Ex province: la vittoria logora Forza Italia, Cuffaro perde in casa e il fronte progressista scopre La Vardera

Il potere logora chi non ce l’ha, si dice, ma a giudicare dagli strani risultati della prima tornata della storia della Sicilia per l’elezione dei sei presidenti delle ex province, ora liberi consorzi, anche chi vince non se la passa benissimo. È il caso di Forza Italia, che si impone in coalizione anche dove – soprattutto dove – il centrodestra si presenta spaccato e domina su Palermo. Motivo di orgoglio, si potrebbe dire, anche per i risultati esigui degli alleati di Fratelli d’Italia, che si devono accontentare dell’ottima performance su Catania, dove sono primo partito e della Lega, scomparsa quasi dai radar, se non fosse per il capoluogo etneo. E invece no, perché anche se la compagine del presidente Renato Schifani si aggiudica quattro ex province su sei, la polemica interna ritorna a galla a rovinare un turno elettorale vissuto da protagonista.

I dolori interni a Forza Italia

Particolarmente indigeste le sconfitte di Enna e Trapani. Nel capoluogo del centro Sicilia, che ha visto imporsi il centrosinistra con un candidato del Partito democratico, lo scontro è addirittura feroce. Tutto parte dalle dichiarazioni dell’ex assessore regionale, ora europarlamentare, Marco Falcone, che non solo getta ombre sull’impegno degli azzurri ennesi, ma fa anche nomi e cognomi, anzi, un nome e un cognome, quello della responsabile territoriale Luisa Lantieri. Falcone se la prende col voto disgiunto, denunciando le troppe schede in favore di aspiranti consiglieri di Forza Italia, che tuttavia indicavano Capizzi, candidato Dem, come presidente del Libero consorzio. «Più volte abbiamo segnalato la situazione di Enna – dice Falcone – dove purtroppo la segretaria locale Luisa Lantieri non ha mai reciso i legami con il Pd, il partito in cui militava fino a poco tempo fa. Dalla segreteria regionale FI non c’è stato nessun intervento in difesa della coerenza e dei valori del nostro partito». Lantieri che da par suo si è detta sgomenta dalle dichiarazioni del compagno di squadra e rimanda al mittente le accuse: «c’è un dato che parla da solo. Nella composizione della lista, su nove candidati, otto li ho proposti io. Falcone ha contribuito con uno soltanto, con modesti risultati. Forse il vero problema è che non ha mai davvero creduto nella forza della lista di Forza Italia».

Caso simile quello di Trapani, dove il candidato sconfitto, Giovanni Lentini, supportato dal centrodestra unito, denuncia: «Una parte importante di Forza Italia ha votato contro la scelta della mia candidatura e questo ha determinato il fatto che la coalizione del collega Quinci è riuscita a farcela». Accuse che, anche se non in maniera esplicita, si rivolgono al capogruppo di Forza Italia all’Ars, Stefano Pellegrino, che su Trapani è alla guida di una corrente forzista che si oppone a quella di Tony Scilla, ex assessore di Nello Musumeci e segretario provinciale del partito, che ha fortemente spinto la candidatura di Lentini.

Il campo strano sconfigge Cuffaro

Su Agrigento si è giocata la partita più curiosa di queste elezioni, con il centrodestra che non riesce a unirsi e che, secondo parecchie voci di palazzo, ha subito le insistenze della Democrazia cristiana, con un Totò Cuffaro fortemente interessato a riprendersi la sua provincia. Un’insistenza che si è prima conclusa con una frattura all’interno della coalizione, cosa non nuova, viste anche le altre province, ma soprattutto con la nascita del campo strano, una specie di campo largo, fin troppo largo, con Forza Italia e Grande Sicilia a fare intesa con Partito democratico e Movimento 5 stelle. Una mossa che ha certo destabilizzato i cuffariani, forti dell’appoggio di Fratelli d’Italia, che hanno in parte riversato la frustrazione in Aula all’Ars, con un acceso confronto verbale tra il capogruppo Dc Carmelo Pace, che ha accusato i Dem di poca coerenza e attaccamento alla poltrona, e Antonello Cracolici, che degli avversari ha rimarcato invece l’incapacità di trovare una proposta credibile per tutti i loro alleati. Vince dunque Giuseppe Pendolino, sindaco di Aragona, anche se il distacco in percentuale nei confronti di Stefano Castellino, sindaco di Palma di Montechiaro, non è così marcato. «La vittoria non è del fronte progressista: siamo seri, non si vince con il sostegno di Lombardo e di Forza Italia, la vera alternativa è altra cosa», commenterà Ismaele La Vardera, che con Alternativa, lista che riuniva il neonato movimento Controcorrente e Avs, ha corso al fianco del centrosinistra in altre province in ticket anche con il Movimento 5 stelle.

Gli esordienti: da AVS a Controcorrente, passando per Grande Sicilia

Centrosinistra che scopre i nuovi alleati, la lista Alternativa, con il ritorno a buone percentuali di Alleanza Verdi Sinistra e l’esordio in una competizione elettorale di Controcorrente di La Vardera. Su Palermo la lista piazza due consiglieri: l’orlandiano di ferro Fabio Giambrone e il consigliere comunale palermitano, veterano 5stelle, Tony Randazzo. Alternativa che fa bene anche nelle altre province, ma resta fuori gioco tuttavia su Catania, dove è dominio del centrodestra, che lascia al Partito democratico appena due seggi. Chi le indovina praticamente tutte tra gli esordienti è invece Grande Sicilia, che nelle varie fratture del centrodestra si ritrova più volte dalla parte vincente, complice anche la vicinanza stretta a Forza Italia. Il partito di Lombardo-Lagalla-Miccichè prende seggi praticamente ovunque e se a Palermo non va oltre all’elezione di Dario Chinnici, su Catania si aggiudica addirittura tre seggi, terzo partito al pari della Lega.


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