La delibera della giunta regionale, con la data del voto fissata per il 22 gennaio, aveva sorpreso un po' tutti. Poi la richiesta trasversale di rinvio e il dibattito che ne è scaturito, alla vigilia di una lunga stagione elettorale
Elezioni nei Liberi consorzi, la politica ancora divisa Foti: «Solo un banco di prova in vista delle Regionali»
Il prossimo 22 gennaio sindaci e consiglieri comunali di tutta la Sicilia saranno chiamati al voto per eleggere i presidenti e i consigli delle sei ex province diventate Liberi consorzi. O forse no. Da giorni l’argomento è oggetto di discussione, dopo la delibera della Giunta regionale che aveva spiazzato un po’ tutti annunciando la data delle elezioni attesa da dodici anni. La prima reazione è stata una richiesta trasversale di rinvio, con una nota firmata da esponenti di Partito Democratico, Lega, Forza Italia e di Popolari e autonomisti, che ha dato il via al dibattito.
«Votare alla vigilia delle elezioni amministrative è una cosa abbastanza strana – spiega a MeridioNews Giuseppe Lupo, capogruppo all’ars del Pd – Quelle dei Liberi consorzi sono elezioni di secondo livello, in cui chi è eletto fa parte di un’amministrazione comunale in carica. Se un sindaco eletto alla presidenza dovesse decidere di candidarsi alle Regionali e decade o si dimette oppure non dovesse venire riconfermato alle imminenti Amministrative, bisognerà rifare tutto da capo in quell’ente». Va a questo proposito ricordato che i Comuni siciliani che saranno chiamati al voto nella primavera del 2022 sono oltre un centinaio, di cui circa 40 all’interno di Liberi consorzi.
«Siamo in questa condizione – prosegue Lupo – Avremmo dovuto votare anni fa, farlo adesso, tre mesi prima delle elezioni, è un argomento che divide molti. Una cosa che Musumeci dovrebbe fare invece, se davvero come dice vuole bene alle Province, è fare insidiare le Assemblee dei sindaci, che non lo hanno mai fatto. Si tratta di uno dei tre organi di governo dei consorzi, insieme al presidente e al consiglio, di cui fanno parte tutti i sindaci della provincia. La legge ne consente l’insediamento, l’abbiamo modificata proprio per questo. Se un sindaco decade viene sostituito dal suo successore, senza il bisogno di votare, così intanto queste benedette Province cominciano a funzionare».
E tra chi è a favore e chi contrario al voto lampo per riattivare gli enti al momento commissariati, c’è anche chi propone una terza via. È il caso di Angela Foti, deputata di Attiva Sicilia. «In questo caso qualsiasi cosa si facesse si sbaglierebbe. Dopo tanti anni ci sta pure che nei Liberi consorzi i commissari vengano sostituiti con un’elezione, ma la mia è una posizione terza. A livello nazionale le province erano state abrogate con la riforma Delrio, una riforma costituzionale che ha subito una sonora bocciatura. Questo dovrebbe aprire il dibattito su questa vicenda».
«Il vero problema delle province è il prelievo forzoso da parte dello Stato – prosegue la deputata – Le necessità dei cittadini sono scuole, strade, assistenza, servizi, diritti che gli spettano, ma le risorse arrivano a singhiozzo e sempre limitate a quelle che sono le tasse che vengono pagate dai siciliani. Su questo la politica dovrebbe alzare la voce. Queste elezioni le vedo invece come un test per le Regionali e certamente non porteranno miglioramenti né alle strade provinciali, né ai centri sportivi provinciali, né agli altri servizi che sono in attesa. Sono un banco di prova per la politica strutturata affinché – conclude Foti – si possa fare un round di scontro per capire con chi allearsi, chi sono i soggetti forti e i soggetti fragili».
Intanto, proprio oggi in commissione Affari istituzionali all’Ars, è in discussione il disegno di legge che vede come primo firmatario il forzista Tommaso Calderone, ma un sostegno molto ampio rappresentato da Pd, Lega, Popolari e Autonomisti e Udc. Il ddl, composto da soltanto due articoli, chiede il rinvio delle elezioni di secondo livello a una data compresa fra il 30 giugno e il 30 dicembre del prossimo anno. Nella relazione allegata al teso si fa riferimento anche alla particolare situazione vissuta dalle tre Città metropolitane. «Per ragione diverse i sindaci delle tre Città di Palermo, Catania e Messina potrebbero cessare il loro mandato (Palermo certamente)», si legge. Il riferimento va, oltre alle previste elezioni amministrative nel capoluogo di Regione, alla possibile sospensione a cui potrebbe andare incontro Salvo Pogliese a Catania e a un’eventuale decisione di Cateno De Luca di dimettersi anzitempo per lanciare la propria volata verso le Regionali.