Tra i nomi finiti nell’operazione antimafia di Ros e Gico scattata nel Trapanese e coordinata dalla Dda di Palermo, c’è anche il suo. Quello di Giuseppe Fidanzati. Che sarebbe, secondo quanto emerso dall’indagine, uno dei personaggi incontrati da Antonio Messina, alias l’avvocato, in passato radiato dall’albo perché condannato per concorso esterno alla mafia, oggi finito in manette. Ma chi è Giuseppe Fidanzati? Solo il figlio del boss. Un’etichetta, questa, che può significare tutto come anche niente. Figlio del più famoso Gaetano Fidanzati, lo storico padrino dei rioni dell’Acquasanta e dell’Arenella e re indiscusso del narcotraffico a Milano, morto pochi anni fa. Com’è famoso, sempre nell’ambiente criminale, anche Stefano Fidanzati, ritenuto in un certo senso l’erede del fratello Gaetano, anche lui con precedenti per mafia. Giuseppe, al contrario di papà e zio, sembra essere quasi un signor nessuno in quel di Cosa nostra. Il suo è un curriculum criminale lindo e pulito. Dal punto di vista mafioso, però. Perché, mafia o meno, la retta via sembra comunque averla lasciata da tempo.
Sconta infatti 21 anni di galera per aver partecipato a un’associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti operante fra Milano, Palermo e il sud America tra il 1988 e il 1989, coinvolto anche in più episodi di importazione. La stessa condanna che, anni prima, aveva colpito anche suo padre Gaetano. Con la differenza, però, che Fidanzati senior è stato riconosciuto dagli inquirenti come uno dei vertici di Cosa nostra, nel ruolo di reggente del mandamento mafioso di Resuttana. Mentre sulla fedina di Giuseppe non ci sarebbe, al momento, alcun coinvolgimento ufficiale e accertato in fatti di mafia. Non è quindi per il suo spessore criminale, quanto probabilmente per il prestigio del nome che porta che si avvicina all’avvocato finito oggi in manette, trovandosi a risolvere le controversie tra il sodalizio e i propri creditori o debitori. Anche se questa contestazione ipotizzata dagli inquirenti «nemmeno risulta avvalorata da gravi e convergenti emergenze indiziarie». Malgrado certe conversazioni intercettate. Malgrado gli incontri con Messina l’avvocato o altri intermediari durante il 2016.
Esce di galera nel luglio del 2013 e già poco meno di tre anni dopo rientra nel giro. Sembra infatti che quella pesante eredità lasciata dalla famiglia potrebbe proprio averla raccolta. Intercettato nell’ambito dell’indagine che questa mattina ha portato in manette i tre presunti amici del super latitante Matteo Messina Denaro, coinvolgendo anche quasi una ventina d’indagati, proprio lui racconterebbe ad alcuni di loro i tempi che furono, di quel passato glorioso retto dal papà boss. «È semplicemente il figlio di», ripetono gli inquirenti. Ma è quantomeno curioso, però, che uno così, senza lo spessore e il peso criminale cui ci hanno abituati padrini di altre generazioni possa in qualche modo finire coinvolto con persone vicine al latitante numero uno. E che possa addirittura averlo incontrato: «Iddu» si faceva accompagnare alla stazione di Trapani da «Mimmu» su «una Mercedes». Secondo gli investigatori dietro Iddu ci potrebbe essere Francesco Guttadauro, il nipote del cuore del super latitante. O proprio lo stesso Matteo Messina Denaro. Ma, al momento, quella su un presunto incontro fra i due resta «solo una chiacchiera».
In quel giro mandato all’aria questa mattina, lui è l’amica, la ragazza, la mascherina o semplicemente il cugino. Questi gli appellativi usati dai presunti gregari dell’associazione per riferirsi a lui, quando ce n’era bisogno. Sempre pronto, sembrerebbe, a farsi trovare lì, al «solito posto». Cioè alla Pescheria Borromeo di Milano. Dove viene intercettata anche parte di quella conversazione che sembrerebbe scomodare proprio il boss di Castelvetrano. Giuseppe Fidanzati, insomma, ha tutte le carte in regola per interloquire con chi oggi è finito in manette. Vantando da un lato un nome di prestigio, un lasciapassare che potrebbe averlo ampiamente «autorizzato a sedere al tavolo di alcune trattative», dall’altro un’esperienza maturata nel traffico di droga già dagli anni ’80. Malgrado, però, l’inequivocabilità di certi incontri e di certe conversazioni, «non sussiste la qualificata probabilità di colpevolezza di Giuseppe Fidanzati in ordine al delitto associativo, in tal senso non risultando bastevoli gli elementi indiziari a suo carico». È una figura, la sua, quasi «defilata», nel procedimento di oggi. Che lo porta, tuttavia, ad essere indagato per importazione di sostanze stupefacenti.
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