco. Le esplosioni sarebbero state due.