Cronaca

Enna, la condanna del prete per abusi sessuali sui minori fa discutere: botta e riposta tra diocesi e vittima

Per le motivazioni bisognerà attendere ancora 88 giorni, ma la sentenza con cui don Giuseppe Rugolo è stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione per violenza sessuale aggravata su minori fa già discutere. Da una parte c’è l’avvocato difensore della curia vescovile della diocesi di Piazza Armerina (di cui fa parte la parrocchia San Giovanni Battista di Enna dove era in servizio il sacerdote); dall’altra c’è la legale che assiste la prima vittima, un archeologo oggi 30enne ma all’epoca dei fatti minorenne, che ha denunciato.

Il dispositivo è stato letto nell’aula del tribunale di Enna dal presidente Giuseppe Pitarresi, dopo otto ore di camera di consiglio, nel pomeriggio di martedì 5 marzo. Rugolo è stato condannato per tentata violenza sessuale ai danni dell’archeologo per i fatti accaduti nell’agosto del 2013. Per altre due vittime, invece, la condanna del sacerdote è per violenza sessuale continuata dal 2016 al 2018. Assolto, invece, con la formula «perché il fatto non sussiste» per gli stessi reati contestati ai danni di una vittima tra il 2018 e il 2019. Prescritte, infine, sono le presunte condotte portate avanti dal parroco fino al maggio del 2011. Intanto, Rugolo è stato anche interdetto «in perpetuo» – cioè per sempre – da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado e da ogni ufficio o servizio o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minorenni. L’interdizione durerà invece cinque anni per i pubblici uffici. Rugolo, inoltre, è stato condannato anche a risarcire le parti civili.

«Prendiamo atto della decisione del tribunale di Enna, aspettando di leggere le motivazioni». Inizia così un comunicato inviato dall’avvocato Gabriele Cantaro, il difensore della curia vescovile della diocesi di Piazza Armerina che è stata condannata come responsabile civile nel processo. Nell’attesa, però, il legale qualche puntino sulle i prova a metterlo. Innanzitutto sottolineando che il reato, almeno nei confronti della prima vittima, è stato «riqualificato in termini di tentativo» per i fatti accaduti nel 2013. «Il reato risulta solo tentato – risponde l’avvocata Eleanna Parasiliti Molica che assiste il giovane – solo grazie al fatto che la vittima è riuscita a sottrarsi all’aggressione sessuale». Stando a quanto si legge nel dispositivo della sentenza, i fatti avvenuti dal 2009 al 2012 sarebbero avvenuti ma, a causa del tempo trascorso, i reati sono ormai prescritti. «Se il tribunale avesse ritenuto che non fossero accaduti – puntualizza – avrebbe prosciolto l’imputato nel merito». Per le altre due vittime, Rugolo è stato condannato per violenza sessuale aggravata a danno di minori e per atti sessuali con minori. «La reale pericolosità delle condotte del sacerdote – aggiunge Parasiliti Molica – si evince dalla decisione di dichiarare l’interdizione in perpetuo da qualunque incarico nelle scuole o in strutture frequentate da minori».

E qualche precisazione, dal legale della curia viene fatta proprio in merito alla responsabilità civile dell’organismo ecclesiastico. «La condanna in solido della curia vescovile di Piazza Armerina non riguarda la condotta attribuita al vescovo (né a quello attuale, Rosario Gisana; né a quello in carica all’epoca del fatti, Michele Pennisi, ndr) ma una responsabilità di tipo oggettivo per l’operato dei chierici». Ultima questione di cui discutere, ma questa sì dopo avere letto le motivazioni della sentenza sarà la «presunta offerta di denaro per insabbiare la vicenda». I genitori della vittima hanno sempre denunciato di avere ricevuto dalla diocesi un’offerta di soldi della Caritas in cambio del silenzio sulla vicenda; il vescovo Gisana, invece, ha sostenuto che proprio da loro sarebbe arrivata una richiesta economica

Marta Silvestre

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