Direttore del dipartimento di Ingegneria Civile e architettura, originario di Giarre, classe 1964. Ecco chi è in pillole il professore Enrico Foti, candidato alla carica di rettore per succedere a Giacomo Pignataro. La sua candidatura – le altre sono quelle di Francesco Basile e Filippo Drago – è stata la prima a essere resa nota. Ufficializzata alla fine di luglio subito dopo la pronuncia del consiglio di giustizia amministrativa sulla decadenza degli organi statuari dell’università di Catania. Inizialmente sostenuto dall’ex Magnifico Tony Recca, Foti è stato successivamente scaricato dopo la decisione di Pignataro di non ricandidarsi. A meno di un mese dal voto spiega: «L’università deve essere una agorà, cioè il luogo in cui tutte le idee possano avere uguale diritto di cittadinanza».
La chiamano «razionalizzazione dei meccanismi di accesso all’ateneo» ed è uno dei primi successi vantati dall’amministrazione Pignataro. In buona sostanza, è saltato il numero chiuso in diversi corsi di studio e le immatricolazioni, secondo l’ex rettore, sono tornate a crescere. Qual è la strada che lei seguirà nel corso del suo mandato? Cosa pensa degli sbarramenti all’ingresso?
«La vistosa contrazione delle immatricolazioni nel nostro ateneo, registrata negli ultimi anni accademici, ovviamente sconsiglia l’adozione del numero programmato locale per l’accesso ai corsi di studio. Dobbiamo incoraggiare, piuttosto, la scelta dei nostri giovani a favore dell’ateneo catanese, con una più forte azione a sostegno del diritto allo studio, da svilupparsi in sinergia con la Regione siciliana e, in particolare, con l’Ersu. È evidente che qualunque azione futura non potrà essere disgiunta dal recupero di reputazione e di immagine della nostra università tra i giovani e le loro famiglie».
Un altro cambiamento è stato la minore centralizzazione del potere, con i direttori dei dipartimenti che decidono ad esempio su quali progetti di ricerca investire. Secondo lei, una scelta del genere può rendere più efficiente e produttivo il meccanismo della ricerca universitaria? Prevede meccanismi di controllo per evitare che si traduca in un eccessivo potere dei direttori dei dipartimenti rispetto alle decisioni interne?
«Non mi risulta – e parlo come direttore del dipartimento di Ingegneria civile e architettura – che i direttori di dipartimento abbiano la facoltà di decidere su quali progetti di ricerca investire. I finanziamenti alla ricerca derivano, pressoché esclusivamente, dalla partecipazione a bandi competitivi, regionali, nazionali e internazionali. Semmai, per incentivare la partecipazione ai bandi di concorso, sarebbe opportuno poter disporre di maggiori unità di personale tecnico-amministrativo, sia a supporto delle attività di scouting, allo scopo di favorire le chance di finanziamento, sia per una più efficiente gestione e rendicontazione dei progetti finanziati».
Che priorità dà ai seguenti punti: stabilizzazione del personale tecnico-amministrativo precario, assunzione dei ricercatori, assunzione di nuovi associati e ordinari?
«Non si può pensare ad una sorta di guerra tra poveri, privilegiando una categoria sulle altre. Visti i ritardi accumulati, bisogna riavviare, senza indugio, i processi di stabilizzazione del personale docente e tecnico-amministrativo ancora precario e, al contempo, garantire l’assunzione di nuovi ricercatori e di nuovi professori, tenuto conto delle risorse disponibili. Particolare riguardo dovrà essere prestato ai docenti del nostro ateneo che, pur avendo ottenuto l’abilitazione a professore di I o di II fascia, non hanno ancora avuto accesso alle procedure di chiamata previste dalla normativa sul reclutamento universitario».
Quale pensa che debba essere il rapporto dell’università con la città? E con la politica regionale?
«L’università deve essere una agorà, cioè il luogo in cui tutte le idee possano avere uguale diritto di cittadinanza e dove venga garantito il libero confronto. L’università è centro propulsivo per la crescita del territorio, nelle sue componenti sociali ed economiche. Penso, in particolare, all’intensificazione dei rapporti col mondo del lavoro, delle imprese, delle professioni, coi corpi intermedi in genere. Per ciò che concerne la relazione con la Regione e con gli altri enti locali, bisognerà assicurare al nostro ateneo il ruolo guida, nel contesto, anzitutto, delle politiche sanitarie, del diritto allo studio, dei trasporti, del turismo, della salvaguardia del patrimonio archeologico e culturale. Ciò senza trascurare il contributo che la scuola giuridica catanese potrà dare per la revisione della normativa regionale, anche allo scopo di agevolare quei percorsi di semplificazione burocratica che la nostra realtà territoriale attende da tempo».
Legalità e trasparenza sono due parole che hanno caratterizzato l’operato del suo predecessore a detta di moltissimi docenti. Secondo lei, concretamente, come si perseguono questi due valori?
«Legalità e trasparenza sono presupposti imprescindibili di qualunque gestione amministrativa. Per parte mia, ne ho fatto il motto della mia campagna elettorale, in risposta alle tante sollecitazioni di ancora maggiore trasparenza e legalità rispetto al passato: per andare avanti, occorre guardare avanti. Ritengo fondamentale, infatti, il rispetto delle regole, soprattutto al nostro interno, per evitare di ricorrere ai giudici a ogni piè sospinto, in modo da risolvere ab origine eventuali contenziosi che possano insorgere, per evitare di offrire alla collettività un’immagine del nostro Ateneo in perenne conflittualità. Al riguardo, ricordo, da ultimo, la sentenza del Cga del 29 luglio, che ha dichiarato la decadenza di tutti gli organi statutari, alla quale non si è data immediata attuazione, rivolgendosi ancora alla magistratura per ulteriori chiarimenti ottemperativi».
Un altro punto di scontro è stato il ruolo di direttore generale. Rivendicato da Lucio Maggio e al momento occupato da Federico Portoghese, che su impulso del cda sta procedendo a una revisione degli atti della precedente gestione d’ateneo. Qual è la sua posizione al riguardo? Chi sarebbe il direttore generale sotto la sua gestione?
«Per effetto delle sentenze della magistratura, che hanno dichiarato la decadenza di tutti gli organi di ateneo, il nuovo rettore, non appena insediatosi, dovrà procedere al conferimento del nuovo incarico di direttore generale. Ciò avverrà sulla base di una procedura comparativa – a cui darò amplissima pubblicità – prescritta dalla legge e dal regolamento di ateneo, regolamento che è stato votato dal senato accademico, presieduto dal precedente rettore, con il mio convinto voto di senatore. Nessuna altra ipotesi è, allo stato, legittimamente praticabile. Sono certo che sarà scelto il migliore tra i candidati».
Queste elezioni anticipate sono frutto della battaglia giudiziaria sullo statuto d’ateneo voluto da Tony Recca. Un documento che, secondo i giudici e il ministero dell’Istruzione, era illegittimo e troppo accentratore. Lei cosa pensa di quello statuto?
«Premesso che quello statuto fu approvato da organi di cui io non facevo parte, preciso che lo stesso è stato dichiarato illegittimo non per questioni di merito ma per ragioni procedurali. A ogni modo, ribadisco ulteriormente che ritengo assolutamente indiscutibili le sentenze della magistratura, il cui rispetto, da parte mia, verrà sempre e senza indugio assicurato».
Per mesi si è detto che la sua candidatura era quella dell’area dell’ex rettore Tony Recca, cosa confermata dal suo comunicato subito dopo la pubblicazione della sentenza del Cga e dalla sua area di provenienza – Ingegneria – storicamente vicina all’ex Magnifico. Come ha preso il pubblico endorsement di Recca all’altro candidato, Basile? Se l’aspettava?
«Ho già avuto modo di rappresentare alla comunità universitaria, con una nota che è stata ampiamente ripresa dalla stampa, che, quando ho manifestato, alla fine del luglio scorso, la mia disponibilità a candidarmi alla carica di rettore, era intenzione del professore Recca sostenere la mia candidatura anche con il suo voto. In seguito, ho preso atto del fatto che il professore Recca ha cambiato idea e che oggi sostiene la candidatura del professore Basile. Ciascuno di noi è liberissimo di cambiare opinione in qualunque momento e di esprimere liberamente il proprio voto. Di cui, nel segreto dell’urna, dovrà dare conto solo alla propria coscienza».
Secondo lei era una strategia per fare perdere qualche voto a Basile, il cui orientamento non era ancora così chiaro?
«Non mi sembra, dal tono dell’intervista, che le dichiarazioni del professore Recca fossero il frutto di una strategia. Comunque, ritengo che questa domanda dovrebbe essere rivolta non a me ma a lui».
A questo punto, le è stato chiesto di ritirarsi?
«Nessuno mi ha mai chiesto di ritirarmi. E ci mancherebbe altro! Anzi, sono tanti i colleghi che mi stanno sempre più incoraggiando ad andare avanti, con sempre maggiore impegno e determinazione».
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