Se l'Etna burning festival non è piaciuto non è per la musica elettronica, ma per la rottura della quiete all'interno di una zona in cui è vietato, insieme a molto altro, «disturbare gli animali» e «praticare il campeggio». Tutte cose, invece, che sarebbero avvenute con l'autorizzazione delle istituzioni
Etna, ambientalisti sul festival techno «Area protetta svenduta per un rave»
«Se in un bosco viene sparato un colpo di fucile, in cinque minuti tutti gli animali sono andati via, scappati per via del rumore. Immaginiamo se per una o più giornate in quel bosco, che dovrebbe essere silenzioso, c’è la musica a tutto volume». Per parlare dell’impatto ambientale dell’Etna burning festival — la tre giorni di musica techno a piano Pernicana, nel parco dell’Etna — Luigi Lino, responsabile del Fondo siciliano per la natura, sceglie di fare un esempio. «Perché il fracasso di uno sparo dovrebbe essere diverso, per gli animali, da quello di una discoteca? Non sono stati considerati i decibel prodotti dalla musica in un’area naturale protetta?». La sua domanda ha a che fare con le autorizzazioni che sono state concesse per lo svolgimento della manifestazione musicale e che, secondo il comandante della Forestale Luca Ferlito — che segue le indagini sul caso —, sarebbero state rilasciate «in modo superficiale». «Non sono semplicemente superficiali — rincara la dose Giuseppe Rannisi, presidente della sezione di Catania dell’associazione animalista Lipu — Sono autorizzazioni errate, che vanno contro la normativa». La quale non discrimina in base al genere musicale. Alle stesse condizioni, «fosse stata musica classica sarebbe stato lo stesso tipo di scempio».
L’Etna burning festival è cominciato lo scorso 24 aprile e si è concluso ieri. La locandina prometteva «music, free camping, food&drink». Ed è esattamente quello che si sono trovati davanti gli uomini del corpo forestale quando sono intervenuti. «Camion dei panini, parcheggio a pagamento e musica a tutto volume», ha raccontato a MeridioNews Ferlito. Il tutto in «zona B» del Parco, cioè un luogo in cui — si legge nel decreto istitutivo dell’ente — è vietato «introdurre veicoli a motore sulle piste forestali, sui sentieri montani e sulle mulattiere», «disturbare animali», «abbandonare i rifiuti e predisporre posti di raccolta», e «praticare il campeggio». L’area inoltre è anche un sito di interesse comunitario, anch’esso tutelato.
«Il bosco è popolato dagli animali: basta il calpestio a dar loro fastidio — continua Rannisi — figurarsi quel baccano. Questo è un periodo di nidificazione, in cui le coppie di uccelli stanno prendendo possesso del territorio. Certamente non sceglieranno più quello. E se alcuni di loro avevano già deposto le uova, la musica e l’invasione di gente li hanno costretti ad abbandonare il nido». I danni alla fauna selvatica, poi, non si limiterebbero agli animali notturni: «Gufi, allocchi e assioli sono estremamente suscettibili, e vivono di notte. Figurarsi con tutte quelle luci sparate in giro», spiega il presidente della Lipu. E Luigi Lino interviene: «Senza contare che gli animali diurni, che vanno a caccia di giorno per procurare il cibo per sé e per i propri cuccioli, se non dormono di notte non hanno la lucidità necessaria per prendere le loro prede». Un po’ come avviene «con i residenti che vivono sopra le discoteche rumorose: non riescono a stare tranquilli».
Tra gli animali che popolano l’Etna, poi, ci sono specie «in forte diminuzione». Animali a grave rischio di «scomparsa» dall’ecosistema etneo. «Sul nostro vulcano la natura è in equilibrio biologico perfetto — dice Lino — E questa situazione non accetta neanche il rumore delle moto che passano». «La valutazione di impatto ambientale non è stata fatta. O, se è stata fatta, certamente non sono riusciti a immaginare correttamente le sue conseguenze», arringa Rannisi. «La Lipu manderà una lettera ufficiale di protesta sia al parco dell’Etna che al corpo forestale, questo festival non può passare come se niente fosse successo». «Fa rabbia che un parco venga svenduto a qualche paninaro. È un’area protetta, nasce per tutelare la natura e gli animali, non per farci dentro i rave party», conclude. «Per 60 anni ho fatto i salti mortali per difendere la natura — si rammarica Luigi Lino — Quando sento cose come questa mi pare di aver fatto un buco nell’acqua. Non è giusto usare la montagna come un parco giochi, spero che una cosa del genere non si ripeta mai più».
Nel frattempo, la polemica ha raggiunto anche chi ha partecipato all’evento. «Questo è per tutti i rompicazzo che si lamentano che disturbiamo gli animali e la natura», scrive un utente su Facebook, pubblicando il video di alcuni gattini che giocano sui piatti di un dj.