Europee, Romano si toglie i sassolini dalle scarpe «De Luca dopo Musumeci? Scenario improbabile»

Nonostante l’astensionismo da percentuali quasi bulgare dimostri che quello con gli elettori, specialmente in Sicilia, sia consunto, quella attuale resta l’era dei patti, specialmente nel centrodestra. Accordi siglati, altri che arrivano a superare quelli esistenti, ma tutti stretti all’ombra di simboli di natura diversa: da quello dell’arancino che in chiave nazionale sugellò l’alleanza tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni prima del 4 marzo di un anno fa – anche se politicamente sembra passata un’era geologica – al più recente patto della Madonnina che ha visto protagonisti Cateno De Luca e Gianfranco Miccichè.

Il sindaco di Messina e il presidente dell’Ars si sono venuti incontro, con il primo che in vista delle Europee si è speso non solo per Dafne Musolino – l’assessora messinese che ha tentato il salto a Bruxelles – ma anche di Giuseppe Milazzo, l’uomo su cui il presidente dell’Ars ha puntato vittoriosamente due volte: la prima quando in ballo c’era il posto in lista a scapito del forzista di ritorno Giovanni La Via, la seconda dentro le urne, dove Milazzo ha ottenuto il pass per l’Europa. Il tutto grazie anche e soprattutto ai consenti ottenuti a casa di De Luca: quella provincia di Messina da cui il primo cittadino ha annunciato la corsa alla presidenza della Regione, con il benestare, almeno per il momento, proprio di Miccichè.

E per essere precisi andrebbe ricordato che, prima del patto della Madonnina, tra De Luca e Miccichè c’era stato – era marzo – quello che il sindaco, di ritorno da una trasferta a Palermo, aveva consacrato a un’entità più terrena: la pignolata. In ballo allora c’era ancora solo la candidatura di Musolino

Stamattina però a essere citato è stato un altro accordo, discusso ancora prima della pignolata e tra quelli che non sarà ricordato in termini di solidità: il patto di Cefalù. A parlarne è stato Saverio Romano, il grande deluso delle Europee nella lista di Forza Italia. L’ex ministro è arrivato terzo dietro Milazzo, con uno scarto di poco più di 1618 voti e la consapevolezza di avere vinto lo scontro diretto in Sardegna e in cinque province su nove della Sicilia. Le sconfitte, oltre che a Palermo dove Milazzo era favorito, sono arrivate a Siracusa e Ragusa – ma con differenze minime – e soprattutto, in maniera cocente, a Messina. Nella provincia dello Stretto Milazzo ha trovato un tesoretto da quasi 19mila voti, ottomila preferenze in più di Romano. «L’esperienza politica che ha portato Forza Italia all’ottimo risultato alle Europee non ci sarebbe stata senza il contributo fondamentale dei popolari e degli autonomisti e di altre forze di centro che si sono riconosciute nella mia candidatura e che l’hanno convintamente sostenuta – ha detto Romano -. Spiace constatare di avere subito una vera e propria crociata di partito». 

Inutile dire verso chi sia puntato il dito. «Il coordinatore regionale di Forza Italia (Miccichè, ndr) ha condotto una battaglia personale piuttosto che incoraggiare un gioco di squadra e ha schierato tutto e il contrario di tutto contro di me con promesse di ogni genere: non credo ci sia nulla da festeggiare politicamente da parte sua», attacca Romano. Il presidente di Cantiere popolare, che a fine novembre aveva chiuso l’accordo per una lista unitaria alle Europee, traccia una linea per segnare il confine tra chi si sarebbe distinto per il rispetto della parola data e chi – i nomi non vengono fatti ma le allusioni bastano – invece non l’avrebbe fatto. «Rinnoviamo il nostro sostegno al presidente Musumeci e credo sia poco coerente che qualcuno apra spiragli e prospettive improbabili nei confronti di chi aspira a succedergli solo per qualche giochetto di preferenze – sottolinea l’ex ministro -. Senza di noi il 17 per cento di Forza Italia non ci sarebbe stato. Berlusconi lo sa bene e condivide il progetto politico nato dal patto di Cefalù e condiviso da Miccichè». Smaltite le acredini a tentare la ricucita potrebbe essere però proprio Micciché. Intenzionato a dare «un corpo» a questo contenitore politico. Fatto di moderati, forzisti, centristi e autonomisti. Ennesimo esperimento nel nome del laboratorio Sicilia


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