«Ci aspettiamo che la stessa richiesta arrivi anche dal sindaco di Catania Salvo Pogliese», auspica Matteo Iannitti de I Siciliani giovani. Non è la prima volta che l'ombra di Cosa nostra si allunga sulla politica locale. «Noi non abbiamo intenzione di stare zitti»
«È urgente un accesso ispettivo antimafia al Comune» L’appello corale alla prefettura dopo l’inchiesta Sipario
«È urgente che la prefettura avvii un accesso ispettivo antimafia al Comune di Catania e alle Municipalità per verificare l’esistenza di eventuali forme di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso». È questo l’appello lanciato da I Siciliani giovani, Arci Catania e Asaec associazione antiestorsione di Catania Libero Grassi, dopo l’operazione Sipario che ha portato all’arresto per mafia non solo di Orazio Buda del clan Cappello ma anche di Mauro Massari, il vicebrigadiere della finanza ad Augusta e vicepresidente della sesta circoscrizione etnea. Nell’inchiesta della direzione investigativa antimafia risultano coinvolti anche il consigliere comunale Salvatore Peci e tre vigili urbani etnei. «Ci aspettiamo che sia il sindaco Salvo Pogliese – auspica Matteo Iannitti de I Siciliani giovani – a chiedere l’accesso ispettivo antimafia se non c’è nulla da nascondere. Ma, invece, temiamo che si tenti di mettere un silenziatore a questa vicenda gravissima».
Non è la prima volta che l’ombra di Cosa nostra si allunga sulla politica locale: nel 2016, erano stati otto i consiglieri comunali e circoscrizionali citati nella relazione della commissione antimafia per il sostegno ricevuto, durante la campagna elettorale, da ambienti malavitosi. Tra questi c’era anche Lorenzo Leone, il presidente della sesta municipalità. Tanto che dalla prefettura si erano diffuse insistenti voci di un commissariamento. Allora, era stato proprio Massari – già consigliere – a commentare che sarebbe stato un atto «immotivato», perché «le municipalità catanesi non sono come i municipi di Roma che gestiscono bilanci. Le nostre segnalazioni – aveva aggiunto il finanziere oggi finito in carcere – riguardano l’erba da tagliare e nemmeno quello otteniamo». Stando a quanto ricostruito dalle dinamiche dell’operazione, però, le cose sarebbero andate poi diversamente.
«Dall’inchiesta viene fuori una storia frequente e pericolosa a cui, però, non dobbiamo assuefarci – sottolinea il presidente di Asaec Nicola Grassi – I clan, con la loro pervasività, hanno la capacità di esercitare un controllo sulle decisioni politico-amministrative. Il fatto che alcuni si pieghino – denuncia – è inaccettabile». L’associazione antiracket – che di recente ha allargato il proprio campo di azione anche ai reati di corruzione, concussione e peculato – ha già annunciato l’intenzione di costituirsi parte civile al processo. «Lo stesso abbiamo chiesto di fare anche al Comune di Catania – dice Grassi – in modo che manifesti apertamente da che parte sta». Dall’ente comunale, però, non è ancora arrivata nessuna risposta.
«Noi non abbiamo intenzione di stare zitti – ribadisce Dario Pruiti dell’Arci – di fronte al malaffare che mortifica tutta la cittadinanza. La crisi sociale è sempre più grave ed è innegabile il controllo soffocante da parte della criminalità organizzata, specie nei quartieri più popolari e periferici». Intanto all’appello si sono unite anche realtà locali: dal Sunia a Legambiente, dal M5s a coordinamento provinciale Sinistra Italiana e Italexit, dalla Cgil Villaggio Sant’Agata a Prc e Asia-Usb fino ad Arcigay. La richiesta di accertare eventuali condizionamenti della macchina amministrativa è stata sposata anche dal presidente della commissione antimafia all’Ars Claudio Fava. «I cittadini hanno il diritto di conoscere le condizioni di permeabilità delle istituzioni rispetto alle infiltrazioni criminali. Per questo – afferma – ci associamo alla richiesta e rilanciamo l’invito al prefetto di Catania di intraprendere tutte le iniziative necessarie per accertare eventuali condizionamenti nei procedimenti amministrativi».