Per tre anni nessuna comunicazione ai familiari e agli amici, nemmeno quando è morto. Perché Giovanni Lo Porto, o meglio Giancarlo come lo chiamava chi gli voleva bene, è stato ucciso lo scorso gennaio. La notizia però è arrivata solo oggi. Guarda il video appello realizzato dagli amici
È morto Giovanni Lo Porto Sulle sue sorti il silenzio da anni
Solo silenzio. Per tre anni. Nessuna notizia ai familiari e agli amici, nemmeno quando è morto. Giovanni Lo Porto, o meglio Giancarlo, perchè è così che lo chiamava chi gli voleva bene, è stato ucciso lo scorso gennaio. Aveva 38 anni. La notizia però è arrivata solo oggi. Di lui non si avevano più notizie dal giorno del suo rapimento il 19 gennaio del 2012 e l’unica risposta che si otteneva dalla Farnesina era: «Come in altri casi, ci atterremo a una linea di massimo riserbo. L’unità di crisi del ministero degli Esteri ha attivato tutti i canali utili per seguire da vicino la vicenda e promuoverne la positiva soluzione».
Amici e parenti hanno vissuto per anni nella sofferenza e nella paura che prima o poi potesse arrivare la notizia che oggi è arrivata: «Giancarlo è morto». Hanno sempre detto di avere fiducia nella Farnesina e non hanno mai voluto fare troppe pressioni e parlare troppo con la stampa per paura, paura che mettendosi in prima linea potessero nuocere alle trattative e invece, oggi è arrivata la notizia. La Casa Bianca ha comunicato che è stato ucciso lo scorso gennaio, per errore da un drone degli Stati Uniti e ha perso la vita anche un collega statunitense.
Con Giancarlo quel 19 gennaio era stato rapito un altro cooperante olandese, Bernd Johannes di 45 anni. I due si trovavano a Multan, nella provincia centro-occidentale del Punjab, e stavano partecipando ad un progetto che prevedeva la costruzione di alloggi per famiglie rimaste senza casa a causa di una violenta alluvione avvenuta l’anno prima. L’organizzazione tedesca nella quale erano impegnati infatti si occupa di interventi nei paesi alluvionati.
L’unica rivendicazione era arrivata da un presunto comando militare talebano, Tehrik-e-Taliban Pakistan; nulla di fondato né quindi confermato, e che invece ha aveva confuso ancora di più le acque. Si diceva che fosse nelle mani del gruppo. Secondo quanto raccontarono alcuni testimoni oculari pare che quattro uomini mascherati avessero fatto irruzione nella sede della Ong a Multan e puntando contro di loro una pistola li avessero portato via facendoli salire su un’automobile.
Poi un video nel dicembre del 2012 che venne pubblicato prima di Natale, accese qualche speranza. Nelle immagini era ritratto, Johannes, da solo, ma le sue frasi erano al plurale e dunque lasciavano intendere che Giancarlo fosse ancora vivo: «Siamo in difficoltà – diceva – Accontentate le richieste dei rapitori, possono ucciderci in qualsiasi momento».
Da allora il nulla. Il silenzio, atroce, da parte di tutti. Delle istituzioni soprattutto, se non in rare occasioni in cui ricordando i «nostri italiani rapiti nel mondo», ecco che ci si ricordava anche di lui, del nostro palermitano. Solo nell’ultimo anno sono stati liberati almeno 4 ostaggi italiani, non ultime le due ragazze rapite in Syria e rimaste ostaggio per sei mesi. Inconcepibile silenzio invece sulle sorti di Giancarlo, ostaggio dal 2012 e ucciso “per errore” due mesi fa, senza che nessuno, anche in questo caso, ne abbia saputo nulla.
La madre Giuseppa Felice, nella sua casa allo Sperone, non vuole parlare. Sempre schiva anche quando andavi a casa loro sperando in qualche novità su Giancarlo, non aveva mai smesso di avere fiducia e di credere in un suo ritorno. Nell’ultimo anno però aveva iniziato sui social network la sua piccola battaglia nel tentativo di accelerare i tempi, di avere qualche risposta.
Quella che ad una madre era dovuta. Era dovuto dirle dove si trovava suo figlio, dirle se fosse ancora vivo o se fosse morto. Adesso piangerà il suo ragazzo, morto due mesi fa nel silenzio.