Ecco la relazione del prefetto su Misterbianco «Mai attivate difese dalle infiltrazioni mafiose»

Quarantasei pagine. Tanto ci è voluto al prefetto di Catania Claudio Sammartino per fotografare la situazione del Comune di Misterbianco e suggerire alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese di scioglierlo per mafia. Molte di più, però, sono le pagine scritte dalla commissione prefettizia che per mesi ha visitato gli uffici municipali misterbianchesi. Tempo trascorso parlando con politici e dipendenti e acquisendo, non senza difficoltà, la documentazione di cui aveva bisogno. 

Il quadro che viene dipinto è quello di un’amministrazione vittima (poiché gestita dai suoi carnefici) di un attuale «inquinamento e della deviazione dalle funzioni pubbliche» e di un «significativo intreccio» tra mafia, dipendenti municipali e amministratori eletti. Il Comune di Misterbianco, per il prefetto, «quanto meno non ha contrastato efficacemente l’invadenza di gruppi criminali mafiosi». E questo negli anni che vanno dal 2012 al 2018, «un continuum che ha visto il radicarsi di un modus operandi deviato» e «ancora oggi presente».

Di molti degli argomenti citati dal prefetto si è già lungamente discusso. La figura principale dell’intero documento è certamente quella di Carmelo Santapaola, l’ex vicesindaco di Nino Di Guardo coinvolto nell’inchiesta Revolution bet su mafia, scommesse online e politica. Legati a Santapaola, i fratelli Carmelo e Vincenzo Placenti sono i co-protagonisti del provvedimento. All’interno delle carte della prefettura ci sono tutti i dialoghi più salienti che riguardano il gruppo di Lineri della famiglia Santapaola-Ercolano: dalla questione delle carte d’identità in bianco a quella della squadra di calcio

Oltre a quanto già raccontato da MeridioNews a proposito del piano di ottenere dei documenti dall’ufficio anagrafe con il supporto di un dipendente comunale (non indagato), la relazione sottolinea che dal 2013 al 2017 «la delegazione di Lineri è stata oggetto di reiterati furti che hanno riguardato il materiale ivi custodito». Non solo uno dei computer usato per l’emissione della carta d’identità elettronica, ma anche marche da bollo, timbri del Comune di Misterbianco e del funzionario di riferimento. Il tutto senza che le denunce siano mai state inoltrate alla prefettura.

Anche sull’affare della squadra di calcio, adesso gestita dallo Stato, spuntano dettagli finora non emersi. Si tratta dell’Asd Misterbianco, evoluzione dell’Asd Lineri, «diventata l’unica squadra rappresentativa della città grazie alle complici agevolazioni e collaborazioni degli apparati politici e amministrativi del Comune». Fino a qualche tempo fa, infatti, esisteva un’altra formazione sportiva nel territorio misterbianchese: quest’ultima sarebbe stata costretta a chiudere i battenti a seguito di «un piano di ostruzionismo» e la «reiterazione di richieste di pagamenti sproporzionati, peraltro quantificati in maniera assolutamente approssimativa».

La «complessiva» cattiva gestione della cosa pubblica, secondo il prefetto Claudio Sammartino, ha contribuito «sia al verificarsi di episodi corruttivi sia ad agevolare acclarate interferenze della criminalità organizzata nella vita e nelle attività dell’ente». E questo sarebbe avvenuto «senza che siano state registrate resistenze o siano state attivate barriere di difesa all’infiltrazione». Per il rappresentante territoriale del governo è l’illegalità diffusa negli uffici (conosciuta dai vertici del municipio e tollerata) ad aprire la porta a «fenomeni più gravi». Al Comune di Misterbianco i commissari hanno trovato «debolezza, omissione di vigilanza, incapacità di gestione della macchina amministrativa». Situazioni che si sono consolidate grazie anche alla «lunga permanenza» di alcune persone in ruoli chiave negli ultimi sei anni. Periodo in cui il municipio è stato sotto la guida dell’anziano sindaco Nino Di Guardo.


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