Nella partita a scacchi che si è giocata ieri al ministero dello Sviluppo Economico sui destini di Gela ad averla vinta è stata l’Eni. Per la nuova raffineria ad olio di palma non servirà la Via (la Valutazione di Impatto Ambientale). Una concessione da parte del ministero dell’Ambiente alla società. Domani quindi si riunirà la commissione che, per accelerare la partenza dei cantieri della green refinery previsti per aprile, dovrà sancire che basterà l’ultima Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata alla vecchia Raffineria nel 2012.
D’altra parte su 114 prescrizioni che lì erano indicate, Eni ne ha risolte 112, come dichiarato dall’avvocato Lotario Dittrich nel ricorso cautelativo d’urgenza. Al tavolo romano per la verifica dello stato di attuazione del protocollo d’intesa siglato il 6 novembre 2014, ciascuna delle istituzioni presenti tenta di tirare la coperta dalla propria parte. È evidente però che qualcuno dovrà rimanere al freddo. La proposta del sindaco Domenico Messinese è che «Eni investa a Gela tutti gli 1,8 miliardi di euro previsti, non solo per l’offshore a gas dei pozzi Argo e Cassiopea, ma anche con la realizzazione di uno yard di costa (cioè una sorta di grande cantiere ndr) per assemblare le piattaforme». Riprendendo così una vecchia idea della scorsa commissione consiliare allo Sviluppo Economico: ovvero creare un polo della metalmeccanica d’alta specializzazione che possa costruire in loco la piattaforma Prezioso K che, secondo i progetti dell’Eni, dovrebbe affiancare la Prezioso, proprio davanti a Gela . In realtà sulla costruzione della piattaforma, come non ha mancato di ricordare Eni, pende ancora il ricorso al Consiglio di Stato (sentrnza il 9 giugno), da parte di alcune associazioni ambientaliste e di quattro Comuni siciliani. «Ma il fatto che tra questi ultimi non ci sia Gela – spiega in una nota stampa la stessa giunta – ha spinto il primo cittadino a chiedere più sostegno economico per il territorio».
Insomma: il sindaco No Triv della campagna elettorale sembra ormai lontano. Anche perchè i sei cantieri di bonifica che partiranno a breve impiegheranno più che altro il settore dell’edilizia, coi metalmeccanici e gli elettrostrumentali che rimarrebbero fuori al momento dal ciclo produttivo. E per i quali il governo ha ammesso chiaramente che non sono previsti ulteriori ammortizzatori sociali. Per questo motivo i sindacati hanno spinto, anche se non era tema dell’incontro, sull’applicazione dell’area di crisi complessa. Il governo nazionale, per bocca della viceministra al Mise Teresa Bellanova, ha ribadito che su questa materia «non ha alcuna intenzione di innovare». Il risultato è che ancora una volta ad oltre 100 lavoratori dell’indotto dovrebbe provvedere la Regione siciliana.
«Ho detto al presidente Crocetta di utilizzare le risorse della formazione per rendere le persone occupabili – ha aggiunto Bellanova -. La Regione siciliana per il 2015 ha avuto un fondo di 75 milioni per la cassa in deroga». Per poi concludere che «non ci sono eccessive risorse, ma quelle che ci sono le dobbiamo destinare al lavoro nella massima efficienza e trasparenza». Ne esce scontenta soprattutto la delegazione del movimento spontaneo dei lavoratori che ha presidiato dalla mattina la sede del Mise. A un certo punto lo stesso movimento, attraverso la propria pagina Facebook, aveva diffuso le foto dell’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, sottolineando che sarebbe stato presente all’incontro. Una speranza, il coinvolgimento dell’Eni nella vertenza Gela ai massimi livelli, che in realtà era un fuoco fatuo: Descalzi infatti ha incontrato la ministra del Mise Federica Guidi, insieme all’amministratore delegato di Gazprom Alexey Miller, per discutere della situazione e delle prospettive del mercato del gas in Europa.
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