Non vi è mai stato, e di conseguenza non c’è neppure oggi, alcun automatismo nell’assegnazione all’Ersu dei beni ex Gioventù italiana del Littorio. Il decreto presidenziale del 1985 lo prevedeva: la Regione avrebbe dovuto trasferire quei beni all’ente per il diritto allo studio. La disponibilità del grande edificio dell’ex Casa del Balilla risultò però condizionata dall’uso al quale l’aveva destinato il Comune: ospitarvi la scuola Manzoni. Il soprintendente questa storia non la racconta, non cita gli atti attraverso cui la parte di gran lunga più consistente dei beni ex Gil non fu concessa all’Ersu in base al dettato del DPR 246 (1985).
E di conseguenza non possiamo neppure sapere se vi furono formali deliberazioni in materia.
Dalle dichiarazioni rilasciate dal soprintendente si direbbe che la questione delle trattative con l’Ersu riguardasse unicamente la piccola porzione dell’ex “teatrino didattico del balilla”, prima affittato come cinema a privati, poi abbandonato, infine occupato dai giovani del centro sociale. L’architetto Campo probabilmente ignora che la questione è addirittura più vecchia di noi che ne scriviamo ed è sempre stata collegata alla realizzazione di una Casa dello studente. Agli atti dell’Assemblea Costituente della Repubblica italiana (1946-48) c’è un’interrogazione parlamentare con la quale il deputato Eduardo Di Giovanni supportava un’istanza del rettore della nostra università: «… data l’importanza dell’università di Catania, che conta 5000 iscritti, è necessario che essa sia fornita della Casa dello Studente, come altre università anche meno importanti. All’uopo la destinazione dei locali suaccennati dell’ex GIL riesce opportuna e soddisfacente». Il Ministro della P.I. (Gonella) rispose che sì, gli erano stati già chiesti dal Rettore, ma si trattava di «rendere disponibili i locali in questione, dato che essi sono stati occupati dalle forze di pubblica sicurezza. Fino a questo momento, nonostante il considerevole tempo trascorso, la questione non è stata definita».
Una storia vecchissima dunque, nella quale il problema è sempre lo stesso. Anche dopo il DPR del 1985 l’Ersu manifestò interesse per l’acquisizione dell’intero edificio per progettarne la ristrutturazione in Casa dello studente, mentre era assai meno interessato ai locali dell’ex cinema. Il soprintendente non può sorvolare sulla conformità del locale ai compiti di un Ente deputato a fornire servizi per gli studenti. In ogni caso, non dovrebbe sostituirsi alle istituzioni responsabili. La questione della concessione e destinazione d’uso del bene riguarda tre parti: Ersu, Assessorato regionale e Comune di Catania. Spetterebbe semmai al soprintendente garantire la massima trasparenza. Da qui un preciso invito: pubblichi online l’intera documentazione dei rapporti con l’Ersu e col Comune, documentazione che non ha ragione di rimanere riservata e che non può essere esibita in maniera frammentaria.
L’aspetto più importante è però quello progettuale. Appellandosi alla registrazione catastale, il soprintendente ipotizza il ripristino a teatro: «Per legge, dunque, devo consegnare un teatro all’Ersu, a prescindere se l’Ente ha bisogno o meno di un auditorium. Faremo un teatro, e lo attrezzeremo: con un palco e delle poltroncine… ».
Ma ha mai visto un moderno spazio teatrale, l’architetto Campo? Volendo rievocare l’uso storico – “teatrino didattico” – chi ha detto che si debba pensare a una sala tradizionale? Cosa impedisce di pensare a una sala polifunzionale, dove i giovani fanno musica e organizzano cineforum, dove i bambini del quartiere vanno a fare ginnastica, laboratori di danza, giocoleria e – perché no? – persino il doposcuola. Insomma, tutte le cose che ha finora realizzato il Cpo Experia e altre ancora. L’idea dell’auditorium, del teatro col palchetto e le poltroncine, è vetusta e retriva. Ricorda le tante opere realizzate senza mai pensare alla gestione, prive di qualsiasi forma di coinvolgimento degli utenti: gli abitanti del quartiere, gli studenti, il volontariato sociale, gli operatori culturali di base). Progettazione partecipata, si chiama; nella consapevolezza che se i cittadini intervengono attivamente nella realizzazione di un progetto è più probabile che dopo se ne prendano cura. Invece a Catania abbiamo l’esempio opposto: ex cinema trasformati in modesti centri culturali, biblioteche istituite solo sulla carta, impiegati demotivati, incapacità di promuovere iniziative, strutture abbandonate al degrado, luoghi simbolo dell’abbandono dei quartieri.
E’ assai difficile raggiungere buoni risultati iniziando dal tentativo di isolare i giovani che hanno animato il Cpo Experia. Per quanto alcune parole possano rievocare periodi e contesti ormai lontani, la sostanza dell’attività del Cpo Experia è stata la solidarietà nei confronti dei ceti più disagiati e la supplenza di compiti che l’amministrazione cittadina non assolve. Perciò il tentativo di isolare questi giovani, di calunniarli presentandoli come irresponsabili, sconsiderati, violenti è un atto di malafede. Nella sua intervista il soprintendente Campo ha richiamato il titolo di un libro che non ha letto o che non ha compreso. Le parole sono pietre di Carlo Levi è il racconto di un viaggio nella Sicilia del secondo dopoguerra, una dura denuncia dei problemi sociali dell’isola. Fa specie che lo si possa citare per giustificare i manganelli e le teste rotte. I corpi di quelle ragazze e di quei ragazzi con le braccia alzate erano protesta non violenta e resistenza passiva. La città ha assistito sbigottita a un atto di violenza gratuita, alla quale non si può rimediare con la cattiva retorica. Le parole sono parole e le pietre sono pietre.
PS Ho scritto questo commento all’intervista del soprintendente Campo prima di leggere il resoconto di un incontro tra l’assessore Lino Leanza e una rappresentanza dell’Ersu (in seconda pagina della cronaca di Catania su “La Sicilia” del 7/11/09). Viene da ridere. Prima si esibisce l’inoppugnabile imperio delle leggi; poi, il giorno dopo, l’assessore regionale smentisce il soprintendente annunciando che la sede del Cpo Experia diventerà la mensa in centro storico che gli universitari catanesi aspettano da un decennio. Mensa nell’ex cinema, come? Senza cucine? Si farà l’ennesimo appalto per cibi precotti? E più che mai si recita a soggetto. (L.G.)
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