«In queste settimane ci siamo espressi su più argomenti, oggi abbiamo scelto il tema degli spazi abbandonati in città. Soprattutto quelli del Comune di Catania». Simone Bellino – 24 anni, studente di Scienze politiche e lavoratore – spiega così il «blitz» che questa mattina i componenti del Coordinamento universitario hanno portato a termine negli uffici dell’ex mercato ittico di via Domenico Tempio. Si sono presentati nello stabile comunale armati di striscioni, «per attirare l’attenzione sugli immobili a disposizione dell’amministrazione e mal gestiti». Sull’onda lunga delle polemiche per le alienazioni immobiliari previste anche nel piano di rientro approvato dal Consiglio comunale alla fine di settembre.
«In questo momento di grande precarietà e disagio, il Comune ha deciso di reagire alla crisi svendendo gli immobili comunali – prosegue Bellino – All’ex mercato ittico ci sono due uffici comunali che si occupano di spurgo pozzi neri, mentre il resto della struttura è completamente distrutto». Sebbene, nell’idea dell’amministrazione, ci sia da tempo un intervento di ristrutturazione per destinare il palazzo a uffici comunali. L’idea dell’ormai ex assessore al Bilancio Giuseppe Girlando era di trasferire lì gli uffici dell’assessorato ai Lavori pubblici, quelli che adesso vengono ospitati al faro Biscari. In affitto, a un costo che si aggira intorno agli 800mila euro l’anno.
Un annuncio, quello dell’assessore, arrivato ad aprile ma smentito poche settimane fa. Quando per gli stessi uffici, sempre con l’obiettivo di risparmiare sull’affitto del faro Biscari, era stato il sindaco Enzo Bianco in persona a sostenere che si stava lavorando alla riqualificazione della ex scuola Giovanni XXIII di via Torquato Tasso, nel quartiere di Nesima. «L’ex mercato ittico potrebbe essere un posto importante per la città – prosegue lo studente – Ci sono spazi enormi, che potrebbero essere usati per molti scopi. E invece si preferisce continuare a cedere alle speculazioni immobiliari. E il momento storico non lo consente». Motivo per il quale anche questo gruppo di universitari ha deciso di occuparsi del tema: «La nostra attenzione nei confronti della città riguarda tutti gli argomenti. È per questo che ci chiamiamo Generazione ingovernabile: perché paghiamo le conseguenze di tutte le politiche delle amministrazioni, non solo quelle sui temi dell’università o della scuola».
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