Eas, una smentita che conferma

dal coordinatore Regionale Cobas – Codir E.A.S.
Franco Sutera
riceviamo e volentieri pubblichiamo

A parziale smentita di quanto pubblicato su LINK SICILIA del 03/05/2012 a firma del Dott. Blasco da Castiglione, si precisa quanto segue:

i Dipendenti EAS sono vincitori di concorso pubblico e l’EAS è un Ente di Diritto Pubblico istituito con Regio Decreto del 1942.

L’impugnativa del commissario dello Stato, penalizza circa 1000 famiglie (tra personale già trasferito, in quiescenza e ancora in servizio), tutelati dalla legge 10/2000 e s.m. ed i., che nel porre in liquidazione l’Ente Acquedotti Siciliani, recitava tra l’altro che il personale sarebbe stato trasferito a parziale e/o totale dismissione dell’Ente negli Enti di cui all’art. 1 e la Regione Siciliana subentra nell’attivo e passivo dell’Ente stesso. Pertanto la rivendicazione dei Dipendenti allo stipendio e al loro futuro lavorativo è sacrosanto e tutelato dalle norme.

I lavoratori EAS, con dignità e professionalità che li contraddistingue a scapito della facile etichettatura di “ Ente Carrozzone “, con solo 170 dipendenti ancora in servizio tra amministrativi e operativi, assicurano il servizio idrico non a 500 siciliani così come riportato nell’articolo bensì a circa 50 Comuni del Trapanese, Messinese e Catanese, la cui popolazione è sicuramente e largamente superiore a 500 unità ( un nome su tutti: San Vito lo Capo ).

Se il giornalista, poi, voleva fare una denuncia sociale, certo non è contro i Dipendenti EAS che la doveva rivolgere, ma contro una classe politica inefficiente che ha privatizzato il servizio idrico in Sicilia e posto in liquidazione un Ente, che si gestiva da solo senza finanziamenti pubblici obbligandolo a cedere le proprie infrastrutture (dighe, centrali, potabilizzatori, etc ) a una società privata, obbligandolo nel contempo a continuare a gestire e non ultimando per ciò che risulta allo scrivente il percorso di privatizzazione del servizio idrico tant’è che ad oggi l’EAS, ribadisco, assicura l’acqua potabile ai siciliani di Trapani, Messina e parte di Catania.

Infine, lo scrivente rimane aperto per un confronto diretto con il Dott. Blasco da Castiglione, qualora lo ritenesse necessario.

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E’ evidente che l’amico Sutera ha letto male il nostro articolo. Cominciamo con l’impugnativa. Non conosciamo nel dettaglio che cosa ha impugnato il commissario dello Stato. Per un motivo semplice: perché non sappiamo cosa hanno scritto nella legge impugnata i nostri legislatori. Questo perché le leggi, nel nostro Paese, non vengono scritte per essere comprensibili ai cittadini ma, in molti casi, per organizzare imbrogli.

Non avendo approfondito bene la questione – e la approfondiremo tra qualche giorno – ci siamo limitati a una semplice constatazione: se l’impugnativa è sbagliata, abbiamo scritto, il presidente della Regione – come dice di voler fare con altre norme impugnate, che ritiene giuste – può sempre pubblicare la legge. Se, però, la parte della legge impugnata che riguarda l’Eas non dovesse essere pubblicata, significa che c’è qualche cosa di poco chiaro. Punto.

E’ vero, abbiamo dimenticato i Comuni del Trapanese. Ma il punto non ci sembra questo. Non abbiamo mai scritto che l’Eas è un “carrozzone”. E abbiamo scritto, invece, che far continuare ad operare un Ente che è stato posto otto anni fa in liquidazione è una follia. E questo è un tema che – se gli amici dell’Eas lo vogliono – possiamo porre, insieme, al governo regionale.

Quanto ai problemi di gestione, abbiamo scritto che aver ceduto gli impianti dell’Eas ai privati di una società chiamata Sicilacque è stata una follia. Se non siamo stati chiari lo ribadiamo: a nostro avviso, avere ceduto gratis ai privati di Sicilacque dighe, acquedotti e impianti idrici in generale per poi consentire alla stessa Sicilacque – che è una società privata, come osserva giustamente Sutera – di rivendere l’acqua ai cittadini siciliani è una cosa che non sta néin cielo, né in terra. Ed è ancora più folle che questo sistema non sia ancora stato smantellato dopo un referendum che prevede, per l’appunto, il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua. E’ di questo che ci si dovrebbe occupare, oltre che del  legittimo diritto dei lavoratori a ricevere lo stipendio.

Blasco da Castiglione

 

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