Luca Trischitta, in arte L’Elfo, parla del nuovo album come del suo lavoro più maturo. Undici tracce in cui l’artista ha cantato le strade e le piazze del capoluogo etneo e ha messo insieme «ritmo ed emozione sulla base. E per questo un diploma non serve»
Esce domani nuovo album del rapper etneo L’Elfo «Niente contro i talent, le ossa te le fai in piazza»
Mancano meno di 24 ore. Da domani, 16 novembre, sarà possibile ascoltare Gipsy Prince, il nuovo album
del rapper catanese Luca Trischitta, in arte L’Elfo, che ha raccontato a MeridioNews qual è l’essenza del
suo ultimo lavoro. «Non me ne frega niente di dare un messaggio con la mia musica – spiega l’artista – io scrivo quello che
vivo e do consigli come farebbe un fratello maggiore. Le mie storie, i miei stati d’animo, le mie esperienze
sulla strada, le persone che ho conosciuto. È questo che canto».
Strada è una parola che si trova tra le rime dell’Elfo come a indicare «casa». Eppure Luca, figlio del
giornalista e drammaturgo Domenico Trischitta, è nato e cresciuto nel cuore del capoluogo etneo.
«Sono
nato nel centro della città – dice Trischitta – ma se sei di Catania non distingui centro e periferia. Vivi la
piazza, le strade, le panchine. Non esistono i quartieri».
Questo disco arriva dopo L’Ignorepper, l’album d’esordio da solista del 2014, e dopo diversi singoli usciti nel
2016 e 2017, in cui L’Elfo ha mescolato ritmi classici con rime in dialetto catanese. Mbare che dici, Sangue catanese, Fuoco dell’Etna, Pi tutti i carusi, per citarne alcuni. «Questo è il mio lavoro più maturo – continua Trischitta – Sono cresciuto e adesso la musica la
padroneggio e sento di avere sotto controllo il ritmo e le emozioni sulla base».
Disturbato, Carusi do
Sud, Rolex, Aiphone sono alcuni dei brani che dal 16 novembre si potranno ascoltare su iTunes,
Amazone Prime e Google Play, e dal 23 novembre su Spotify.
Undici tracce che racchiudono le due anime che albergano nell’Elfo. «Principe e zingaro – associazione che
dà il titolo all’album – raccontano quello che sono. Una persona che sa come comportarsi in strada così
come negli ambienti più sofisticati», spiega il rapper che si è lasciato ispirare dal romanzo fantasy Il signore degli anelli per scegliere il suo nome d’arte.
Luca Trischitta si avvicina alla musica a 12 anni. «Mi piaceva poco la scuola – ricorda – Preferivo i graffiti, il
freestyle e la break dance».
E dopo un percorso di studi tortuoso è la musica a regalargli le prime
soddisfazioni. «Ho frequentato a Catania l’Istituto d’arte, poi il liceo artistico. Sono stato bocciato varie
volte e alla fine il diploma l’ho preso in Lingue in una scuola privata». Con il freestyle, invece, nel 2014
L’Elfo vince la gara per le preselezioni del programma MTV Spit e nella Super tappa milanese si qualifica
primo, sancendo il suo ingresso nel programma. Il 2017 è l’anno in cui Trischitta arriva secondo classificato
alla Mike Tyson freestyle battle, organizzata dal rapper Nitro.
Al disco, interamente prodotto dall’amico e produttore Funkyman, con la produzione esecutiva di Shut up srls, Trischitta ha lavorato dieci mesi, mettendo insieme sonorità moderne che spaziano dal pop alla trap.
La musica dell’Elfo oggi è ascoltata anche a «Roma, Napoli, Milano e Torino e molti ragazzi conoscono
Catania anche grazie alle canzoni che scrivo». La città dell’elefante, appunto, si sente in ogni canzone. «È
fondamentale per me. Catania è tutto e io con la mia musica l’ho resa arte».
Il rapper sa di essere apprezzato anche in quella Palermo in cui non ha potuto esibirsi lo scorso gennaio,
quando le intimidazioni rivolte a lui e ai gestori del centro sociale che avrebbe dovuto ospitarlo lo hanno
costretto a rinunciare al live. «Si trattava di dieci Ultras del Palermo che non hanno fatto altro che
associare me e la mia musica alla squadra del Catania e per questo hanno marcato il confine dicendomi che
ero persona sgradita – ricorda Trischitta – A me è dispiaciuto molto, perché avrei voluto suonare lì. Ma ogni
città ha i suoi dieci cretini, non possiamo farci nulla».
Le esperienze vissute con la gente dei suoi luoghi
sono per Trischitta il valore aggiunto al suo lavoro. «Non ho niente contro i talent show come X Factor –
precisa il rapper – ma quei ragazzi sono spesso catapultati in una vetrina. Usati finché hanno successo e poi
abbandonati. Se ti fai le ossa nelle piazze la tua musica è diversa, hai con te un bagaglio più solido». E il modello Gangsta rap? Sta diventando un cliché? «Lo è già diventato – conclude L’Elfo – Chi non conosce il
rap da vicino pensa che a fare quella musica siano persone che vivono nella violenza e si circondano di armi
e droga. Ma non è così. Il rap è un’altra cosa».