Elezioni Adrano: Di Primo, l’uomo della grande pace Parla il «garante» fra Mancuso, Ferrante, Sammartino

Lì dove l’unità sembrava impossibile, alla fine è arrivata. Ridisegnando una competizione elettorale che pareva assestarsi sugli equilibri di sempre. Ovvero quelli dell’irriducibile scontro fra pezzi di centrodestra in ostinata contrapposizione da anni. Eppure, almeno dal di fuori, a sorpresa è scoppiata la pace ad Adrano e così l’architetto Aldo Di Primo, inizialmente il candidato sindaco lanciato dall’area del sindaco uscente Pippo Ferrante, si ritrova a guidare una coalizione extra large dove trovano spazio le liste dei loro rivali di sempre, l’ex sindaco ed ex deputato Ars Fabio Mancuso e il deputato regionale Udc Giovanni Bulla. Nel 2008 e nel 2012 entrambi erano stati sconfitti da Ferrante. Oggi i due democristiani mollano l’idea di correre ancora da soli e si accontentano di riunire il centrodestra – «così come accade a Palermo» – sotto la guida di Di Primo, in passato volto sia delle amministrazioni Mancuso che di quelle Ferrante. Mancuso, ex Pdl, in forza dell’amicizia con l’ex coordinatore della Lega Angelo Attaguile, ha pure recuperato il simbolo del Carroccio patrocinandone la lista, mentre Bulla ha curato quella dello scudocrociato. 

Nel maxi accordo, poi, ha trovato posto anche il deputato Pd Luca Sammartino. Assessore designato è infatti un suo uomo, Salvatore Monciino, e nella lista Adrano 2.0 figurano le forze che per mesi hanno lavorato a candidature alternative, ora dialogando con Forza Italia, ora con le altre schegge del centrosinistra. Che, a sua volta si è disperso in vari rivoli. I più – specie dal gruppo civico Symmachia che ha rinunciato a presentare il simbolo – guardano adesso a un outsider che però ha tenuto duro fino all’ultimo: l’ex sindaco Angelo D’Agate, vicino all’ex deputato Pd Giovanni Burtone, che si ripropone dopo più di 25 anni con due simboli civici. Terzo contendente è il commercialista Nicola Monteleone, anche lui ex alleato di Mancuso, oggi vicino a Fratelli d’Italia, anche lui sostenuto da due liste civiche. Si sono invece persi per strada il Movimento 5 stelle e la professoressa Chiara Longo. Per i primi non è mai arrivato l’ok da Milano all’uso del simbolo; la lista della seconda è stata invece esclusa dalla prefettura.

Aldo Di Primo, cosa l’ha spinta ad andare fino in fondo, candidandosi a sindaco?
«Dopo aver svolto la mia professione, sia in veste di architetto che di insegnante, credo di poter dare qualcosa alla mia città. Conto soprattutto sulle idee e sulla mia determinazione. Sulla mia persona, d’altronde, si è riunito un ampio fronte che va dall’intero centrodestra a liste che vengono da esperienze civiche».

Appunto. La grande sorpresa di queste Amministrative è stata l’improcrastinabile reunion del centrodestra. Nella sua coalizione, così, si ritrovano alleati rivali come Mancuso e Ferrante e c’è persino spazio anche per i sostenitori di Sammartino. Non teme l’esplodere delle contraddizioni?
«Non ho timori perché questo progetto è nato per aggregazione. Non si tratta di un’operazione gestita dall’alto. Io ho avanzato la mia candidatura e pian piano abbiamo registrato le varie adesioni perché la mia viene vista come una figura di garanzia che può far mettere da parte le diatribe. Va ricordato che ho lasciato Mancuso quando quel gruppo era all’apice della loro forza. Sono il collante delle diverse anime della coalizione ma l’eterogeneità è più un fatto legato alle persone che alle posizioni politiche. La gente capisce che stiamo assieme attorno a progetti concreti anche perché il protagonismo di certe figure è un fatto più mediatico che reale: nessuno ha ruoli. Gli altri parlano di queste cose, io dei programmi per Adrano».

Come fanno a stare nel centrodestra pure gli uomini di Sammartino?
«Con lui ho ottimi rapporti, anche se siamo su posizioni politiche diverse. Per questo trovare un’intesa è stato facile, umanamente ci ritroviamo vicini».

Quali sono i punti più caratterizzanti del suo programma?
«Sicuramente puntiamo su un grande piano infrastrutturale che inquadriamo nel programma di sviluppo Aree interne Adrano-Biancavilla-Centuripe. Abbiamo a disposizione 32 milioni di euro di finanziamenti, alcuni progetti già in atto e altri ancora da programmare. La nostra è una delle poche aree a livello nazionale che è interessata da queste misure. Poi vogliamo lavorare sulla valorizzazione delle risorse umane, coinvolgendo le associazioni del territorio e il volontariato. Il Comune non è più in grado di gestire i propri beni, da quelli culturali al verde pubblico, e c’è dunque bisogno dell’aiuto di tutti. Altra priorità è inoltre l’impiantistica sportiva. La nostra città può contare su realtà sportive di grande rilevanza e per questo merita un palazzetto dello sport. Per realizzarlo pensiamo ad attingere a fondi come quelli del Credito sportivo, ma anche alla formula del progetto di finanza.

Il Comune di Adrano è però in fase di pre-dissesto e ha dovuto fare ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Come coniugare la crisi finanziaria con progetti e promesse elettorali?
«Il pre-dissesto incide sulla gestione dell’ordinario, mentre la situazione debitoria complessiva dell’ente pesa solo in minima parte. Il principale problema è quello delle mancate entrate e per questo il Comune dovrà migliorare la riscossione delle tasse, senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini ma trovando formule sostenibili. Avremo soprattutto il dovere di utilizzare al meglio i 32 milioni del piano Aree interne».

Emergenza sicurezza e lotta alla criminalità organizzata. Cosa manca alla sua città per riuscire ad arginare al meglio a questi fenomeni?
«Direi cultura civica e maggiore senso d’appartenenza. Per Adrano si tratta di problemi storici che hanno portato scollamento e difficoltà. Non tocca al Comune dirlo, ma a parlare sono i risultati raggiunti dalle forze dell’ordine: ultimamente l’azione delle cosche mafiose è stata ben contrastata. Per questo penso che la criminalità sia solo una parte del problema. Per quanto riguarda l’amministrazione, serve lavorare per trasmettere un’idea di maggiore controllo del territorio, attraverso l’aumento del monitoraggio e una rete di videosorveglianza. Soprattutto, però, io mi auguro che la gente partecipi, sia più coinvolta. Quando la comunità intera si riconosce in un progetto di convivenza tutto diventa più facile».


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