Insieme alla rete già esistente si aggiunge il lavoro di un team di ricercatori delle università di Firenze e Palermo , coordinate dal ricercatore Maurizio Ripepe. Dei sensori acustici saranno in grado di rilevare onde sonore a bassa frequenza emesse dal vulcano
Etna, nuovo sistema di allerta automatico per eruzioni «È utile per velocizzare le procedure e ridurre i rischi»
Alla rete di monitoraggio dell’Etna, già uno dei vulcani attivi più sorvegliati al mondo, si aggiunge un nuovo sistema di allerta automatico per le eruzioni esplosive, messo a punto da un team di ricercatori dell’Università di Firenze e di Palermo, coordinato dal ricercatore Maurizio Ripepe. I risultati dello studio (Infrasonic Early Warning System for Explosive Eruptions) portato avanti dal gruppo di ricerca sono stati da poco pubblicati su Journal of Geophysical Research: Solid Earth, prestigiosa rivista scientifica dell’Unione Geofisica Americana (Agu).
Il sistema si basa su due reti di sensori acustici disposti sul margine meridionale della Valle del Bove – a una quota di 2100 metri sul livello del mare e a una distanza di 5,5 chilometri dai crateri sommitali – e su Monte Vetore – sul fianco meridionale del vulcano, a 1800 metri sul livello del mare e a una distanza di 6,5 chilometri dai crateri sommitali. I sensori sono in grado di rilevare onde sonore a bassa frequenza, non udibili dall’orecchio umano e che vengono emesse da un vulcano poco prima di un’eruzione, e infine inviare in maniera completamente automatica segnali di allerta tramite sms ed e-mail agli organi di Protezione Civile.
Tra le varie tecniche di sorveglianza, il sistema di rilevamento infrasonico è forse quello che più di tutti rispecchia maggiormente i processi esplosivi di un vulcano a condotto aperto come l’Etna. Il segnale infrasonico, infatti, è generato quando le dinamiche vulcaniche interagiscono effettivamente con l’atmosfera e ciò avviene soltanto durante un evento esplosivo. L’aumento dell’ampiezza del tremore vulcanico e del segnale infrasonico sono entrambi associati all’attività stromboliana, attività che, sull’Etna, diventa molto più frequente e intensa prima della messa in posto di una fontana di lava sostenuta. Mentre però il segnale derivante dal tremore può essere inquinato da altri fattori non necessariamente collegati all’attività vulcanica, il segnale infrasonico risulta più attendibile e adatto a identificare e descrivere i processi legati all’attività esplosiva.
Inoltre, se le condizioni atmosferiche lo permettono, il segnale infrasonico può propagarsi fino a migliaia di chilometri facendo sì che esso possa essere rilevato anche da strumenti molto distanti dalla sorgente. La rete è stata testata per otto anni, dal 2008 al 2016, con ottimi risultati: su 59 episodi esplosivi con fontane di lava, il sistema ha rilevato in 57 episodi il verificarsi dell’eruzione un’ora prima del loro inizio, con una percentuale di successo del 96,6 per cento. Il sistema di allerta è diventato operativo in occasione del parossismo del dicembre 2015 quando la notifica di allerta era stata inviata automaticamente alla Protezione Civile circa un’ora prima l’evento eruttivo del 4 dicembre, permettendo così una più efficace prevenzione del rischio da parte di autorità e guide vulcanologiche. «La maggior parte dei circa 1500 vulcani attivi al mondo non è monitorata in tempo reale. Lo studio delle onde sismiche legate ai movimenti del magma spesso non basta, dev’essere accompagnato da un’allerta automatica in grado di velocizzare le procedure e ridurre il rischio» afferma Ripepe, autore dello studio. «Dopo i primi positivi test sull’Etna i sensori saranno sperimentati anche su altri vulcani, che potrebbero mostrare dinamiche e tempi di risposta diversi. L’obiettivo è creare una rete di monitoraggio globale» conclude il ricercatore.
Le eruzioni vulcaniche sono fenomeni che si evolvono molto rapidamente e per le quali non sempre è possibile l’attivazione di immediati ed efficaci piani d’emergenza con la conseguenza che, molto spesso, la comunità sia esposta a una serie di numerosi rischi. Basti pensare, prima di tutto, l’elevato rischio associato alle aree sommitali di quello che, oltre a essere uno dei più attivi vulcani al mondo, è anche uno dei più frequentati. Non è da sottovalutare, inoltre, anche l’effetto che la ricaduta di ceneri e lapilli messi in circolazione in atmosfera durante un’eruzione, possa avere sui trasporti aerei o su aree densamente abitate.
Appare evidente che, in questo quadro, la presenza di un innovativo strumento che, senza la supervisione umana, riesca ad allertare gli organi preposti alla sicurezza pubblica sia di grande supporto e utilità. Il sistema andrà a ottimizzare e affiancare la rete di rilevamento già presente sull’Etna per una valutazione in tempo reale delle dinamiche del vulcano e per la realizzazione di tempestivi piani di emergenza.