Ha coperto, di corsa, 43 chilometri da Linguaglossa al cratere di nord est e ritorno. Unico precedente era stata una sola andata in più tempo. L'atleta 18enne racconta la sua impresa: la commozione di chi l'ha cresciuto a pane e montagna, «le ridicole limitazioni» imposte dalle istituzioni e l'amore per il vulcano nonostante la vita a Napoli
Etna, la sfida vinta di Salvatore Ragonese Quasi sette ore tra vento, divieti e nostalgia
Ce l’ha fatta in sei ore e 59 minuti. Nonostante il vento contrario e la neve molle, dove ogni passo sprofondava e lo rendeva più lento. Ha vinto la sua sfida Salvatore Ragonese, 18 anni, che ieri intendeva stabilire un record sull’Etna percorrendo 43 chilometri di corsa, da Linguaglossa fino alla cima del vulcano e ritorno. Ci ha messo 59 minuti in più del tempo stimato, ma nessuno aveva mai nemmeno provato una simile impresa. Tre anni fa, un altro ragazzo aveva fatto il solo percorso di andata in sette ore e 35 minuti. «Sono soddisfatto soprattutto perché ho capito quanto fosse importante anche per le persone che mi sono state accanto», commenta ancora stanco ed emozionato. Ragonese parla di suo padre e suo nonno, che gli hanno trasmesso fin da piccolo l’amore per la montagna; e di sua madre, forse la più commossa di tutti. «Mi hanno seguito e incitato e, all’arrivo, abbiamo stappato una bottiglia di spumante».
Alle 9.10 il giovane atleta è partito da Linguaglossa. «Sono arrivato allo chalet Le Ginestre in un’ora, un tempo inferiore di quanto mi aspettassi – racconta – Mentre sono passato da Piano Provenzana dopo due ore». Da lì è iniziata la salita verso il cratere di nord est, dove la corsa si è fatta più difficile a causa delle condizioni meteorologiche. «Il vento contrario soffiava a più di 50 chilometri orari e si sprofondava nella neve molle – continua Ragonese – In quattro ore e 53 minuti sono arrivato in cima e da lì è iniziata la discesa». Per cui sono servite circa due ore. Accanto a Salvatore c’era anche Biagio Ragonese, suo zio e nota guida dell’Etna, e alcuni amici. Tra loro, Giuseppe Distefano di Etna walk che ha preso a cuore la sfida e ha deciso di documentarla.
Parte del percorso compiuto da Salvatore rientra nell’area il cui accesso è vietato dalla prefettura – sulla base di un documento della protezione civile regionale – con un’ordinanza aspramente criticata da guide, appassionati e cittadini. Catanesi e non solo. Tra i contrari ai divieti sull’Etna, c’è proprio Salvatore Ragonese. «Se mi avessero fermato, avrei chiesto dove sono i cartelli che dicono alle persone che non si può salire», commenta il giovane. Che aveva anche comunicato – il 20 e il 27 aprile – la sua iniziativa al Parco dell’Etna, senza però ricevere alcuna risposta: «Considerato il silenzio, non ho nemmeno chiesto autorizzazioni o supporto». «Io di queste limitazioni non ne penso affatto bene – continua Ragonese – Quando si sale in montagna, lo si fa assumendosi il proprio rischio. I divieti sono ridicoli ed esistono solo qui». Anche perché, con quegli stessi divieti, lui adesso non sarebbe stato lo stesso.
Salvatore Ragonese oggi vive lontano dall’Etna. Frequenta la scuola militare Nunziatella di Napoli, «ma torno spesso». Ed è anche il rapporto con la montagna, appreso nell’infanzia, a tenere vivo il legame con la sua terra. Un legame alimentato da tentativi di record come quello di ieri e da prossimi obiettivi. «Farò la Supermaratona da zero a tremila e questa estate la 64 chilometri», anticipa. L’allenamento continua anche a Napoli, «dove però corro su strada perché non sempre ho il tempo di andare sulla costiera amalfitana», racconta il giovane. Un contesto diverso dall’allenamento in montagna, che non ti prepara ad affrontare dislivelli e tipi di terreno diversi. «Ma anche se sono meno allenato – conclude Salvatore Ragonese – riesco a trasformare la nostalgia in forza».