All’obitorio dell’ospedale Cannizzaro si lavora per estrarre il Dna dai resti umani ritrovati in una grotta di località Cassone, lungo la strada provinciale 92 per l’Etna nel territorio di Zafferana. Operazioni preliminari per potere effettuare la comparazione, così come disposto dalla procura di Catania, con i parenti di alcuni scomparsi. Tra questi c’è anche la signora Franca, la figlia del giornalista del L’Ora Mauro De Mauro. A fare pensare subito a lui è stato soprattutto il particolare di una malformazione al naso e al volto dell’uomo ritrovato nella grotta. Sarà l’esame del Dna l’unico accertamento a potere dare risposte definitive sull’ipotesi che quei resti appartengano o meno al cronista rapito da Cosa nostra la sera del 16 settembre del 1970, mentre tornava a casa a Palermo, e mai più ritrovato.
«Il Dna alla mia assistita non è ancora stato prelevato», conferma a MeridioNews l’avvocato Giuseppe Crescimanno che assiste Franca De Mauro. Era stata lei, quella sera di 51 anni fa, l’ultima persona a vedere vivo il giornalista. Affacciata alla finestra della loro casa in via delle Magnolie, aveva assistito alla scena dei tre uomini che si avvicinarono a De Mauro, lo fecero risalire sulla sua Bmw e si allontanarono in fretta. «La signora ha saputo di questo collegamento dalla stampa – aggiunge l’avvocato – e non ha ancora nemmeno visto di presenza gli oggetti ritrovati in quella grotta: dalle immagini pubblicate non ha riconosciuto nessuno degli oggetti come certamente appartenuto al padre. Allo stesso tempo, però, non è in grado nemmeno di escluderlo con assoluta certezza». Un paio di pantaloni scuri, una camicia chiara a righe, un leggero maglione di lana, una cravatta scura, una mantellina di nylon verde scuro, un cappello di lana con pon pon, degli scarponcini Pivetta numero 41, un costoso orologio di marca Omega con cinturino e un piccolo pettine con custodia.
I ritrovamenti più importanti per la datazione riguardano però una manciata di monete in lire e soprattutto un pezzo di pagina di giornale che si è conservato in un modo incredibile. Accanto ai resti umani, infatti, è stata ritrovata una bottiglia di vetro da un litro – che quasi certamente conteneva dell’acqua – incartata in una pagina del giornale La Sicilia. Di questa pagina, ormai portata via dal tempo, un frammento è rimasto impresso nel vetro della bottiglia. Si tratta del necrologio di una signora che il perito nominato dal tribunale è riuscito a estrapolare e datare al 15 dicembre del 1978, anche attraverso ricerche nell’archivio del quotidiano. Uno spunto di datazione che, insieme alle monete di vecchie lire del 1977, secondo le prime analisi del perito coinciderebbe tendenzialmente al periodo del decesso dell’uomo che risalirebbe, dunque, a una quarantina di anni fa. Date che sono di quasi un decennio successive alla scomparsa del cronista ma che, da sole, non bastano a escludere l’ipotesi. Anche perché, se è vero che per gli inquirenti è probabile che gli oggetti ritrovati appartenessero all’uomo (soprattutto perché l’anfratto non è facilmente accessibile), non è detto che la data della scomparsa del giornalista corrisponda con quella della morte.
«Se quei resti fossero di Mauro De Mauro, sarebbe una rivoluzione rispetto alle indagini fatte finora sul caso che non avevano mai portato a questi luoghi», aggiunge l’avvocato Crescimanno, figlio del legale che aveva assistito la famiglia nel processo che si era concluso con l’assoluzione con sentenza definitiva del capo dei capi Totò Riina, unico imputato. «Una sentenza – aggiunge il legale – che però ha confermato che si è trattato, senza dubbio, di un delitto di mafia». Era stata la Corte d’Assise a mettere nero su bianco che «si era spinto troppo oltre nella sua ricerca sulle ultime ore del presidente dell’Eni in Sicilia (Enrico Mattei, ndr)». Intanto, quella del cronista non è l’unica pista che stanno seguendo i finanzieri. Tra le segnalazioni c’è anche quella che riporta alla scomparsa di Giuseppe Balsamo. L’usciere del tribunale di Catania che nel tempo libero si dedicava alla sua passione di cantautore e di cui si sono perse le tracce il 20 giugno del 1978. I finanzieri in questi giorni sono sommersi di chiamate di familiari di persone scomparse, alcune delle quali circostanziate e utili per le indagini. Non solo segnalazioni, gli inquirenti stanno setacciando gli elenchi delle persone scomparse in quegli anni (compresi i casi di vittime di lupara bianca) e di quelle che si sono allontanate da strutture. Il tutto con le difficoltà legate al fatto che, all’epoca, non c’erano le tecnologie di oggi.
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